I libri di Patrizia Boi

venerdì 19 febbraio 2016

I PROFESSIONISTI HANNO UN RUOLO ETICO

 
I PROFESSIONISTI HANNO UN RUOLO ETICO
A proposito di un'etica professionale volta al Benessere Comune e al Rispetto per la nostra Casa Comune, sono convinta che la nostra categoria professionale può avere un grande potere, quello di definire progetti mirati al rispetto ambientale.

 NIGER – Il deserto nell’Oasi di Temet, nei pressi del confine con l’Algeria - foto di Sergio Pessolano
La società del consumo, ha legato i processi decisionali e la definizione degli obiettivi, quasi esclusivamente al profitto, che spesso non è un guadagno economico rivolto all'intera comunità, ma il più delle volte è appannaggio di categorie di potere che detengono la maggior parte delle risorse del pianeta e sempre a scapito dei più poveri.
 PERÙ – Area dei Q’eros, Ande peruviane nei pressi di Paucartambo. Un abitante di uno dei villaggi. I Q’eros sono i diretti discendenti degli Incas e parlano ancora la loro lingua originale, il Quechua. - foto di Sergio Pessolano

Perfino Papa Francesco nella sua Enciclica Laudato Si' ha denunciato che: «Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell'ambiente ha superato le possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già avvenendo periodicamente in diverse regioni»

BOLIVIA – Salar de Uyuni, un enorme deserto di sale che, con i suoi 10.582 km² è la più grande 
distesa salata del mondo. È situato nei dipartimenti di Potosí e di Oruro, nei pressi della città di Uyuni, nell'altopiano andino meridionale della Bolivia, a 3.650 metri di quota. foto di Sergio Pessolano

Secondo lui la devastazione che ne consegue è legata anche a «un deterioramento etico culturale, che accompagna quello ecologico».

Francesco prosegue la sua "Lettera Enciclica sulla cura della Casa Comune", attraverso un’analisi dei processi decisionali da cui emerge che «la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informare e ad un dibattito approfondito».
Come molti di noi sanno, accade che le norme vigenti spesso vengano bypassate e che l'urgenza giustifichi scelte scellerate con ricadute sulla sicurezza, sull’ambiente e sulla salute fisica e mentale delle persone. 
Anche il Papa fa notare, pur non essendo un esperto di progetti e procedimenti autorizzativi, che: «Uno Studio di Impatto Ambientale non dovrebbe essere successivo alla elaborazione di un progetto produttivo, o di qualsiasi politica, piano o programma».
Un tempo anche un solo pensiero di questo tipo mi sarebbe sembrato esagerato, eppure oggi questo modo di fare sta diventando la norma. La fretta ha invaso le città, le menti della gente, i processi decisionali delle amministrazioni, dei comuni, delle società di progettazione.

Di certo le gare d'appalto al massimo ribasso piuttosto che quelle legate all'Offerta economicamente più vantaggiosa hanno favorito questa consuetudine. Spesso chi progetta non ne ha le competenze, costa meno un progettista Junior inesperto, piuttosto che un professionista che abbia maturato una grande esperienza nel campo specifico.
Mi è capitato di vedere Uffici di Ingegneria diretti da uomini senza laurea, talvolta anche con la laurea,  convinti, comunque, che l'aver conseguito una laurea in ingegneria sia stato un modo per acquisire la conoscenza assoluta di ogni campo dello scibile ingegneristico.
Le mie reminiscenze classiche mi vedono ancora legata, invece, all'esortazione Conosci te stesso (γνϑισεαυτν) iscritta nel tempio di Apollo a Delfi e alla dotta ignoranza del pensiero socratico. Io so di non sapere quindi mi preoccupo della vastità dello scibile umano, di cui lo scibile ingegneristico è solo una minima parte, mentre una mente che non sa cosa c'è da sapere, agisce in modo superficiale.

Spesso chi attribuisce gli incarichi è responsabile di scegliere le risorse senza pesare la loro preparazione specifica, o per sua ignoranza o perché una persona che non conosce non può nemmeno attuare un efficace controllo e quindi può far comodo perché facilita gli interessi particolari di un gruppo di potere.
E la burocrazia che investe i luoghi di decisione di certo non è utile a facilitare i processi. Si resta a lungo improduttivi e poi qualche politico o qualche tecnico posto in un luogo di potere solo per motivi di controllo politico, si sveglia una mattina con un ordine urgente di procedere alla esecuzione di un lavoro, spesso prima ancora che venga fatto un progetto, o quanto meno una pianificazione degli interventi. 
Se tutto questo viene poi applicato al campo ambientale, allora il disastro è assicurato.

I vescovi del Portogallo hanno esortato ad assumere questo dovere di giustizia: «L’ambiente si situa nella logica del ricevere. È un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva». E il Papa, che sia a livello nazionale, che a livello internazionale, è investito di un compito che trascende le mere sfere materiali della realtà, si espone in questa lunga lettera anche con delle denunce verso i potenti della Terra. E lui ha il grande potere di riuscire a trascinare anche la comunità internazionale, quindi apre la nostra mente ad avere una visione più ampia: «Una ecologia integrale possiede una visione più ampia».
Anche se, come sostiene Papa Francesco, «La situazione attuale del mondo “provoca un senso di precarietà e insicurezza, che a sua volta favorisce forme di egoismo collettivo», vogliamo convincerci che «non è tutto perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all'estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto».

La nostra etica di professionisti ci deve imporre di agire responsabilmente in tutti i campi ingegneristici, con approfondimento e considerazione di tutte le variabili.
Quindi, con il nostro lavoro, con le nostre competenze, attraverso uno scambio costruttivo tra professionisti e un atteggiamento etico, possiamo contribuire a SALVARE QUESTO MONDO, ad oggi l’unica Casa Comune che possediamo.

 
Patrizia Boi


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mercoledì 17 febbraio 2016

Il-piccolo-sardo-che-stupisce-il-mondo:-il-sound-di-paolo-fresu-al-quirinale




ph: Daniele di Bonaventura e Paolo Fresu
di Patrizia Boi

Il trombettista sardo Paolo Fresu si è esibito al Palazzo del Quirinale nell’ambito del programma dei Concerti alla Cappella Paolina, la grande cappella di palazzo che riveste la stessa funzione della Sistina in Vaticano e che per questo ne rispecchia le stesse caratteristiche architettoniche e proporzionali.
Il Duo Paolo Fresu (tromba e flicorno) e Daniele di Bonaventura (bandoneòn), ha dato luogo al concerto “In Maggiore”,  trasmesso in diretta su Radio 3 in collaborazione con Rai Quirinale.
In Maggiore” è il titolo del CD inciso dal duo nel 2015, colonna sonora del film documentario  del regista Fabrizio FerraroQuando dal cielo…, un dialogo musicale tra i due artisti “in un equilibrio  giocoso tra spartiti e improvvisazione”, una conversazione tra  due musicisti  “concentrati a fondere i loro strumenti e le loro personalità” nel linguaggio delle note che risuonano in un teatro “vuoto come una conchiglia di sabbia”.
Si sono susseguiti brani originali di entrambi i musicisti, un’aria tratta da “La Bohéme” di Puccini, canzoni Latinoamericane di autori come il cileno Victor Jara, il brasiliano Chico Buarque, l’uruguayano Jaime Roos, oltre a musiche di origine liturgica e a canzoni del repertorio italiano.
La tromba di Paolo e il bandoneòn di Fabrizio – una specie di fisarmonica inventata dal musicista tedesco Heinrich Band (1821-1860) come strumento per la musica sacra per l’accompagnamento dei canti durante le processioni – conversano evocando immagini visive in un tumulto di emozioni che si comprimono e si espandono come il mantice dello strumento di Fabrizio al premere dei tasti e si innalzano al cielo ogni volta che la figura esile e snella di Paolo si piega in avanti e si lascia andare all’indietro seguendo il profilo del suono, creando una scenografia dove il suo corpo ruota e si flette ai limiti dell’instabilità e comunque sempre assai stabile.
Flessibile sul palcoscenico, quindi, così come nel teatro della vita, anche lì sempre stabile nel suo successo, Paolo Fresu, si accompagna al bandoneòn di Fabrizio di Bonaventura, cambiando continuamente ruolo e relazione, dando il senso di una esplorazione – come è solito fare nei suoi incontri musicali – che sembra sempre aperta ad altri giochi di nuove possibili tappe.
Il nostro trombettista, infatti, ha reso Berchidda nota in tutto il mondo proprio grazie alle sue originali esplorazioni messe in atto durante il Festival Time in Jazz, nato nel 1988 dalla sua passione e dal suo estro. Si tratta di uno degli appuntamenti più apprezzati nel panorama nazionale della musica dal vivo… Ogni edizione ruota intorno a un tema differente, che caratterizza il suo cartellone: nell’estate 2015 la 28° edizione era intitolata “Ali”.  
Gli appassionati di Jazz conoscono la fama di Fresu, i suoi successi nazionali e internazionali, i suoi 350 dischi, i suoi 3.000 concerti, i numerosi premi conquistati, i suoi virtuosismi e l’eleganza del suo suono e per questo lo amano e ne divorano le musiche.
Paolo ha messo le Ali al suo strumento fin da piccolo, iniziando a undici anni nella banda del paese, transitando attraverso il Conservatorio di Sassari e poi di Cagliari, per prendere inaspettatamente la strada del Jazz perché gli «dava l’opportunità, senza parlare troppo, di suonare uno strumento notoriamente chiassoso, in modo esattamente contrario», un modo che, come lui stesso dichiara, ha appreso da Miles Davis e Chet Baker.
La disponibilità  di Fresu a collaborare con gli altri artisti con classe e stile e a mantenere vivi i rapporti avviati, gli ha consentito di suonare in quintetto con gli stessi musicisti da più di trent’anni. Lui alla tromba, Tino Tracanna al sax, Roberto Cipelli al  pianoforte, Attilio Zanchi al contrabbasso, Ettore Fioravanti alle percussioni, sono cinque compagni di viaggio con cui ha condiviso tutto il suo percorso artistico.
Nel 1990 ha iniziato anche la collaborazione con Furio di Castri formando prima il duo Fresu- Di Castri e nel 1995 il trio P.A.F. (Fresu tromba e flicorno, Salis pianoforte e fisarmonica, Di Castri contrabasso) inserendo nel trio un altro sardo, Antonello Salis, un musicista appassionato e originale che passa dal pianoforte alla fisarmonica con semplicità integrando due strumenti apparentemente molto diversi.
Nel campo Jazz ha collaborato e collabora  con musicisti d’eccezione come Trilok Gurtu, Omar Sosa, Richard Galliano e tanti altri, ma come lui stesso dichiara: «Davis è stato il musicista che ho incontrato per primo ed è stato comunque il musicista che mi ha accompagnato e che tuttora continua ad accompagnarmi nel mio percorso artistico».
Paolo combina talenti musicali, è coinvolto in progetti di vario genere:  attori, danzatori, pittori, scultori, poeti, ecc. entrano ed escono dalla sua vita continuamente. 
A un grande regista ormai scomparso e al suo talento poetico nel raccontare l’uomo ha dedicato un brano,  “Fellini”,  che ha interpretato in 24 versioni e che lo accompagna come fosse un vecchio amico. Forse per via del sottotitolo “Elogio della lentezza” che gli rammenta concetti come 
ozio creativo, lentezza, intensità, essenza, che giocano un ruolo determinante nella tua esistenza quotidiana.
Paolo, nella sua silenziosa lentezza spesso partecipa anche a progetti cinematografici scrivendo musiche per film, documentari, video e collabora  frequentemente con il regista Gianfranco Cabiddu con il quale ha vissuto :  l’esperienza diPassaggi di tempo – Il viaggio di Sonos ’e memoria nel 2005, un altro interessante capitolo dedicato alla magia della sua Isola.
In questo film ha condiviso l’esperienza musicale, tra gli altri, con il suonatore di Launeddas Luigi Lai che ormai è diventato un’assidua presenza per il Time in Jazz.
Paolo è talmente innamorato della sua terra che ha inserito nel Time in Jazz la tradizionale e antica Gara fra i poeti improvvisatori, ossia la base della poesia sarda.
È stato protagonista, anche, dei dialoghi girati per la Rai da Gianfranco Cabiddu dal titolo: “Arrejonos (ragionamenti) tra  padre e figlio: Lillino e Paolo Fresu”
Lillino era un uomo (scomparso ultranovantenne quest’estate) che ha provato tutti i mestieri della campagna, dai faticosi lavori come bogadore di sughero e come operaio a giornata, al contadino, al pastore, una presenza fondamentale nella formazione di Paolo.
Nel 2010 Fresu ha aperto la sua etichetta discografica T?k Music  attraverso la quale sta facendo un lavoro di “promozione” nei confronti di molti giovani dell’entourage jazzistico contemporaneo, un progetto che intende guardare avanti” .
Su invito di Antonietta Chironi, ha coordinato, del resto, dal 1989 al 2013 i Seminari Nuoro Jazz per l’Ente Musicale di Nuoro, una delle realtà più prestigiose ed innovative nel campo della didattica del jazz in Italia. 
Fresu ha girato insieme a Gianfranco Cabiddu il documentario “Faber in Sardegna“, dedicato a Fabrizio De Andrè, presentato a Roma in anteprima assoluta lo scorso novembre con un appassionante omaggio musicale – alla presenza di Dori Ghezzi e Cristiano De Andrè – ,   insieme alle coinvolgenti Rita Marcotulli e Maria Pia De Vito.  All’Agnata – in gallurese “agnata” significa “angolo riparato dai venti” -, la residenza alle pendici del Limbara che De André aveva in Sardegna, ogni anno, infatti, si svolge una suggestiva tappa del Time in Jazz.

Nel 2011 Paolo Fresu ha festeggiato i suoi «50 anni suonati», con 50 concerti, in 50 giorni consecutivi, con 50 formazioni e progetti, diversi di giorno in giorno in 50 capolavori paesaggistici della sua Sardegna: un’esistenza «tutta d’un fiato!».
Un tempo vissuto intensamente come emerge nel film documentario “365 Paolo Fresu, il tempo di un viaggio” del regista Roberto Minini-Meròt di cui Paolo è stato protagonista nel 2014.
Stavolta nelle sue peregrinazioni ulissiche da un luogo all’altro, ha incontrato il marchigiano Daniele di Bonaventura, pianista e bandoneonista, compositore e arrangiatore, il cui estro spazia dalla musica classica a quella contemporanea, dal Jazz al tango e alla musica etnica, con incursioni nel mondo del teatro, del cinema e della danza. Di Bonaventura ha collaborato con registi del calibro di Ermanno Olmi (2014) per la colonna sonora del film Torneranno i prati e ha pubblicato più di 50 dischi, molti dei quali hanno ricevuto premi della critica internazionale.
La sua intensa collaborazione con Paolo Fresu ha fatto nascere l’album Mistico Mediterraneo e un disco doppio intitolatoNadir, nella doppia veste di pianista e bandoneista.
La sperimentazione alimenta l’attività e la vita di Paolo, lui esamina tutti le composizioni del suono, sperimenta lo spettro sonoro, le sue frequenze fondamentali, le sue armoniche, l’intensità del suono. E se chiudete gli occhi durante i suoi concerti, avrete la sensazione di elevarvi verso l’alto, verso il cielo, verso la musica delle trombe angeliche. Paolo segue la sua missione di portare il suono in mezzo a noi e, attraverso il suono, attiva le luci dell’arcobaleno. Le vibrazioni del suono ci portano a conoscere anche tutti i colori primari, con varie intensità di rosso, arancio, giallo, azzurro, indaco, viola, e le loro combinazioni. Il mondo di Paolo non è solo in bianco e nero, non è il mondo orizzontale di un uomo che “attraversa ossequiosamente lo squallore della sua esistenza quotidiana”, ma è un universo che prova a variare le tinte sbiadite dell’esistenza. Lo stesso Fresu, durante l’intervista realizzata prima del concerto, ha spiegato che la sua  musica è orientata verso una continua ricerca in cui niente risulta acquisito per sempre. Il suono non è mai qualcosa di stabile. La sua idea di invenzione e fantasia musicale è sempre in divenire. Tutto scorre nell’Universo di Fresu, questa sua modalità rappresenta un cammino vitale è determinante per la sua arte.
E questo pensiero emerge ad ogni concerto e, anche oggi, le vibrazioni musicali degli strumenti hanno saputo trasmettere un messaggio profondo ad un pubblico entusiasta che ha riempito la grande sala della Cappella Paolina.
Gli amici del Gremio dei sardi con il nostro presidente Antonio Maria Masia, presenti in gran numero, si sono messi in fila per omaggiare l’amico e l’artista, dotato di autentico spirito della nostra Isola.



4 Commenti to “IL PICCOLO SARDO CHE STUPISCE IL MONDO: IL SOUND DI PAOLO FRESU AL QUIRINALE PER I “CONCERTI ALLA CAPPELLA PAOLINA””

  1.   Gemma Azuni Says:
    Un particolare ringraziamento a Patrizia Boi per il bellissimo articolo
  2.   Maria Di Maio Says:
    Orgogliosamente sarda o sbaglio?
  3.   Maria Olianas Says:
    Orgoglio sardo !!
  4.   patrizia boi Says:
    Grazie a te Gemma che l’hai letto e grazie a Paolo Fresu che fa grande la nostra Isola!
    Grazie anche alle due Marie!
    Patrizia

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