I libri di Patrizia Boi

sabato 8 marzo 2014

Mercoledì 12 marzo 2014 Incontro con il Cinema Sardo a Roma (a cura di Franca Farina) Cinema Trevi, vicolo del Puttarello (Fontana di Trevi)




Aggiornamento e ricordo del programma del Gremio marzo 2014  - proposte

 

Carissimi  soci Vi invitiamo a partecipare numerosi ai nostri incontri:

 

Mercoledì 12 marzo  2014  Incontro con il Cinema Sardo a Roma (a cura di Franca Farina) Cinema Trevi, vicolo del Puttarello (Fontana di Trevi)

 Il pomeriggio a partire dalle ore 17 è interamente dedicato  a  Enrico Pitzianti, regista e documentarista di Cagliari. Ingresso gratuito per i soci portatori della tessera del Gremio, i non soci: adulti € 4, ridotti € 3).

 Ore 17.00 Il GUARDIANO (1998, 16’)

Ore17.30  PICCOLA PESCA  (2004, 80’)

Ore 19.00 TUTTO TORNA  (2008, 86’)

Ore 20.00 Incontro dibattito introdotto da Antonio Maria Masia moderato da Alessandra Peralta con Enrico Pitzianti, Paolo D’Agostini, Fiorella Infascelli, Giuseppe Pilleri, Emanuele Nespeca  Luca Martella. 

segue un brindisi sardo e brevissimo monologo di Luca Martella dal suo spettacolo “Storie del Sig. G. (omaggio a Giorgio Gaber) – Spettacolo che proporremo al Teatro Italia in data 29 maggio con incasso pro “Solidarietà Sardegna”

a finire ROBA DA MATTI (2011, 80’)

 

 

Venerdì 21 Marzo 2014  ore 17 (seguirà locandina invito, con dettagli)

Presso la Sala Pietro da Cortona in Campidoglio, con il patrocinio di Roma Capitale

Incontro dibattito con  il noto giornalista radio televisivo e già componente del Consiglio regionale sardo

Cesare Corda, con il suo libro  “Benvenuto Mister Parkinson” 

 (Reportage di 4 anni di battaglie dal fronte della malattia – Così ho zittito il Mostro-) Quando la diagnosi arriva, è legge: Morbo di Parkinson. Allora resta una cosa sola da fare: decidere che lo si vuole affrontare.  Cesare Corda, giornalista Mediaset che affronta i pericoli delle zone di guerra in Africa come inviato per ben quattro volte si trova a combattere con un grande mostro: Il Morbo di Parkinson.  Interverrà Gemma Azuni. Coordinerà il responsabile del Gremio Giovani, Giuseppe Di Chiera.

 

Martedì 25 Marzo 2014 (dalle ore 12 alle ore 18, presentazione ore 16,30)

Il Sardegna Store di Roma, via XX settembre n.21,  ospiterà il progetto promozionale Sandalyon: Arte e Cibo in Sardegna, patrocinato dal Comune di Elmas e organizzato dalle ACLI di Cagliari e IPSIA Sardegna. L’iniziativa che è rivolta non solo agli operatori del settore e ai ristoratori romani interessati ai prodotti enogastronomici sardi, ma a tutta la Comunità  sarda di Roma, vede il coinvolgimento  e la partecipazione del Gremio che ha tra le sue finalità, come tutti i Circoli sardi d’Italia e del mondo, la valorizzazione e la  diffusione della cultura e delle eccellenze enogastronomiche della Sardegna. Vi aspettiamo anche per degustare i nostri prodotti e per presentarVi una parte della splendida mostra di pittura, grafica, satira e vignettistica “Fratellli d’Italia” inaugurata a Roma” da Fasi/Acli/Gremio nel marzo 2011 al teatro dei Dioscuri” 

 

Sabato 29 Marzo 2014 al Gremio, via Aldrovandi 16  Sala Italia,

- ore 17 Assemblea annuale ordinaria dei soci per il bilancio e l’attività 2014 (seguirà ordine del giorno)

- ore 18 incontro con Sabino Caronia curatore del libro “Giuseppe Dessì,  Biografia e Letteratura” per parlare del grande scrittore sardo, insieme a Nicola Tanda e Bruno Rombi  (seguirà locandina).

 A conclusione brindisi sardo .

 

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Vi segnaliamo con piacere le seguenti proposte (anche se due di queste si svolgono purtroppo quasi in contemporanea):  

Mercoledì 19 marzo  2014 alle ore 17.00, (vedasi all. locandina)

presso la sala del Carroccio in Campidoglio, organizzata da Italia Condemi de Felice, la presentazione del libro di poesie

 " Il senso della vita" di Lina Brundu, poetessa e scrittrice di Alghero ,

che si terrà alla presenza di personalità del mondo dello spettacolo e della cultura.

 

Mercoledì 19 marzo 2014 alle ore 17.30, in Campidoglio sala Protomoteca,

organizzato da Gemma Azuni (seguirà invito specifico e locandina con dettagli)

la presentazione del libro del Prof. Ugo Carcassi di Cagliari  :

 Giuseppe Garibaldi,  La salma imbalsamata o bruciata? Fatti e ipotesi (ed. Carlo Delfino)

 

Martedì 1° aprile  2014- ore 21:00 ALL'AUDITORIUM DELLA CONCILIAZIONE (vedi locandina)

Organizzato da INSIEME 2014

il  concerto di un grande jazzista Italiano, PAOLO FRESU , insieme ad ANTONELLO SALIS e PAOLO DE CASTRI . INSIEME 2014 - PREMIO LUCIANA POZZI DI RAIMONDO, la seconda edizione della manifestazione charity, che, per la prima volta riunisce le più grandi Organizzazioni di Service del mondo, a favore di splendidi, concreti progetti sociali per i nostri bambini, anziani, disabili e per la Sardegna, così provata dalla recente alluvione.

 

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Con l’occasione

e prima dei nostri più affettuosi saluti a tutti Voi, ci permettiamo di invitarVi

 

- a rinnovare l’adesione al Gremio per l’anno 2014 (e anche per il 2013 per chi ancora dovesse provvedere). La quota rimane invariata € 20 + € 10 per ciascuno dei  familiari da iscrivere.  Eventuale bonifico (in alternativa al versamento in contanti presso il nostro ufficio)  su Iban: IT16T0101503200000000010517, Banco di Sardegna via Boncompagni

 

- a indicare nella Vostra  imminente denuncia dei redditi il codice fiscale del Gremio: 80401740586 , per farci beneficiare del 5 per Mille destinato alle Associazione di promozione sociale e volontariato. 

 

   Il Vostro sostegno, attraverso la partecipazione agli incontri ed il contributo finanziario, è determinante e prezioso per il proficuo procedere della nostra attività al Vostro servizio e a favore della cultura e dell’economia della Sardegna.

Grazie di cuore

Antonio Maria Masia 

Presidente Il Gremio (www.ilgremiodeisardi.org)

Roma 8-3-2014

 

 

 

 

 
 

Per la Giornata Internazionale delle Intervista: Due Donne allo Specchio

http://http://www.wsimagazine.com/it/diaries/report/cultura/due-donne-allo-specchio_20140308112911.html#.UxsXV_l5M_Y


WSI
Sabato, 8 Marzo 2014

REPORT - Italy, Cultura

Due donne allo specchio

Intervista reciproca tra Patrizia Boi e Erika Maderna

Due donne allo specchio

Sono convinta che ognuno di noi abbia un destino e sia giunto in questa dimensione per percorrerlo fino in fondo. Abbiamo la possibilità tutti i giorni di scegliere infiniti cammini: il destino si srotola donandoci occasioni, ponendoci sulla strada incontri apparentemente inutili e senza senso. Eppure le tante anime che ci sfilano davanti, passanti distratti o viaggiatori attenti che siano, ci sfiorano per insegnarci qualcosa, per donarci quel briciolo di conoscenza in più che altrimenti rimarrebbe in ombra. Tra i viaggiatori in cui ci imbattiamo è pur vero che qualcuno si ferma più a lungo e più profondamente per svelarci parti importanti di noi stessi. Erika Maderna è una di questi, ha incrociato la mia strada del cuore e ora le nostre vie per lunghi tratti si dipanano parallele pure nella solitudine dei nostri cammini “privilegiati”. È stato l'amico Paolo Cambrai che, avendo percepito la nostra affinità e il comune cammino di ricerca, ci ha messo in contatto suggerendo di intervistarci vicendevolmente. Come realizzare questa intervista nessuno di noi lo sapeva, ma visto che Paolo ne aveva costituito l’idea, per un misterioso percorso interiore si è concretizzata. Io mi affido a questi stimoli come quando leggo un libro che suscita nuove curiosità e l’esigenza di ulteriori approfondimenti: non so ancora cosa si leggerà dopo, ma lasciamo che le domande e le risposte nascano spontaneamente.
Patrizia Boi: Quando è nato il tuo amore per la conoscenza?
Erika Maderna: Ho sempre vissuto in case piene di libri. Credo quindi di avere avuto un imprinting nell’infanzia, e che i miei genitori abbiano una buona dose di merito in questo. Come si dice: l’appetito vien mangiando. In seguito la curiosità per la lettura è diventata una vera e propria dipendenza, dalla quale non sono ancora riuscita a liberarmi.
EM: Patrizia, di te mi incuriosisce la doppia anima di ingegnere e scrittrice di fiabe. Fuga dalla realtà o completamento di te stessa?
PB: Sei mai stata una giornata intera con un ingegnere puro? Hai mai avuto a che fare con l’evanescenza della burocrazia? Nella storia ci sono stati per fortuna tanti ingegneri della parola, c’è da un lato un bisogno di innalzarsi rispetto alla banalità del quotidiano, dall’altro la necessità di esplorare i percorsi misteriosi della conoscenza intuitiva. Se sapessi qual è poi la vera realtà non mi metterei in fuga ma piuttosto mi ci butterei a capofitto, perché solo esplorando le mille realtà possibili possiamo sperare di avvicinarci a noi stessi. In definitiva credo che si tratti quindi di un tentativo di completarmi conoscendo le altre facce che mi appartengono.
PB: In quale periodo storico saresti voluta nascere e perché?
EM: Se dovessi scegliere un’epoca lontana mi piacerebbe (deformazione professionale!) esplorare la Grecia antica, quella però pre-classica, ancora in bilico tra la natura e la “scoperta” della ragione, quando ancora “tutto era pieno di dei”, per citare il filosofo. Pescando nella storia più vicina, mi incuriosiscono gli anni ‘50 in Italia: un periodo che tutti noi abbiamo forse un po’ immaginato sfogliando gli album di fotografie di genitori o nonni. Quelle foto a me raccontano di un’epoca ancora povera, ma di una povertà sobria e dignitosa, ricca invece di speranza e di sogni, e allo stesso tempo meno complicata di quella odierna. Un tempo in cui si scrivevano le lettere a mano e si aveva la pazienza di aspettare la risposta, dove non si era sommersi per forza o per abitudine di cose superflue, dove i divertimenti erano poco pretenziosi: una serata alla balera o ritrovarsi al bar per vedere la partita...
EM: Nel 2006 hai pubblicato il romanzo Donne allo specchio. Un esordio che è anche un’esplorazione del femminile. Ce ne vuoi parlare?
PB: Ho iniziato a specchiarmi nelle altre donne per capire meglio il mondo femminile, continuo a farlo ancora – se sei d’accordo, anche questa nostra reciproca intervista potrebbe avere lo stesso titolo del mio libro – perché riappropriarsi del potere del femminino non è un’impresa facile. C’è una parte di me in ogni donna che incontro, un archetipo che riaffiora improvvisamente e mi mette di fronte a quell’essenza femminile che nel mondo moderno sembra sempre sfuggirci… Ma io volevo comprenderla più a fondo: questa esigenza in effetti nacque prima, quando annaspavo nei corridoi della burocrazia e mi venivano incontro i personaggi dei ministeri… tutta quella pletora di anime morte che popolano le fredde stanze del Potere, io stessa stavo diventando una di loro. Guardarli come in uno specchio mi provocò stupore, ma anche molta rabbia, nei confronti di me stessa naturalmente. All’epoca scrissi il romanzo Lucrezia e i Sonnambuli, mai pubblicato: non ero pronta, il loro sonnambulismo apparteneva anche a me, la rabbia fu la prima reazione, ma io dovevo andare a cercare oltre, in una dimensione che avevo dimenticato. Donne allo specchio mi ha messo in contatto con quella profondità perduta, mi ha fatto riconciliare con l’aspetto sopito della donna selvaggia, io volevo correre con i lupi, non con i cani morti del Potere e la loro necessità di controllo. Ero certa che esistesse un Potere più grande che non pretendeva sorveglianza, ma abbandono all’istinto, immersione nell’immensità dell’ombra per illuminare il vero Potere…
PB: Quale personaggio storico meglio ti rappresenta e perché?
EM: Non so se c’è un personaggio in particolare. Mi piacciono le donne che hanno lottato per affermare la propria identità in un mondo che le lasciava ai margini. Apprezzo e sento più vicine quelle che si sono votate alla poesia, alla scienza o alla filosofia, ma mi affascinano da sempre anche le vite delle mistiche e delle contemplative, per la forza e il coraggio dimostrato nel mettere alla prova un’intera esistenza per celebrare la vita dello spirito. Hanno sfidato il mondo e lottato per realizzare una vocazione difficile e spesso incompresa, e credo che abbiano molto da insegnarci anche se sembrano emergere da un mondo tanto distante. Incarnano una necessità di ribellione e ricerca di identità che appartiene alla storia delle donne, e che con i secoli non si è assopita. È sana e va mantenuta viva: oggi è ribellione da altri vincoli, meno palesi ma forse più subdoli, che spesso ci sottraggono alla verità di noi stesse.
EM: Il tuo amore per la fiaba ha radici nella storia della tua infanzia? Che ruolo ha avuto la fiaba nel tuo immaginario di bambina, e ce n’è una legata a un ricordo particolare?
PB: La fiaba ha senza dubbio inizio nella mia infanzia, sono i primi libri letti, una collana di fiabe color pastello che arredavano bene la mia cameretta. Il guaio è averli letti tutti già da piccola e aver fatto navigare la mia fantasia colma di spiritelli del Piccolo Popolo nell’oceano della mia sensibilità. Poi però il fattore scatenante è stata la nascita di mia figlia che le fiabe me le ordina, me le corregge se non le piacciono, e mi regala un sacco di fresche idee facendo riemergere la mia bambina interiore come in uno specchio…
PB: Perché sei così affascinata dalla Dea Madre? Dal mito della donna selvaggia? Dal tempo in cui secondo Marija Gimbutas le società erano ginecee? Dalle tradizioni culturali di natura matriarcale?
EM: Non pensare che abbia una fissazione per i temi del femminile, tuttavia sono una donna! Certamente se fossi un uomo andrei alla ricerca di altri modelli. Viviamo in un tempo che ha svuotato e banalizzato i simboli; semplicemente non li riconosciamo più. Abbiamo invece un grande bisogno di recuperarli, per il bene della nostra vita psichica. Può essere una buona terapia: gli archetipi del matriarcato ci svelano una natura femminile assai diversa da quella in cui siamo abituate a riconoscerci. Disinteressarci degli antichi valori significa disinteressarci della nostra stessa vita.
EM: Anche nella scelta dei temi dei tuoi racconti, in realtà, la donna selvaggia emerge in tutta la sua forza primordiale, quindi è doveroso rubarti, in un certo senso, la domanda: non è forse uno di quegli archetipi irrinunciabili nella ricerca interiore delle donne?
PB: Io credo di essermi fatta troppo addomesticare dalla civiltà, ma provengo dalla foresta bruciata dove le bestie selvagge sono state costrette a uscire dalla giungla e a indossare pellicce sintetiche. La donna selvaggia che è in me corre coi lupi nelle mie fiabe, nelle mie storie, nei momenti in cui l’immaginazione e la fantasia galoppano senza briglie… e questo ancora non mi basta! E credo non debba bastare a nessuna donna…
PB: Nel libro Medichesse esplori la vita di tante donne che hanno dedicato se stesse alla guarigione, quale di loro saresti voluta essere? E quale aspetto della cura ti affascina maggiormente? 
EM: Ognuna delle figure storiche che ho raccontato nel libro ha peculiarità originali e specifiche. Trotula de Ruggiero per la modernità e lo slancio laico, Ildegarda di Bingen per la vastità di orizzonte filosofico. Mi piace ricordare la medichessa Agnodice, personaggio che in realtà appartiene più all’aneddotica che alla storia: nell’antica Atene, quando alle donne era ancora preclusa la pratica della medicina, aveva frequentato di nascosto, travestita da uomo, le lezioni di ginecologia del maestro Erofilo, non sopportando di vedere morire di parto donne che si sottraevano all’assistenza di medici maschi per il pudore di mostrare le proprie parti intime. Una volta scoperto il suo inganno, sottoposta al pubblico giudizio di condanna della città, era stata salvata da un gesto eroico di solidarietà femminile delle ateniesi, le quali affermarono che si sarebbero immolate insieme alla medichessa in caso di sentenza di morte. Si dice che la pratica medica fu da allora aperta anche alle donne, e furono fondate per loro scuole di ginecologia e ostetricia. Riguardo alla seconda parte della tua domanda: mi affascina l’aspetto vocazionale della medicina femminile, l’approccio diretto e concreto, lontano dalle astrazioni teoriche, che ha sempre contraddistinto l’intervento femminile. Le donne non avevano paura di “sporcarsi le mani” con la malattia, e sapevano accompagnare con dolcezza e pietà il malato verso la morte.
EM: Come nasce la tua fiaba? Ti affidi completamente al tuo narratore interiore o ti lasci guidare dalle mitologie del passato o dall’eredità spirituale tramandata dal folklore nei secoli?
PB: Per anni mi sono documentata e appassionata di antropologia, di mitologia, storia delle religioni, sciamanesimo, cultura celtica, tradizioni antiche e folclore, ora lascio il mio istinto completamente libero di vagare, ma è “un gatto con gli stivali” calzato comunque dalla conoscenza acquisita…
PB: Come è cambiato il concetto di guarigione nella società di oggi? Quando e perché il ruolo di guaritore è diventato maschile?
EM: Il concetto di guarigione è cambiato in quanto ci siamo abituati a delegare eccessivamente a persone estranee la cura della nostra salute, dimenticando di essere noi i protagonisti del nostro corpo, della nostra psiche, e dunque anche della nostra malattia. Abbiamo perso, insomma, la capacità di ascoltare i sintomi e di darci delle risposte. Parlo delle situazioni in cui è possibile fare a meno del medico, naturalmente: in molti casi il suo intervento è fondamentale e irrinunciabile. Riguardo, invece, al ruolo femminile e maschile nell’arte della cura, mi sembra che più che una maschilizzazione della medicina dovremmo parlare di una rinuncia delle donne alle antiche peculiarità della pratica medica femminile. Generalizzando un po’, potremmo riconoscere in questo senso una cesura storica nel periodo della caccia alle streghe. Prima di allora la curatrice era una figura ricca di sapienza empirica, conoscitrice della natura e di certi suoi misteri, un po’ maga, esperta delle erbe e delle formule propiziatorie. Lontana dalla medicina accademica dei libri praticata dai colleghi uomini. Alle soglie dell’Illuminismo, le medichesse hanno capito che il loro riscatto professionale doveva necessariamente passare attraverso un allineamento alla medicina maschile. Lessero i libri e si laurearono nelle università. Sono diventate brave e capaci quanto gli uomini. Prima erano guaritrici, ora sono dottoresse.
EM: Hai una predilezione per le storie degli alberi. Li descrivi attingendo a un linguaggio ricco di sensualità e spiritualità al tempo stesso. Spesso la loro storia si intreccia con quella di un essere umano. Cosa rappresentano per te questi antichi dei?
PB: Ci vorrebbero libri per parlare di questo. Sono convinta che siamo collegati tra noi e connessi con questi esseri vegetali che ci elevano dalla terra al cielo. Le loro anime sono in grado di farci penetrare nel mistero del sottosuolo dandoci radici per non restarne intrappolati. Io vedo tutti gli alberi come divinità cosmiche che ci fanno respirare l’essenza e la fragranza del Paradiso… L’ho scoperto mentre mi trovavo in una foresta in America a fare la Danza del sole. Quelle immense sequoie che mi circondavano mi sembravano vive, mi parlavano e io improvvisamente le capivo, e comprendevo gli scoiattoli che scomparivano velocissimi tra i rami e gli uccelli che cinguettavano tutto intorno. Lo sciamano mi suggerì di lavorare sul mio potere di guarigione attraverso le piante. All’inizio non afferrai il senso del mio percorso, quale strada dovessi seguire, ma fu una sciamana in Toscana che mi fece intendere meglio parlandomi di antenati, di radici, di Madre Terra, della dea che può risplendere in ogni donna… Da quel momento non ho più smesso di cercarla tra le fronde, tra i rami contorti, tra le radici intricate, nell’odore della corteccia dopo la pioggia, nella luce bianca della luna che illumina ogni Signora del Bosco…
PB: Tu nasci etruscologa, come è collegato questo tuo percorso con la passione riversata nella scrittura del libro Aromi sacri Fragranze profane?
EM: Gli studi universitari sono stati l’inizio di un percorso, e certamente mi hanno permesso di individuare un baricentro: il nucleo attorno al quale ha cominciato a costruirsi un gomitolo di interessi diversi che hanno preso direzioni in alcuni casi inaspettate. Ciò che avvolgerò in futuro intorno al gomitolo mi è oscuro e mi anticipa il sapore della sorpresa.
EM: Il ritmo delle tue fiabe è spesso spezzato dall’inserzione di filastrocche o rime poetiche, che irrompono nel racconto come incantesimi e lasciano sedimentare piano la narrazione. Personalmente credo che tu abbia un vero talento per questa forma espressiva. Da dove è nata l’idea di mescolare queste diverse modalità narrative?
PB: È nata spontaneamente quando conversavo con mia figlia appena nata. Le parlavo in rima, senza sapere che è la comunicazione più facilmente comprensibile per i bambini. E poi mi è piaciuto portare il ritmo della filastrocca nelle fiabe – non è un’idea nuova del resto – perché ha spesso il compito di far respirare il lettore distraendolo da una narrazione troppo lunga…
PB: Quali fragranze ami del mondo in cui viviamo? Quali aromi abbiamo perduto? Quali profumi caduti nell’oblìo sono rimasti nel nostro immaginario pronti a rinascere come un’araba fenice?
EM: Abbiamo certamente perduto gli aromi di una vita vissuta a stretto contatto con la natura. Nella dimensione della città e degli spazi spesso asettici e superdisinfettati nei quali trascorriamo gran parte delle ore della nostra giornata anche la sfera dell’odorato viene privata di tanti piaceri e si assuefà ai profumi chimici e artificiali. Rieducare i nostri nasi ci consentirebbe, per esempio, di arricchire enormemente il nostro bagaglio di memorie sensoriali, che è particolarmente sensibile alle informazioni olfattive. Personalmente amo l’odore che pervade le pinete delle nostre coste e le fragranze intense della macchia mediterranea: se tutte le mattine potessimo rotolarci in un cespuglio di salvia non avremmo bisogno di altri profumi...
EM: A proposito di profumi: ho avuto modo di leggere una delle tue ultime creazioni fiabesche, che ruota tutta intorno alla simbologia aromatica. Parla del viaggio iniziatico di una principessa incaricata di salvare il regno di suo padre, un viaggio che è soprattutto un percorso olfattivo, e che la costringe a immergersi nei peggiori insopportabili miasmi per rinascere ogni volta nella sublime purificazione della fragranza. Tutto questo mi ricorda il viaggio che gli antichi Egizi immaginavano per il defunto: erano convinti che dopo il trapasso, munito di amuleti magici e una boccetta di unguento profumato, dovesse immergersi nel fetore del regno dei morti per raggiungere l’altra sponda della nuova vita immortale superando una lunga serie di prove. Sono archetipi universali che ritornano? Quale ruolo ha per te in questo senso l’olfatto?
PB: Di certo sono archetipi universali che ritornano, ma se è vero che la nostra esistenza potrebbe essere una delle tante che abbiamo vissuto, mi piace pensare, piuttosto che alla morte come ultimo viaggio, a tutte quelle morti da cui poi rinasciamo. Spesso siamo costretti a passare attraverso la putrescente realtà per superare le prove a cui ci sottopone la vita…
PB: Quali “puzze” del mondo contemporaneo vorresti dimenticare? Cosa marcisce nel cuore degli uomini allontanandolo dal buon odore?
EM: Vorrei dimenticare gli aromatizzanti chimici che invadono i cibi. Ci inducono a pensare che una caramella alla fragola abbia davvero a che fare con le fragole. Lo stesso vale per molti cosmetici e prodotti che finiscono nel carrello della nostra spesa. Ciò che marcisce nel cuore dell’uomo, poi, è cosa del tutto individuale: ognuno guardi dentro di sé e scacci i miasmi che infestano il proprio cuore!
EM: Ultimamente hai realizzato molte interviste per WSI. C’è un personaggio che sogni di intervistare? 
PB: Non me lo sono mai chiesto. Diciamo che sogno sempre di intervistare personaggi che mi insegnino qualcosa, che mi trasmettano la passione dei loro talenti e che si mettano umilmente in dubbio a ogni risposta… E devo dire che tutte le interviste fatte finora mi hanno regalato un’enorme ricchezza, compresa questa nostra…
PB: In quale viaggio ci condurrai nel prossimo futuro?
EM: Mi sto interessando delle mitologie delle erbe officinali, un viaggio nell’immaginario mitico dei nostri antenati. Le erbe erano un tempo venerate come dei, in seguito associate a specifiche divinità. Un’osservazione più attenta dei miti che le riguardano mette in luce un legame indissolubile tra le simbologie legate agli dei protettori dei cosiddetti semplici e le proprietà terapeutiche di ogni pianta, erba o fiore. Gli antichi inoltre percepivano un legame animico tra il mondo vegetale e le vicende umane: l’elaborazione delle leggende, le storie di metamorfosi vegetali o i racconti sulla nascita e la scoperta dei poteri curativi delle piante li aiutava a ricondurre i grandi temi cosmici in un alveo più rassicurante e comprensibile. Al momento mi sto piacevolmente perdendo in questo universo.
EM: Comunque, mi sembra di capire che su queste tematiche troviamo un terreno comune di interessi e approfondimenti. O sbaglio? Infatti so che hai in corso di pubblicazione un volume intitolato LegenΔe di piante - Nostra Protezione ed Equilibrio in Terra. Ti va di incuriosirci?PB: Tutto ha avuto inizio dalla mia ricerca sulle fiabe. Le fiabe non sono rivolte solo ai bambini, ma sono legate alla guarigione anche degli adulti. Infatti mettono in luce i nostri bisogni interiori e mostrano il cammino necessario per risolvere conflitti, affrontare cambiamenti e operare trasformazioni. Un tempo, lo sciamano del villaggio o il cantastorie le usavano come insegnamento o come aiuto nelle fasi critiche della vita. Dopo la lettura del libro di Massimo Diana Fiabe per amare e in particolare della fiaba L’Ondina della Pescaia, un modo suggestivo di svelare il significato della relazione di coppia, mi si è accesa la voglia di saperne di più. Così mi sono imbattuta nel sito di Lucia Berrettari e nel suo particolare lavoro: Costellazioni familiari con le Fiabe. Da questo percorso è emersa la necessità di riscoprire il potere che proveniva dalle mie radici. Lucia mi suggerì di interessarmi di guarigione attraverso la mia fantasia favolistica e affidandomi alla guida di Madre Terra e poi mi fece conoscere Lidia, l’erborista. Così nacque l’idea di dar vita a quest’opera: LegenΔe di Piante. Si tratta di un viaggio nel mondo vegetale che inizia da un Albero Cosmico, Il Frassino del Tempo Senza Tempo, e si dipana coinvolgendo, mese dopo mese, l’anima primigenia di Dodici Piante: Abete, Acero, Betulla, Faggio, Sequoia, Tiglio, Fico, Quercia, Olivo, Noce, Castagno e Olmo. Una scrittrice, la cantastorie, un’erborista, la donna di medicina, una costellatrice, la strega guaritrice… per interpretare con i nostri diversi talenti lo spirito e la magia delle piante e il loro potere di guarigione.
Ecco, ora mi si è chiarito il percorso della doppia intervista, riguarda la mia strada del cuore, le infinite letture e ricerche fatte. Ed Erika è stata l’occasione per superare uno dei crocevia che ci pone innanzi la vita. Quando la incontrai la prima volta mi affascinò con le sue accattivanti teorie sulle Medichesse, ma, quando la incontrai di nuovo al Museo di Villa Giulia, mi sedusse definitivamente con il suo Aromi sacri Fragranze profane. Paolo è stato l’Angelo che mi ha instillato l’idea dell’intervista e del percorso olfattivo. Quel giorno lui mi offrì una tisana e mi indicò i tavoli pieni di aromi e fragranze che la Soprintendente Alfonsina Russo aveva fatto allestire per quella Notte al Museo. Avevo condotto con me mia figlia e un’amichetta e si fecero totalmente conquistare dalla composizione dei profumi. Io comprai il libro e lo lessi con coinvolgimento. Dall’idea di scrivere solo una piccola fiaba olfattiva, i profumi, le fragranze e gli aromi mi hanno talmente preso la mano che mi hanno portato alla stesura di un’opera strutturata anche con i capitoli, quasi un libro. Mi sono immersa nella scrittura di un lungo viaggio iniziatico nel mondo degli odori e mi sono fatta ispirare dalla lettura de Il profumo – il romanzo di Patrick Süskind. Dall’incontro con Erika è nata quindi la Fiaba Kalika e l’Isola degli Aromi, un viaggio ulissico al femminile alla ricerca delle preziose essenze odorose per vincere metaforicamente il potere della putrefazione che quotidianamente ci alita sopra.
Pubblicato: Sabato, 8 Marzo 2014
Articolo di:  Patrizia Boi

Due donne allo specchioDue donne allo specchioDue donne allo specchio
Due donne allo specchioDue donne allo specchioDue donne allo specchio

Le Streghe Riflettono aprendo le braccia...

http://www.wsimagazine.com/it/browse-by-continent/europe/italy/riflessioni-tra-streghe_20140308080108.html#.UxsYdvl5M_Y


WSI
Sabato, 8 Marzo 2014

REPORT - Italy, Politica

Riflessioni tra streghe

La Giornata Internazionale della Donna

Riflessioni tra streghe

Sono passati 40 anni da quando le femministe italiane gridavano in piazza il leggendario slogan “Tremate, tremate, le streghe son tornate!”, con cui si rivendicavano i diritti della donna per avere le pari opportunità nella vita sociale, lavorativa e politica. E le “streghe” continuano a vivere in particolare oggi, 8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, una “festa” che, come noto, prende spunto, anche se questa sembra essere una versione fantasiosa, dal rogo di una fabbrica di camicie Cotton o Cottons nel 1908 a New York in cui morirono molte giovani operaie. In effetti, c’è una certa confusione: ci fu un incendio che realmente si sviluppò in una fabbrica, la Triangle di New York, ma il 25 marzo 1911, e vi morirono 146 persone, la maggior parte giovani operaie immigrate italiane e dell’est europeo.

Questo evento ebbe un forte impatto sociale e politico, tanto che vennero successivamente varate nuove leggi sulla sicurezza sul lavoro e aumentarono le adesioni all’International Ladies’ Garment Workers Union, oggi uno dei più importanti sindacati degli Stati Uniti. La parità tra uomo e donna è un argomento sempre vivo e attento, specialmente da quando sono state istituite le quote rosa, per far sì che a livello lavorativo e di carriera ma anche nell’ambito politico si possano avere la stessa quantità di donne e di uomini, sono state varate leggi sui congedi parentali; in via sperimentale lo scorso anno è stata approvata la legge sui congedi di paternità, e tanti datori di lavoro hanno cominciato ad avere più a cuore il wellness dei propri dipendenti creando per esempio i nidi aziendali per facilitare il rientro delle donne dalla maternità.

Il 2014 in Europa sarà anche l’Anno per la Conciliazione tra la Vita Familiare e Lavorativa, in quanto gli Stati membri, promuovendo politiche family friendly, vogliono diffondere un nuovo e concreto impegno per venire incontro alla crisi economica e sociale. La conciliazione è proprio questa: fornire strumenti che rendano più compatibili la sfera lavorativa con quella familiare, affinché ciascun cittadino possa svolgere al meglio il ruolo che ricopre all’interno della società. E quale personaggio più consono del Pinguino poteva essere scelto per la campagna di sensibilizzazione? In particolare si parla del Pinguino Imperiale, che dopo che è stato deposto l’uovo, mentre la mamma va alla ricerca del cibo, il papà rimane per almeno due mesi a proteggere e tenere al caldo l’uovo, senza mangiare, indifferente ai venti gelidi che lo colpiscono, e quando torna la mamma, insieme lo aiutano a crescere, finché non diventa adulto. 

Ma la donna, che dovrebbe essere festeggiata ogni giorno e non solo ricordarsene l’8 marzo, è sempre stata il fulcro della famiglia, la donna che dai tempi lontani era l’“angelo del focolare”, colei che accudiva la famiglia, provvedeva a curare i propri cari secondo le antiche tradizioni…Alle donne, con il loro sapere medico ed erboristico, spettava la cura dei malati, con le loro ricette fatte con erbe e piante tramandate da madre a figlia. E qui torniamo a noi, alle streghe di oggi…

“… Vi sono donne che hanno un sudore che puzza oltre maniera. Per costoro prepariamo un panno intinto nel vino nel quale siano state fatte bollire delle foglie di mirtillo, sia l’erba sia i mirtilli stessi… ”: no, non è il consiglio della rubrica della mattina, ma una ricetta di Trotula de Ruggiero, una Medichessa salernitana dell’XI secolo.E facciamo un altro tuffo nel passato… subito ci vengono in mente i Tribunali d’Inquisizione, i roghi su cui venivano mandate a bruciare le streghe…

Ma chi erano le streghe? Solitamente si distinguevano in due categorie, streghe nere e streghe bianche. Secondo la tradizione, le prime erano donne sospettate di compiere sortilegi, malefici, fatture o accusate di essere in combutta con le forze oscure e infernali dalle quali ricevere poteri magici per danneggiare l'uomo, specialmente nella virilità, o nello sciogliere o stringere legami amorosi; le seconde erano le donne a cui venivano attribuiti dei poteri di guarigione.

Nella letteratura la figura della strega e quella della maga sono spesso intrecciate: si pensi a Medea, che è al tempo stesso una sacerdotessa di Ecate e una guaritrice o avvelenatrice, a Circe, ad Alcina dell’Orlando Furioso e alle streghe e maghe della saga fantasy del Ciclo di Avalon, tra cui spiccano le figure di Viviana e di Morgana. Nel IX millennio a.C. si parlava di streghe quando avvenivano fenomeni incomprensibili, gli astri erano divinità e a ogni membro del gruppo veniva affidato il culto di un dio.

Ma chi guidava il clan era la donna saggia, che dalla divinità aveva ricevuto il dono di poter curare i malati utilizzando le erbe. Ovidio, il poeta romano, parlando di un grosso uccello notturno che assomigliava a un gufo o a un barbagianni, con la testa grande, gli occhi fissi, il becco e gli artigli da rapace e le penne chiare, capace, secondo certe leggende, di afferrare i bambini nelle culle con gli artigli e di succhiarne il sangue, accennava allo strix, nome latino ma in realtà di origine greca, da cui deriva il vocabolo medievalestria. Dal plurale di strix nasce, probabilmente, il nome di strega, donna malefica che si trasforma nell’uccello che succhia il sangue degli umani sorpresi nel sonno, ma più che altro esperta di magia e incantesimi, tanto da trasformarsi addirittura in animale.

Alle donne che si riunivano per praticare la magia venivano assegnate le stesse caratteristiche delle “Dominae Nocturnae”, le Signore della Notte, perché si incontravano di notte nei boschi per celebrare i loro riti “magici”. Erano chiamate anche “Bonae Foeminae” perché erano guaritrici esperte nell’arte della magia bianca. C’è un'antica leggenda di ceppo celtico che parla di un gruppo di donne con a capo Morrigan, la Grande Madre, sostituita da Diana nell'antico mondo romano, che oltre ad essere la dea della caccia era anche la dea della fertilità e da questo il nome dato agli incontri notturni di “Gioco di Diana”.

Quando la Chiesa dichiarò la stregoneria un culto reale e pericoloso nel quale era tangibile la presenza di Satana, le donne dedite alla magia vennero identificate in una società, orchestrata da una figura femminile detta "Diana", "Erodiade" o "Signora del Buon Gioco". Pur di distruggere questi gruppi di donne, la Chiesa sostituì Diana con Salomè, legando questa figura al racconto di quando, presentata su una piatto la testa di Giovanni Battista, la figlia di Erode fu sollevata per aria da un vento fortissimo uscito dalla bocca del decapitato e motivo per cui da allora Salomè tutte le notti è costretta a volare…

Se tanti animali come il furetto o il coniglio o il gufo erano alleati delle streghe, complice ideale dei loro sortilegi era il gatto, già animale sacro nell’antico Egitto (in realtà proteggeva i granai dai roditori) e addirittura chi uccideva un gatto poteva rischiare la morte. E anche qui intervenne la Chiesa, considerando demoni minori tutti gli animali che erano fino ad allora considerati sacri. Chi amava i gatti era particolarmente esposto al sospetto di stregoneria e in Gran Bretagna i gatti e altri presunti demoni al servizio delle streghe vennero esibiti come prove nei processi del XVII secolo e, talvolta, arsi vivi sui roghi assieme alle loro sventurate padrone.

E ora veniamo al periodo della caccia alle streghe, quando, alla fine del XV secolo e fino all’inizio del XVIII, le streghe, e a volte anche i loro figli, specie se femmine, ritenute sospette e pericolose dalle autorità civili e religiose, furono oggetto di persecuzioni che sovente terminavano con la morte. Anche se innocenti, la maggior parte delle incriminate erano donne di ogni età e condizione, anzi appartenevano alle classi sociali inferiori (poche furono delle nobildonne); erano di solito vedove, levatrici o herbarie, curatrici che guarivano le malattie con le erbe con cui facevano infusi e decotti e il cui risultato era certamente valido e sicuro come le medicine e le cure dei medici, cure che la popolazione rurale, essenzialmente povera, non poteva permettersi. Veniva addirittura considerata “strega” anche chi solo possedeva gatti neri, aveva i capelli rossi o un neo nell'iride dell'occhio (il cosiddetto “segno del diavolo”).

Soltanto una piccola minoranza di loro poteva essere realmente annoverata tra i veri e propri criminali: un caso fu quello della cosiddetta “Voisin”, per esempio, prestatrice di servizi satanici per le messe nere della marchesa di Montespan, anch’essa criminale, che essendo la favorita di Luigi XIV di Francia, per ottenere i suoi favori fu rea di compiere omicidi e altri reati gravi, legati spesso alle scienze occulte. Molte “streghe” vennero torturate e bruciate vive, con le motivazioni ufficiali più varie, ma spesso in base a delazioni anonime mosse da futili ragioni e in molti casi, in cambio della riduzione dei tormenti, venivano costrette a fare il nome di persone possibilmente benestanti, ree di complicità, in modo da poter istruire il processo successivo, considerato fortemente remunerativo, dato che il condannato subiva anche la confisca dei beni che venivano divisi tra la Chiesa e il potere temporale.

Di fatto però, le condanne a morte erano avallate dalla credenza religiosa popolare che si rifaceva al versetto del Vangelo di Giovanni nel quale si dice che “chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi viene raccolto per essere gettato via e bruciato”. È su questo passo che si giustifica il rogo, con l'appoggio della Bibbia dove si cita “non lascerai vivere mago”. Sebbene alla Chiesa si debba un numero esiguo di condanne per propria mano, certamente alcuni uomini di Chiesa ne sono stati i mandanti cercando di giustificarle attraverso bolle e altri scritti, o giustificazioni di teologi, portando così il potere temporale a intervenire. Infatti, l'autorità civile, basandosi su una sentenza dell'autorità ecclesiastica competente in materia, emetteva una propria condanna e provvedeva all'esecuzione; i giudizi inquisitoriali per stregoneria erano relativi ai contenuti eretici contestati ai “colpevoli” e non avevano titolo a decretare la morte dell'imputato, ma poiché l’eresia era considerata un reato civile, chi risultava colpevole per il Tribunale ecclesiastico anche se avesse abiurato (anzi, paradossalmente, proprio perché attraverso l'abiura riconosceva la sua “mancanza”), vedeva tradursi la sentenza ecclesiastica in condanna penale. Hanno calcolato che nel periodo 1575-1700 un milione di persone sia stato accusato e giustiziato per stregoneria.

… ma, per fortuna, i tempi son cambiati, le streghe di oggi come me  convivono con la realtà di tutti i giorni, abbandonandosi, di tanto in tanto, al benessere che ci viene dato dal leggere una fiaba o un bel racconto o annusare, nel mezzo di un giardino, quei profumi che solo la natura, così ricca di bellezza, può donarci. E per tornare ad oggi, per noi e per tutte le donne l’8 marzo rimane una ricorrenza da non dimenticare mai, perché purtroppo ci sono ancora donne vittime di violenza, non solo materiale ma anche e soprattutto psicologica, ci sono paesi in cui le donne non hanno ancora una loro identità, ma sono “oggetto” di padri o fratelli o mariti, paesi in cui possono essere lapidate o uccise se non rispettano le tradizioni e le leggi tramandate nei secoli, o possono essere ancora violentate senza che la legge le difenda in nessun modo, anzi, difende i violentatori.

E se ci sono ancora paesi come la Cina con la politica del figlio unico e l’India con un alto indice di aborto selettivo, apprendiamo con gioia che in America è stata approvata la Lilly Ledbetter Fair Pay Act contro la discriminazione sul lavoro, e che la Francia ha approvato un progetto di legge sulle pari opportunità che potrebbe poi essere “esportato” in altri paesi perché sarà la normativa più completa sui diritti delle donne con parità di trattamento per migliorare i salari, rafforzare le leggi contro la violenza domestica e garantire pari rappresentanza nella vita politica.

Oggi noi donne non vogliamo far tremare i maschi come le nostre mamme o sorelle urlavano in piazza: quello che chiediamo è ancora e sempre un giusto rispetto per ogni essere umano, uomo o donna che sia, senza prevaricazioni o soprusi o violenze… Anche perché accanto a ogni strega… c’è sempre un mago!
Pubblicato: Sabato, 8 Marzo 2014
Articolo di:  Maria Teresa Protto

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