I libri di Patrizia Boi

venerdì 1 settembre 2017

LE SOCIETA' MATRILINEARI ANTECEDENTI AL SISTEMA PATRIARCALE SECONDO LA NURAXIA DESCRITTA DA RAIMONDO DEMURO

IL RUOLO CENTRALE DELLA DONNA NELLA SOCIETA' SARDA

È interessante leggere questo passo tratto dal libro di Raimondo Demuro-Caredda I racconti della Nuraghelogia, I Volume pagg. 161-163, ZEPHIR Editrice Roma. Egli era nato il 29 settembre del 1916 a Siurgus Donigala, il libro è stato pubblicato nel 1983, quindi a circa 70 anni, ma la sua mentalità è la stessa di Marija Gimbutas, la celebre Archeologa lituana nata a Vilnius il 23 gennaio del 1921, autrice del libro “Il linguaggio della Dea”, imperniato sulle differenze tra gli elementi del sistema della "vecchia Europa", da lei considerato matrilineare e ginocentrico, e la cultura patriarcale portata dagli indoeuropei nell'età del bronzo. Secondo la studiosa, questi due sistemi si sarebbero fusi generando le società classiche dell'Europa storica. Nel suo lavoro Marija Gimbutas reinterpretò la preistoria europea alla luce delle sue conoscenze in Linguistica, etnologia e storia delle religioni, proponendo così un quadro in contrasto con le tradizionali assunzioni circa l'inizio della civiltà europea. 
Mi viene da chiedermi se Demuro la conoscesse o per lo meno la avesse letta. Dell’opera della Gimbutas, fondamentale per chi voglia comprendere le società matrilineari di cui parla anche Demuro, si coglie la sostanza ascoltando le parole appassionate e il discorso colto del filosofo bolognese Carlo Sini (nato nel 1933). Nella seconda parte di questo video parla del libro della Gimbutas, ma anche la prima parte di questo video spiega cose fondamentali della nascita del linguaggio di cui l’Archeologa è esperta: https://www.youtube.com/watch?v=r4rpJ9Q0Id0&t=3s

Ecco il discorso che l’anima di Tigellio (un raffinato cantante di origine sarda ed amico intimo di Giulio Cesare) fa, attraverso il saggio Famèa (abile psicopompo del paese), al Podatario dell’Ademprivilo di Donigala (una sorta di proprietario terriero nelle Istituzioni della Sardegna della seconda metà dell’Ottocento), che aveva chiesto di sapere quali sarebbero state le sorti dell’Istituzione dell’Ademprivilo ormai in crisi profonda:
«Famèa trasmise, mentalmente, col suo pensiero, a Don Efisio, che poteva porre domande. Il Podatario, col pensiero, chiese:
«Non ti meravigliare se per primo ti chiedo ciò che da millenni arrovella e rattrista tutti noi sardi perché non ne troviamo una ragione logica.  Perché i grandi di Roma, come Orazio, Cicerone, ti hanno offeso dicendoti che eri pestifero come tutti i sardi?»
Tigellio rispose nella lingua universale, cioè in quella eterna è comprensibile a tutti gli esseri viventi, ma che a Don Efisio parve la sua.
«Perché io appartenevo alla stirpe Sarda che, a differenza di tutte le altre stirpi umane, col nuraghe, si era costituita in una società «Matrilineare», una società imperniata sul ruolo della donna.
Perché la donna non è prevaricatrice: in questa società ci si auto-governa e non esiste il potere esecutivo, quindi non esiste potere. Nella nostra società nuragica non esistevano né burocrazia, nelle legioni, né consoli, né schiavi e né patrizi. Non c'erano poveri o ricchi, padroni o servi, cioè non esistevano classi. In una parola, da noi in Sardegna, al di fuori della totalità dei membri della famiglia, non c'era Autorità di alcun Cesare. Quando vennero i Fenici, già Ellenizzati, cominciarono i guai. L'odio si incarnò in essi al constatare che la nostra stirpe non aveva sottomesso la donna. Il dominio dell'uomo sulla donna, la struttura del potere che passa sotto il nome di «Patriarcato», è il frutto di un vero e proprio “colpo di mano” compiuto dei greci antichi nei confronti delle società primitive com'era la nostra che si erano sviluppate nell'area geografica dell'Egeo. Società in cui, come nella nuragica, la regolamentazione e il diritto della convivenza erano stati sino allora imperniati sul ruolo centrale della donna, e su una società senza autoritarismi. In quelle società Egee, come nella nostra nuragica, non è mai esistito il «Matriarcato», e cioè il dominio della Madre, poiché il principio di dominio è una “invenzione” maschile derivata dal diritto patriarcale.
Tu vuoi sapere perché i Greci e Romani ci hanno odiato? Ilmotivo è perché essi non sono riusciti a distruggere questo sistema socio-economico della nuraxia, mentre sono riusciti con tutte le altre stirpi.
Questo sistema sociale è stato distrutto dai Greci e Romani: in seguito alla loro scoperta dello “Stato” o della “Polis”, come essi la chiamavano, come potere situato accanto e al di sopra della stirpe e della tribù,
Contrariamente alla interpretazione che esiste, ora lì da voi, che vede nella introduzione del sistema “Democratico” ad opera di Atene un progresso significativo nella Storia dell'Umanità, invece, io dico, per l'esperienza che me ne viene, per la vita vissuta sulla terra, in epoca non sospetta e soprattutto per la mia condizione di conoscenza totale, io dico che le costituzioni “patriarcali” della “città-stato” della Grecia antica e di Roma poi, rappresentano un regresso mercato per quanto riguarda la Storia della “parità dei diritti”.
La differenza tra Società Nuragica “Matrilineare” e quella “Patriarcale” è particolarmente evidente se si paragona il sistema di giustizia delle due società. Nella nostra società nuragica tutti i membri che la componevano erano tenuti a prestarsi reciprocamente aiuto e assistenza.
Il concetto di punizione, invece, è una invenzione del sistema “Patriarcale” e una istituzione aggressiva, “fallica”, che mira a causare dolore.
Nella nostra società nuragica, che io chiamo “Matrilineare”, non si ragionava in base a categorie di “colpa”, di “diritto” e di “perdono”, ma solo del dovere di concedere comprensione e “grazia” laddove veniva richiesta.
S’”Assolu”, per esempio, non è una punizione, è un modo di educare l'uomo ad essere uomo. Se voi osservate la nostra società, quella che esisteva quando vi esistevo io, e in parte anche adesso che vi esistete voi, è “diversa” da tutte le altre, è più umana. Ed è qui che si rivela la maggiore umanità della nostra etica e della nostra morale nuragica.
Ma ciò che rese, noi Sardi, invisi a Greci e Romani e agli altri, era il fatto che le nostre donne non venivano umiliate, perché l'uomo sardo non ha preso il potere su di essa, anche quando ha inventato l'aratro. Per noi sardi della “Nuraxia”, l'aratro non è stato il simbolo del predominio dell'uomo sulla donna. I Greci e i Romani temevano la superiorità della donna. Mentre noi no! I Greci, dinanzi alla “vagina dentellata” della donna, tremavano, ed è per questo che essi hanno sostituito il coito con il rapporto “anale”.
Essi credevano che il rapporto sessuale con una donna fosse debilitante e quello con un giovane tonificante.
Poi, ci fu da parte della società Greca e Romana, e prima ancora quella degli Assiri Babilonesi, Egizi, Ebrei soprattutto; l'invenzione della divinità, della religione come strumento di “potere”, e con essa quella della “proprietà” privata e dello schiavismo.
Mentre nella società nuragica non c'è mai stato bisogno di simili “invenzioni”, soprattutto quello della religione. I Sardi sono stati gli unici a non aver avuto necessità di inventarsi un “Dio” simile al loro. Essi sapevano, grazie all'esercizio del Galazzoni (una sorta di trance in cui entravano gli antichi sardi utilizzando "portali" che agevolavano la comunicazione e lo scambio con esseri di altre dimensioni e di altri sistemi stellari come spiega questo interessante articolo di Momi Zanda: http://momizanda.altervista.org/la-nuraxia.html ), la verità su ciò che aspettava ad ogni creatura umana dopo la morte, e perciò non hanno avuto necessità alcuna di crearsi nessun tipo di religione, di culto di Dei, di inventarsi alcuna mitologia.
Per tutte queste cose noi Sardi siamo stati avversari e nemici di tutte le civiltà “Patriarcali”, perché la nostra civiltà “matrilineare” non poteva convivere con quelle che prosperavano sul trinomio: proprietà-schiavismo-predominio dell'uomo sulla donna e sul bambino…».
Il Podatario udì all'interno delle sue cellule mnemoniche del cervello quel parlare di Tigellio e ne ebbe la certezza quando tutto finì e Famea lo scosse dal torpore in cui era immerso».

martedì 29 agosto 2017

Intervista a Patrizia BOI su Wall Street International Magazine

Ingegneria Elevato ‘n’

Intervista a Patrizia Boi

13 AGOSTO 2017, 
Sergio Pessolano, Vista notturna di La Paz, Bolivia
Sergio Pessolano, Vista notturna di La Paz, Bolivia
Le nuove sfide lanciate dalle tecnologie innovative, dagli strumenti all’avanguardia, ma soprattutto dai nuovi modelli organizzativi che si stanno ancora sviluppando nel campo dell’Ingegneria, dell’Architettura e delle Costruzioni in genere – come la Wikinomics, il BIM, la Stampa 3D, la Tecnologia Blockchain, i bitcoin, gli Smart Contracts e le Organizzazioni Esponenziali, sono il tema di cui oggi parleremo con l’ingegnere Patrizia Boi.
Quando hai incominciato a occuparti di questa innovazione?
Non più di un anno fa, su proposta di mio fratello Maurizio. Era tempo che mi parlava dell’innovazione in campo ingegneristico, che leggeva molti libri sull’argomento, per lo più in inglese. Poi ha pensato che, unendo le forze, avremmo potuto mettere ordine su una serie di argomenti di cui lui aveva evidenziato le linee essenziali. In un primo momento ho dubitato che ce l’avrei fatta, io considero l’Ingegneria un lavoro che mi consente di vivere, la letteratura, invece, un modo per espandere la mia anima. A un tratto, però, mi sono resa conto che avevo l’opportunità di guardare anche all’Ingegneria con una prospettiva diversa e riflettere sull’innovazione, non solo da professionista, ma come chiunque voglia comprendere in modo semplice cosa sta accadendo alle nostre professioni nel mondo globale. Avevo appena finito di scrivere la fiaba olfattiva Kalika, la profumiera di Katai e intendevo trasformarla in un cartone animato da proporre alla Disney, invece, questa nuova ricerca, ha finito per assorbirmi totalmente.
Come nascono le tue riflessioni sulle prospettive future dell’Ingegneria?
Il punto di partenza è un tipo come Leonardo, aperto all’esplorazione dei campi più disparati del sapere, geniale e creativo, capace di guardare all’innovazione con occhi incantati. La cosa formidabile è che pure il punto di arrivo si concretizza in una specie di Leonardo, ma non in una persona sola, bensì in un organismo vivente generato dall’Intelligenza Collettiva diffusa nel pianeta. Non più un genio costretto in un mondo circoscritto, ma il genio elevato all’ennesima potenza della parte più creativa presente in una moltitudine di individui, un cervello globale che può facilmente e celermente costituirsi mediante la connessione resa possibile attraverso i Network. Con mio fratello Maurizio abbiamo pensato a come facilitare, utilizzando una serie di strumenti, la ‘collaborazione’ globale, in tutte le lingue, di tutte le possibili Intelligenze presenti nei Paesi più disparati del Globo per addivenire ad una capacità ‘amplificata’ dalla connessione e connettività e dar luogo ad una Intelligenza elevata all’ennesima potenza. A questo scopo Maurizio ha già creato, circa un anno fa, il Network Collaborativo CollEngWorld, ed è assolutamente determinato a mettere in atto questo progetto.
E questa, diciamo ‘missione’, ti trova d’accordo?
Se non mi avesse trovato d’accordo, non avrei nemmeno iniziato ad interessarmi alla ‘collaborazione’, non scrivo per denaro, per ambizione, per aumentare il mio potere, ma lo faccio per un’esigenza interiore di conoscere quel poco che si può conoscere, per chiarire ogni dubbio dentro di me, per esplorare quel mondo nascosto che emerge nel silenzio di noi stessi e per integrare parti in conflitto nella mia esistenza. Fin da piccola, indipendentemente dai miei studi di Ingegneria, sono sempre stata convinta che gli Esseri umani facessero parte di un Organismo vivente che respira grazie alla creatività diffusa nel pianeta, che gli individui fossero tutti connessi a livello sottile e che nessun incontro avvenisse in modo completamente casuale. Sono sempre stata attenta alla ‘sincronicità’ Junghiana e sono certa che ogni momento più difficile della vita sia sempre una grande opportunità per superare un conflitto, un momento di stasi, un dubbio, per rinascere dalle proprie ceneri come una fenice. Sono una ‘guerriera spirituale’ e non mi faccio condizionare facilmente, percorro le mie strade del cuore anche se non arrivo da nessuna parte, mi offrono però lo stimolo per riflettere sul senso dell’esistenza. Negli ultimi anni ho scoperto la ‘Equazione di Dirac’, la Fisica Quantistica, il libro di Fritjof Capra Il Tao della Fisica, i cammini spirituali dei Grandi Maestri, le teorie dei russi Grabovoj e Petrov e ho cercato di conciliare ogni visione e trovarne un senso comune. Questa ricerca effettuata si è condensata in un volume, scritto a quattro mani con mio fratello dandomi l’opportunità di integrare la visione tecnico - scientifica con la mia anima letteraria e con la tensione spirituale verso il superamento metafisico di ogni aspetto materiale volto all’espansione della coscienza collettiva dell’Umanità, aspetto, quest’ultimo che condivido sia con Maurizio che con Sergio Pessolano.
Con quali obiettivi avete coinvolto il fotografo come Sergio Pessolano?
Stavolta l’idea è stata mia, visto che Maurizio, vivendo a Cagliari, non conosceva Sergio. Maurizio mi aveva chiesto di cercare delle immagini per gli ultimi capitoli del libro e io gli ho proposto delle favolose immagini di capanne, abitazioni primitive, ambientazioni che Sergio aveva scattato nei suoi numerosi viaggi. Nonostante Maurizio ami molto i grafici e le illustrazioni ingegneristiche, è rimasto affascinato da quelle fotografie. È stato subito colpito anche dall’immagine di copertina, sempre di Sergio, per tutte le variopinte connessioni che rappresentava e per quelle parabole illuminate aperte verso il cielo. Ha intuito immediatamente il senso della connettività e dell’apertura verso il Tutto. Claudia Bisceglia, poi, la nostra editor, che ammirava molto le foto di Pessolano, mi ha chiesto di trovare una foto tag per ogni capitolo del libro che ne condensasse il messaggio in modo intuitivo, quindi, il gioco ci ha preso la mano e abbiamo eliminato la maggior parte dei grafici e, laddove era possibile, abbiamo utilizzato solo le foto di Sergio.
E Sergio Pessolano è stato contento di partecipare al progetto? Sergio è un medico, un appassionato di astrofisica e le fotografie sono la sua vita. Quando ha visto le sue immagini usate per rappresentare concetti di ingegneria innovativa, ne è stato semplicemente entusiasta. Riflettere sul nuovo significato dato alle sue foto gli ha fornito un grande stimolo, è stato un modo per guardarle da un’altra prospettiva. Analogamente, Maurizio, ha potuto vedere gli argomenti a lui cari espressi secondo un nuovo punto di vista, innovativo a suo modo. Del resto l’osservatore influenza il fenomeno, la scelta delle immagini effettuate da me e Claudia, dalla nostra percezione femminile, ha stupito Maurizio, ma ancor di più ha meravigliato Sergio stesso che ha dovuto imparare a guardare le sue stesse foto accogliendo un altro messaggio del loro originario dettato.
Prima hai parlato dell’Equazione di Dirac, che significato, a tuo avviso, racchiude?
Mi ha sempre attratto la sua forma elegante e armonica e (∂ + m) ψ = 0 e il suo enunciato: «Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma in qualche modo, diventano un unico sistema. In altri termini, quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce». Essa descrive il fenomeno quantistico dell’entanglement e conduce alla considerazione che se noi abbiamo fatto parte dell’Universo considerato come un enorme organismo vivente, ancora possiamo essere «soggetti ad una sorta di legame che ci rende partecipi di quell’inconscio collettivo che determina la nostra evoluzione o la nostra involuzione». E io ho sempre creduto che fosse così nella mia parte bambina, quella che mi fa scrivere fiabe, racconti e filastrocche, in quel nocciolo presente in tutti noi che Cristina Vignato definisce come l’Archivio Akashico «un illimitato “libro della vita”, una sorta di supercomputer dell’Universo, una memoria che contiene ogni azione, parola, sentimento, pensiero, nonché tutte le informazioni su ogni essere animato e inanimato che sia mai esistito nell’intero Universo e in qualsiasi momento dell’eternità». La ‘Collaborazione’ è insita nella mia natura e nella natura di tutti gli Esseri Viventi e questo ce lo insegnano le «organizzazioni animali, come possiamo osservare negli stormi di uccelli, nelle mandrie di mammiferi ungulati, nei banchi di pesci e di delfini, nelle colonie di termiti, formiche e api, nei gruppi di scimpanzé e di elefanti».
Proprio per questo motivo, quando Patrizia mi ha chiesto di scrivere un capitolo dedicato all’innovazione nel campo del Restauro, ho accettato con entusiasmo. E così sono entrato in contatto con Sergio, con Maurizio, con i collaboratori di Maurizio, in particolare con l’Arch. Giovanni Cappai che ha curato le immagini tecniche, con l’Ing. Moreno Cossu che si è occupato della Direzioni Lavori 4.0, con lo staff della casa editrice, soprattutto con l’Arch. Claudia Bisceglia che si è occupata dell’editing, con l’Arch. Williams Troiano che ha fornito un approfondimento sullo Scanner Laser e con tanti altri. Mi sono, quindi, chiesto: cos’altro è quest’opera se non l’occasione per fornire un esempio di ‘Collaborazione’?
Per maggiori informazioni:
Maurizio e Patrizia Boi, Ingegneria Elevatoᵑ- Ingegneria del Futuro o Futuro dell’Ingegneria?, dei Merangoli Editrice, Anno 2017 – 150 Immagini Colore/Bn di Sergio Pessolano