I libri di Patrizia Boi

lunedì 5 dicembre 2016

Il tuo simpatico Umanoide Personale R1 creato dallo scienziato Giorgio Metta

R1, il tuo umanoide personale

Incontro con lo scienziato Giorgio Metta

Giorgio Metta e R1
Giorgio Metta e R1
5 DIC 2016 
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Quando si progettarono le prime automobili, nessuno pensava di poterne avere una personale, lo stesso avvenne con i personal computer. E nessuno di noi avrebbe immaginato di andare in giro con una propaggine personale chiamata cellulare. E se vi dicessimo che è nato un personal robot per ogni abitazione, come ipotizzava Bill Gates nel 2008?
Non si tratta di Fantascienza, è una realtà nata dall’evoluzione della tecnologia e dall’ostinazione di Giorgio Metta, lo scienziato dell’Istituto di Tecnologia di Genova, già creatore di iCub. Stavolta la scommessa di Giorgio si chiama R1 "your personal humanoid", una creazione figlia di un’eccellente squadra di 22 giovani scienziati e tecnici italiani. Significa che gli scienziati italiani sono al passo con i tempi. Nel libro La singolarità è vicina (2005), il futurologo di Google Ray Kurzweil (fondatore nel 2008 della Singularity University insieme a Salim Ismail e a Peter Diamandis) definisce la «Singolarità come un punto del futuro in cui gli avanzamenti tecnologici cominceranno ad avvenire con tale rapidità, che i normali esseri umani non riusciranno a tenerne il passo, e saranno "tagliati fuori dal ciclo"». Questa “singolarità tecnologica” si verificherà nella prima metà di questo secolo con un impatto disarticolante sugli esseri umani e sulla loro quotidianità tanto che «segnerà la fine della storia umana così come la conosciamo. Al posto degli umani normali, Intelligenze Artificiali Forti e umani migliorati ciberneticamente diventeranno la forma dominante di vita senziente sulla Terra».
La Singolarità sarà l’effetto di tre importanti tecnologie del Ventunesimo Secolo: la genetica, la nanotecnologia e la robotica (inclusa l'intelligenza artificiale). In attesa che si compia questa fase della storia evolutiva dell’Uomo, quindi, i nostri scienziati di Genova si sono già attrezzati. Questo “tuttofare con rotelle”, è fratello di iCub: il cucciolo di Robot nato per sperimentare algoritmi sull'intelligenza artificiale. Partendo dalla ricerca effettuata su iCub, oggi presente in tutto il mondo con 30 prototipi, R1 rappresenta invece per Metta il «tentativo di approcciare il mercato di massa in cui il prezzo diventa questione fondamentale».
R1 è stato concepito per essere un amico fidato, una sorta di maggiordomo per le faccende domestiche o un segretario per il lavoro d’ufficio. Potrebbe essere utilizzato dietro il banco della reception di un hotel o in ospedale come aiuto a infermieri e caposala per gestire cartelle e dati. La differenza rispetto ad altri celebri robot come Pepper, un concentrato di tecnologia alimentato dai sistemi cognitivi di Watson utilizzato come intrattenitore di ospiti a bordo delle navi di Costa Crociera, si incentra sull’abilità nella presa. Nel realizzare R1 il gruppo di ricerca si è concentrato proprio sulla capacità di afferrare oggetti, aprire cassetti o porte, mentre le mani di Pepper possono solo indicare o fare gesti ma non compiere azioni.
Le mani di R1 sono state semplificate rispetto a quelle di iCub per consentire una maggiore robustezza e per abbassarne i costi. Sono costituite da due guanti a manopola che si innestano su un polso sferico: possono sollevare oggetti fino a 1,5 Kg e chiudere totalmente la presa attorno a quello che afferrano. L’obiettivo è che possano afferrare oggetti cilindrici come bottiglie e bicchieri e consentire operazioni domestiche semplici. Sia le mani che gli avambracci sono rivestiti, infatti, di una pelle artificiale dotata di sensori che gli conferiscono il senso del tatto, permettendogli di "sentire" l'interazione con gli oggetti che maneggia. Le braccia, inoltre, si allungano di 13 cm per poter prendere oggetti caduti a terra o che si trovano lontani.
R1 pesa 50 Kg e ha un’altezza che può variare da un metro e 25 cm fino a un metro e 45, grazie al suo busto estensibile e "snodabile", con il torso che si torce anche lateralmente. Non ha gambe ma due grandi ruote che gli consentono di spostarsi in modo stabile raggiungendo una velocità massima di 2 Km/h. Il suo corpo è costituito per il 50% da materiali plastici e per l’altro 50 da fibra di carbonio. Il design, studiato apposta da un’equipe di psicologi per essere ben accolto dagli umani, è bianco e slanciato ed è costituito da ventotto motori che gli consentono i vari movimenti. Tre computer sono situati nella ''pancia'', per governare le capacità del robot, dal calcolo al movimento della testa, sino al controllo di tutti i sensori.
Il suo volto (uno schermo LED a colori) è realizzato con un display scuro che può assumere espressioni stilizzate, come uno smile, dando la sensazione di avere a che fare davvero con un umano. All’interno di questo schermo due telecamere e uno scanner 3D, i sensori per la visione, sono responsabili dell’equilibrio e della generazione e percezione del suono. R1 è corredato, inoltre, di una scheda wireless per consentire all’umanoide il collegamento alla rete internet e ottenere informazioni che facilitino il rapporto con le persone e gli aggiornamenti del software.
Come afferma lo stesso Metta «man mano che il robot starà con noi, inizierà ad avere memoria di tutto ciò che facciamo e che abbiamo fatto insieme. Magari, un giorno, avrà memoria di tutta la nostra vita e gli potrò chiedere di accedere a ricordi, tra foto e video». Lo scopo è, quindi, di dare al robot il compito di tenere una sorta di agenda digitale che aiuti a ottimizzare l’organizzazione della quotidianità e la relazione con il mondo e trasformare il rapporto con la propria casa o con l’ufficio. All'inizio occorrerà insegnargli tutto inserendo i dati della planimetria del luogo, dell’ubicazione degli oggetti, programmando le attività necessarie richieste caso per caso, ma pian piano R1 riuscirà a orientarsi autonomamente, riconoscendo ambienti, facce e voci e riuscendo a sollevarci da compiti quotidiani come preparare una tazza di caffè o accendere e spegnere un telecomando senza muoverci.
A questo punto manca la sua produzione in serie, che sarà possibile nel giro di 16-18 mesi. Con i materiali oggi utilizzati la commercializzazione costerebbe quanto un’automobile, cioè circa 25 mila euro. Man mano che il prodotto diventerà di largo consumo il prezzo scenderà fino a raggiungere quello di un moderno televisore al plasma, cioè circa 3 mila euro. Il ragionamento di Giorgio Metta, è avvalorato dalle teorie di Kurzweil, alla base delle quali c'è, appunto, la legge dei ritorni acceleranti, che postula che il progresso tecnologico avvenga esponenzialmente invece che linearmente per cui «tecnologie altamente avanzate arriveranno ben prima di quanto le persone che ragionano linearmente assumano». Non appena, poi, un qualsivoglia settore, tecnologia, industria viene informatizzato i costi si riducono in modo esponenziale.
Sulla teoria di Kurzweil non mancano le critiche della comunità scientifica sul fatto che una macchina possa "pensare" e sul suo “totalitarismo cibernetico". Gli studi di Metta, invece, si basano su necessità concrete e non totalizzati, semmai adiuvanti per l’uomo: egli afferma che in un futuro non troppo lontano mancherà la forza lavoro per realizzare tutti gli oggetti e le attività di cui necessità la nostra quotidianità. Questo accadrà per l’invecchiamento della popolazione: in Italia, Giappone, Stati Uniti, India, Cina, ecc., a breve il 20% della popolazione avrà superato, infatti, i 65 anni di età. Questo significa che ci saranno 70 milioni di anziani di cui tener conto e questo numero è destinato a crescere ancor più.
In questo ipotetico futuro sarà, dunque, necessaria questa forza lavoro di assistenti robotizzati. Secondo gli studi di Metta l’industria del futuro non potrà prescindere dalla robotica per tutti, come emerge dal fatto che molte importanti aziende come Google, Toyota, Facebook, si stanno già attrezzando. Per democratizzare l’automobile ci sono voluti 90 anni, mentre per il cellulare sono stati necessari solo 15 anni, per la robotica ci vorranno forse 25 anni. Metta evidenzia, infatti, come abbia pensato a questa democratizzazione con una progettazione mirata «Il robot è munito di sensori e software per il riconoscimento vocale, dei volti e degli oggetti in generale. Questo significa che potremo comunicare parlandogli o istruendolo con gesti. Allo stesso tempo lui potrà risponderci emettendo parole oppure inviando messaggi dallo schermo del volto… E c’è di più. Il suo corpo sarà ricoperto di una pelle artificiale, quindi potremo comunicare anche attraverso il senso del tatto, toccandolo, sfiorandolo, picchiettando sulla sua spalla, proprio come si fa tra esseri umani. Inoltre delle semplici app sul cellulare ci permetteranno di chiedere a R1 di fare qualcosa per noi anche mentre siamo fuori casa».
Quindi i tempi sembrano davvero maturi perché l’assistente robot arrivi nelle abitazioni. Lo scienziato ne è convinto e ci convince: «Vedete, tutte le nuove tecnologie, dai computer ai telefoni cellulari, hanno avuto un primo periodo di ridotta diffusione, per poi diventare oggetti da cui è difficile separarci. Mi aspetto che per i robot si verifichi la stessa cosa. Basta pensare che R1 avrà le stesse capacità degli smartphone nel rispondere alle nostre esigenze di connessione con il resto del mondo. Solo che a queste aggiungerà la possibilità di agire direttamente, perché avrà corpo e mani per muoversi e manipolare». Tutto questo, infatti, è perfettamente in linea con le teorie di Kurzweil. Rammentiamo che Giorgio Metta è sempre stato appassionato dei libri di Asimov e forse è proprio grazie a questa sua passione per i Robot che si è ostinato nella ricerca fino a realizzare quello che a quei tempi era solo Fantascienza.
E se anche noi siamo spaventati dal “totalitarismo cibernetico", lui non se ne fa intimorire, anzi gli viene in mente una bella frase di Asimov che lo riconcilia con il suo umanoide: «La disumanità del computer sta nel fatto che, una volta programmato e messo in funzione, si comporta in maniera perfettamente onesta». Questa è una caratteristica che l’uomo moderno deve, invece, recuperare, come forse anche il coraggio della trasformazione, coraggio che non manca invece a questi nostri amici italiani dell’IIT che non sono nuovi a sperimentazioni che coinvolgono le Università di tutto il mondo.
Allora come sostiene Peter H. Diamandis «Benvenuti in un’epoca di cambiamento esponenziale, la più straordinaria in cui vivere».

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