I libri di Patrizia Boi

lunedì 24 luglio 2017

Herman Normoid di Roberto Luciani

Herman Normoid

Un artista poco serio da prendere sul serio

13 LUGLIO 2017, 
Don't B Shy. #0124 anno 2010. Acrilico su tavola lignea. Cm 75 x 131.
Don't B Shy. #0124 anno 2010. Acrilico su tavola lignea. Cm 75 x 131.
Alcune personalità "disturbate" hanno un forte ascendente sugli individui che si trovano nelle loro vicinanze, ed è questo quel che capita a me con Herman Normoid. Quest'artista soffre senza dubbio di uno sdoppiamento della personalità, ma le sue opere esercitano su di me un'irresistibile attrazione.
Andiamo al dunque: un artista che si rispetti ha uno stile, segue una corrente o almeno un'idea! Per quello che ho potuto constatare Normoid in dieci anni ha cambiato stile e generi pittorici almeno quattro volte. Un comportamento instabile che lascia poco spazio all'analisi critica: del resto le sue opere, che sembrerebbero essere fortemente antididascaliche, potrebbero in realtà essere semplicemente considerate banali e vuote. Il suo minimalismo concettuale, la continua demolizione di quanto lui stesso ha creato; il voluto "divertissement" di cui sono pervase anche le sue opere più inquietanti, i titoli stravaganti dei suoi quadri e quel suo modo irriverente di ammettere di non saper dipingere, sembrano disegnati a tavolino per creare il "personaggio" Normoid.
Se così non fosse, rimane comunque il fatto che non si distingue un suo percorso artistico riconoscibile che consenta una lettura critica costruttiva. I suoi passaggi da una modalità pittorica all'altra hanno delle soluzioni di continuità talmente evidenti da suggerire che il nostro Herman soffra di uno sdoppiamento della personalità, anzi no, di un suo disgregamento. Normoid non è neanche un artista maledetto: è più verosimilmente una persona che ha perso la bussola, o uno che ha deciso di fare l'artista ma che non ha trovato la sua strada perché le sue strade sono troppe, per poter essere percorse tutte.
Quando lo intervistai nel 2015 per pubblicare il libro Subconscio. Conversando con Herman Normoid, edito da Unione Europea Esperti d’Arte, egli si mostrò piuttosto affabile, forse un po' ruvido nei suoi giudizi sul mondo ma in ogni modo una persona sana e gentile; mi chiedo quindi: perché non si mostra in pubblico? Ha forse paura delle critiche negative? È snob? O semplicemente sa di non avere nulla da dire?

Proud to be obsolete

Il motto che accompagna il suo logo, "Proud to be obsolete", fiero di essere obsoleto, vorrebbe sottolineare il suo legame almeno concettuale con la "vecchia" pittura e forse un'ironica e poco velata critica al mondo delle installazioni, dei coup de théâtre e, come poi lui stesso ha dichiarato, ai "...pezzi di cavallo che escono dalle pareti"; ma Normoid al contrario degli antichi maestri, è criptico, difficile da intendere e contemporaneamente troppo facile e palese. Cosa ha a che vedere Normoid con i grandi dell'arte? Forse proprio il fatto che al momento sia totalmente incomprensibile cosa abbia in mente e che la lettura delle sue opere e del suo percorso artistico sia almeno a prima vista o troppo facile o impossibile? È troppo avanti? È troppo indietro? o semplicemente ci prende tutti in giro?

Il manifesto del Volumismo

Ne Il Volumismo è libertà, l'opera di Herman Normoid scritto da Stefano Liberati nel 2011, è riportato una sorta di testo poetico a firma Normoid, preso a manifesto di una serie di concetti che riducono l'artista a una rotella di un meccanismo di proposta e revisione, il Volumismo per l'appunto. Le idee in esso contenute sono interessanti ma a mio avviso sminuiscono e limitano troppo la figura dell'artista: ne fanno un artefice, un produttore di proposte poi elaborate dall'osservatore, in una serie di accadimenti lasciati al caso, all'insegna di una totale e dissennata libertà, completamente fuori dagli schemi tipici del nostro tempo, in cui un artista è artista perché sa trascinare e proporre opere dense di significato, non oggetti con schemi palesemente aperti lasciati alla mercé di un osservatore qualunque.

La mostra di Palermo

Philippe Daverio nella sua presentazione del catalogo della mostra allestita nella Cappella dell’Incoronazione di Palermo (RISO, Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia) nel dicembre del 2016 dal titolo Subconscio, definisce Normoid quale “artista girovago”: io oltre che girovago lo definirei “pittore sfuggente”, una sorta di uomo-medusa, che lascia dei segni in giro perché poi ognuno li possa interpretare come meglio crede, nella più totale libertà, con la sicurezza che chi ha creato questi messaggi visuali, lo ha fatto lasciandoli aperti a qualunque interpretazione, a qualunque rilettura.
Nello stesso catalogo è presente un testo nel quale il compianto psichiatra di Buenos Aires Carlos Barès ha cercato di mettere a nudo la sfera emotiva di questo pittore, restituendoci una sviscerante analisi psicoanalitica dei paesaggi interiori delle sue opere. Lo fa uno psichiatra! Quindi forse la mia definizione di artista sdoppiato non è totalmente sbagliata! Forse Normoid ha due o più personalità che si palesano alternativamente nel tempo? Comunque sia, il contributo di Bares è uno strumento interpretativo messo a disposizione del lettore con lo scopo di fornire una visione non didascalica delle opere e più in generale di questo “misterioso” artista.
Punto nodale della lettura che Barès fa delle opere di Normoid è la questione del subconscio, su cui il pittore poggia la ricerca alla base di questa mostra. L'esistenza del subconscio è per Normoid un fatto tanto importante quanto non scientificamente verificabile, è frutto di un'intuizione, immaginato come un complesso di impulsi, sentimenti, passioni e fantasie che rimangono fuori dal dominio della coscienza. Nelle due sale espositive vengono infatti mostrate una serie di "vedute fantastiche" e, nella cripta della chiesa, in un allestimento quasi a lume di candela, una serie di 12 volti emozionanti e allo stesso tempo inquietanti.

Conclusioni

Nonostante tutto quello che ho scritto o forse proprio per questo, ritengo che la presenza di Normoid nel panorama artistico italiano non possa che essere considerato un fatto positivo e che si possa ipotizzare che i suoi continui cambiamenti di rotta siano un segno di inquietudine artistica più che di sdoppiamento della personalità. Philippe Daverio vede Normoid “sull’orlo di una nuova sperimentazione visiva” nella quale “si forma un cosmo della fantasia dove il colore pieno, gli spessori della materia e il gesto che la modifica diventano spazio per una nuova dimensione” e forse dovremmo dare retta al grande critico e aspettare di vedere dove ci porterà Normoid con il suo prossimo passo. Quindi non mi resta che invitarvi ad andare a vedere la prossima mostra di questo artista "poco serio" nella speranza che siate voi a vedere cosa c'è al di là del precipizio oltre il quale Normoid ci vorrebbe portare.

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