I libri di Patrizia Boi

sabato 26 gennaio 2013

Il volume di Poesia Sociale di Tiziana Grassi


ANATOMIE DEGLI INVISIBILI

Precari del lavoro, precari della vita


di Tiziana Grassi

 

            È un libro di poesia sociale il nuovo lavoro di Tiziana Grassi, giornalista, ricercatrice, esperta di Geografia umana e di Emigrazione-Immigrazione. È mutuato dalla scienza medica il titolo di questa raccolta che viviseziona il tema della precarietà del lavoro servendosi dell‘Urlo della Poesia.


A te, senza-lavoro

portatore di destino liquido.

Ho incrociato il tuo sguardo ripiegato

a un capolinea di periferia.


(I luoghi degli invisibili)

         Quando lo strumento del saggio, del libro di denuncia, dell’articolo di cronaca, non è più sufficienti ad esprimere la rabbia e la rassegnazione per la situazione del lavoro in cui versa il nostro paese, quando tutto ciò che è razionale e cerca di esprimere con ordine e chiarezza i numeri e le statistiche diventa noioso è scontato, il materiale che ribolle nell’anima dell’artista, s’infiamma, esplode e fuoriesce prepotentemente  con un immenso grido:


E c’è sempre un mangiafuoco

che con livido ghigno

ha irretito speranze

            traghettando verso il gorgo.


( Il cimitero dei sogni)

         Gli invisibili per Tiziana sono quella moltitudine di Precari del lavoro e della vita che non hanno più il diritto di sognare, una massa informe di mostri generati dalle feroci leggi del mercato.

Qual’è l’elemento portante della crisi che ci attraversa  se non questa mancanza di certezze della vita legata all’assenza di una fonte di sostentamento?

<<…È questo, la crisi, per tanti: non sapere più come fare, e non rassegnarsi alla destituzione della propria personalità. Perdere il lavoro vuol dire perdere il proprio posto,

fisso o no, nel mondo…>> Adriano Sofri

            Nella prefazione del volume, il sociologo Domenico De Masi analizza la trasformazione che hanno caratterizzato il mondo del lavoro dalla società industriale alla nostra società postindutriale:

<<…la società industriale era inclusiva e cercava di inserire tutti i cittadini, anche le intelligenze più marginali, nel processo produttivo, il quale disponeva di un ruolo per qualsiasi postulante; la società postindustriale è esclusiva, cioè disposta a ingaggiare soltanto cervelli particolarmente attrezzati per ruoli sofisticati che richiedono creatività, flessibilità e formazione. Quanto agli altri – quelli che nella società classica erano schiavi e nella società industriale erano operai o impiegati esecutivi – l’attuale mercato del lavoro gli consente solo ruoli marginali, appetiti prevalentemente  e temporaneamente dagli immigrati, o non-ruoli come quelli del disoccupato, dell’homeless, del pensionato, del deviante, dell’assistito, del mantenuto, del né-né>>.

            Mentre in passato la maggioranza dei lavoratori appartenevano alla classe operaia, oggi coloro che appartengono ancora a una categoria dove un lavoratore vale l’altro sono solo il 30% rispetto a una percentuale di occupati pari al 70% che in qualche modo svolge un ruolo di natura intellettuale.

            Come esplica sempre De Masi:

<<Circa un terzo degli occupati svolge funzioni intellettuali di tipo creativo come quelle dello scienziato, dell’artista, del professore, del giornalista, del libero professionista, dell’imprenditore, del banchiere, del dirigente, del manager.


Un altro terzo degli occupati…svolge funzioni intellettuali di tipo flessibile o relazionale come quelle dell’impiegato, dell’artigiano, del portiere d’albergo, del commesso, della hostess, del vigile, della badante.


Un ultimo terzo degli occupati…è costituito dagli operai che producono beni e servizi attraverso mansioni fisiche e ripetitive…compiti che richiedono poca creatività…un lavoratore vale l’altro…>>

            Secondo De Masi la crescente disoccupazione giovanile è la vera piaga sociale della nostra Italia, una classe di giovani che consuma senza produrre e che è quasi dell’ordine di un milione di persone.

            Sarà quel milione di giovani che attende il milione di posti di lavoro promessi dalla politica italiana qualche anno fa?

            Che soluzione fornisce la politica di oggi?

            Invece che ricavare spazio per questi giovani che devono obbligatoriamente dedicarsi al tempo libero – attività per cui non sono nemmeno preparati – reagisce modificando i contratti dei loro genitori e facendoli lavorare molto di più. Così gli adulti sono sempre più stressati dalle interminabili ore di impegno lavorativo, dal gravame economico tutto sulle loro spalle, dalla mancanza di tempo da dedicare alla famiglia, mentre i loro figli sono intenti a organizzare infinite ore di tempo libero, dipendenti economicamente dai loro genitori e senza la possibilità di diventare responsabili e pronti a un progetto di vita e di famiglia.

            Sempre secondo De Masi la scelta di ridurre gli orari di lavoro dei genitori per ridistribuirle ai giovani avrebbe evitato l’accumulo di ricchezza da una parte e l’assoluta mancanza di sostentamento dall’altra.

            I dati parlano chiaro: al di là del numero crescente dei disoccupati, ci sono circa 4 milioni di precari umiliati e offesi!

            Si è creata una situazione di squilibrio tra la domanda di lavoro in forte aumento e l’offerta di lavoro in drastico calo.

            Tiziana, che si è sempre occupata delle sacche deboli della società, individua in questa situazione di instabilità economica, una destrutturazione della famiglia che sta mettendo in luce una nuova categorie di poveri.

Le alte maree dei padri separati. I nuovi poveri

Quei padri separati

che abitano la solitudine

e pagano il prezzo

per progetti non riusciti.

            Che hanno creduto

            in amori-tranello

            amando figli

oggi visti a ore.

Quei padri in fila

alla mensa dei nuovi poveri

schiacciati

da quadrature sociali imperfette

e domande senza risposta.

Dove la somma algebrica

di vitalizi usurpati

non rispetta l’equità delle variabili

            né del dolore

            della privazione coatta

            degli affetti.

Quei padri a metà

scarnificati nelle a s s e n z e.

E in un presente che non vivono.

E per dirla sempre con De Masi:

<<È questo il popolo sempre più numeroso dei né-né (né studio-né lavoro), esposto alla noia, alla depressione, alla disperazione, alla devianza…

…i né-né ristagnano in un sottoproletariato scolarizzato, composto dai nuovi “stracci al vento”…

Anatomie degli Invisibili - Edizioni Nemapress (€ 20) 
Introduzione Domenico De Masi
Postfazione Dante Maffia
Fotografie Luciano Manna
Patrizia BOI
 
 

martedì 22 gennaio 2013

Il nuovo spettacolo di Luca Martella su Giorgio Gaber su www.wsimagazine.com

http://www.wsimagazine.com/it/diaries/agenda/cinema-t/sulle-orme-del-signor-g_20130121145950.html

AGENDA - Italy, Cinema & T

Sulle orme del Signor G

Luca Martella interpreta Giorgio Gaber, a Frascati (Rm) il 9 e il 10 febbraio 2013.

Sulle orme del Signor G
Luca Martella. Foto: Giambalvo & Napolitano
Per celebrare il decennale della morte di Gaber, avvenuta nel 2003 nella sua casa in provincia di Lucca, Luca Martella e The GG Brothers Band portano in scena un programma del repertorio Gaber-Luporini che spazia dagli anni ’70 al 2000, ripercorrendo con ritmo intenso e serrato la storia del Teatro-Canzone attraverso una sinfonia di canzoni e monologhi che hanno fatto epoca, quali i memorabili Lo shampoo, Destra-Sinistra, Mi fa male il mondo,L'America, Qualcuno era comunista, Io non mi sento Italiano, La Libertà, e molti altri. Il recital – in due atti teatrali – si svolgerà nel prestigioso auditorium delle Scuderie Aldobrandini quale avvio di una tournée che proseguirà in giro per la penisola.

Come ci ha abituato negli anni passati, l’attore romano si esibisce sul palcoscenico dal vivo offrendo – nello spazio di due ore – uno specchio di sfumature della personalità gaberiana che oscillano tra ironia pungente, intensa drammaticità, giocosa ilarità, sferzante critica, compassionevole consapevolezza, appagante abbandono, tragica disillusione, fino a toccare il pathos e la poesia dell’Amore. Lui stesso racconta come quest’attenzione per il pensiero di Gaber sia nata già ai tempi in cui studiava arte drammatica al Teatro dei Cocci al Testaccio. Molti ravvisavano, infatti, in Martella una somiglianza con quell’uomo dal naso gigantesco, dalla lingua affilata e dal cuore tenero e il giovane attore ne restava affascinato come si trattasse di un moderno Ciranò De Bergerac, una sorta di combattente senz’esercito e senz’armi, ma abile manovratore della dinamite delle parole e dell’esplosione del gesto. Come poteva il giovane Martella non appassionarsi all’espressività del Signor G, lui che fin da piccolo aveva sviluppato la passione per la recitazione grazie a un destino che gli era stato offerto dalla famiglia? “Mio padre e mio nonno avevano un cinema – spiega l’attore –, sono nato e cresciuto in quel cinema. Io e i miei fratelli, da bambini, andavamo alla Titanus con nostro padre a prendere le 'pizze', le pellicole dei film. Per noi era un divertimento immenso e lì ho capito cosa fosse il cinema vero. Era destino, era scritto nel mio DNA. E sono pure nato nel ’68: rivoluzionario per definizione. Senza contare che ho pure i capelli rossi." 

Il ragazzo dai lunghi capelli rossi sale sul palcoscenico del teatro e comincia la sua carrellata di rappresentazioni di Lorca, Beckett, Pirandello e poi calca le scene del cinema e della televisione passando da un film a una fiction e di nuovo alla magia del Teatro. Nonostante i suoi successi al cinema, il suo impegno in televisione, le svariate pellicole girate, il suo primo Amore rimane sempre il Teatro e lui ci si accanisce a dispetto di ogni crisi di valori, di cultura, di denaro, di morale. E quando si specchia profondamente nella figura del Signor G, dopo attenti studi e una conoscenza intensa del Gaber pensiero, le sue rappresentazioni diventano così coinvolgenti e catartiche che improvvisamente Martella non si ricorda più di essere l’attore che recita, ma si trasforma nel vero Giorgio Gaber acquisendo ogni gradazione di quella immensa anima e di quella straordinaria personalità.

E più il monologo si fa sfaccettato e ricco di passaggi di tono più Martella diventa martellante con il suo ritmo teso e incalzante che attinge energia dalla musica, dalla compattezza della band, dallo sfolgorio delle luci, dalle immagini proiettate sullo schermo, dalla viva attenzione del pubblico che ascolta con il fiato sospeso. Ha previsto tutto prima, Luca Martella, con una regia attenta e puntuale: ha scelto i brani, il discorso delle luci, l’ordine, i tempi, i musicisti… Lui che ama il jazz con trasporto si è affidato a professionisti come il maestro Fabio Di Cocco che lo accompagna alle tastiere, Massimiliano De Lucia alla batteria, Andrea Colella al contrabbasso, e poi ai magnifici Matteo Martella al sax e Giancarlo Martella alla chitarra, rispettivamente suo figlio e suo padre. Padre e figlio, figlio e padre… Quale generazione ha perso? Hanno perso tutte? O non ha vinto nessuna? Quale epoca riuscirà a realizzare il suo Sogno? Forse quella del giovane Matteo? La generazione dell’hic et nunc? Ma qual è oggi il Sogno di Matteo, dei giovani come lui? Quello di avere un lavoro, una famiglia, un ideale per cui esistere? O quello di volare via da quest’Italia senza più intenzione di un Futuro? Dov’è finito il gabbiano con le ali ormai rattrappite, si è trasformato in farfalla o è diventato un pesante e pachidermico insetto abbarbicato alla putrefazione delle sue radici in un sistema “in via di estinzione?”.

Luca, Matteo, Giancarlo… e il Signor G dietro di loro, o forse davanti ai loro occhi, intensamente presente nella scena in un tempo assoluto, impossessatosi della voce dell’attore, dei gesti del suo corpo, delle sue emozioni, vorrebbe urlare il suo dolore per la regressione che ha colpito il nostro Paese, vorrebbe chiamare a raccolta la classe politica, sciorinare la lunga lista di delitti, follie, nonsense, di errori di prospettiva commessi… ma non riesce a dire nulla di nuovo… Come potrebbe fare altri discorsi più sensati di quelli che ha già fatto? Come potrebbe risvegliare il mondo addormentato degli italiani con parole più intense e poetiche di quelle che ha già detto? E lo ha capito Luca Martella che ogni volta che pronuncia quelle parole accende nuovi bagliori, avvia nuove letture, ignoti brillii agli occhi di quelli che lo ascoltano trasportati nel vivo della tenzone, del monologo, della canzone! Martella si fa portavoce, voce, palpito, battito d’ala, si fa canzone, urlo, dolore, ci fa ridere, ci fa commuovere, ci prende per mano, ci porta, ci trasporta da un tono all’altro, c’infiamma… trasmettendoci le sue convinzioni e quelle del Signor G…

Il 25 gennaio 2013 Gaber avrebbe compiuto 74 anni e nessuno sa che oggi lui avrebbe il cuore di un bambino, lo spirito di un adolescente e un’anima di saggezza millenaria…

Sulle orme del Signor G 10 anni dopo… e pensare che c’era il pensiero

Auditorium delle Scuderie Aldobrandini
Sabato 9 febbraio 2013 ore 20.30
Domenica 10 febbraio 2013 ore 17.30
Lo spettacolo è approvato dalla Fondazione Gaber www.giorgiogaber.it

Foto: Giambalvo & Napolitano
Pubblicato: Lunedì, 21 Gennaio 2013
Autore: Patrizia Boi