Il matrimonio alchemico di Manuela Sáenz e Símon Bolívar
Una sinergia cruciale nella storia dell’America Latina
L’ultimo libro della scrittrice e saggista lucana Maddalena Celano, pubblicato dalla Casa Editrice dei Merangoli e intitolato Manuela Sáenz e Simón Bolívar– rivoluzione, passione, femminismo – Diario di Paita, epistolario e altri documenti inediti (Collana Cortili, Dicembre 2023 pp 278), prefazione di S.E. Sonia Brito Sandoval, introduzione di S.E. Teresa Susana Subieta Serrano, con i contributi di Yoselina Guevara López, Maria Consiglia Santillo e Patrizia Boi, è stato accolto con entusiasmo lo scorso 12 marzo dai Diplomatici dell’America Latina.
Alle ore 18:00 presso la Biblioteca dell’IILA-Organizzazione Internazionale Italo-Latinoamericana sita in Via Paesiello, 24, il personaggio di Manuelita è stato scelto per commemorare la Giornata Internazionale della Donna in un incontro organizzato dall’Ambasciatrice dello Stato Plurinazionale di Bolivia in Italia, S.E. Sonia Silvia Brito Sandoval, dall’Ambasciatrice della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia, S.E. María Elena Uzzo, dall’Ambasciatrice di Colombia in Italia, S. E. Ligia Margarita Quessep Bitar, in collaborazione con l’IILA, rappresentata dal Segretario Culturale, S.E. Jaime Nualart (ex Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario del Messico presso il Regno di Thailandia, la Repubblica dell’India e l’Egitto).
L’eroina ecuadoriana Manuela Sáenz Aizpuru (Quito, 27 dicembre 1797 – Paita, 23 novembre 1856) è famosa per essere stata compagna di Simón Bolívar (Caracas, 24 luglio 1783 – Santa Marta, 17 dicembre 1830) fino alla morte del Libertador, insignito di questo titolo onorifico per aver conquistato l’indipendenza di Bolivia, Colombia, Perù, Ecuador, Panama e Venezuela. Considerato il personaggio più importante della storia americana, è stato Fondatore e Presidente di Bolivia e della Grande Colombia. Ma è la sua Manuelita ad averlo spinto alla creazione di un nuovo Stato sotto il nome simbolico di Bolívar come laboratorio sociale per un progetto di sovranità, giustizia, e inclusione: in una lettera d’amore a Bolívar la Sáenz paragona il nuovo Stato a una figlia «…io vedrò la nascita di una figlia che conserverà nell’eternità il mio tributo di riconoscimento per voi, in gestazione tra i nove mesi che sono trascorsi dal trionfo di Ayacucho e il primo anniversario di Junín».
Il personaggio di Manuela Sáenz è importante perché – a differenza della lettura che tradizionalmente è diffusa – non fu solo “secondaria” a Bolívar, ma divenne una collaboratrice così fondamentale che il loro pensiero fu capace di condizionarsi reciprocamente in una sinergia i cui esiti hanno avuto un impatto cruciale sulla storia d’America Latina fino ai nostri giorni.
In realtà la nostra coraggiosa “mujer” si era resa protagonista di azioni eroiche già prima di conoscerlo: infatti, come afferma nella Prefazione del libro S.E. Sonia Silvia Brito Sandoval «La Generalessa e Colonnella Manuela Sáenz Aizpuru, meglio conosciuta come Manuelita o Libertadora del Libertador, si confrontò con il sistema patriarcale e coloniale di quei tempi, scandalizzando la società cattolica meticcia creola, per occupare ruoli vietati alle donne in molti ambiti, e infrangendo gli stereotipi relazionali di genere nella società creola. Una donna d’altri tempi, guerriera indomabile, fedele ai suoi ideali libertari, che ha affrontato non solo la forza della corona spagnola, ma anche la durezza di una società dominata da pregiudizi sessisti. Questa donna ribelle scelse di fare parte dell’esercito indipendentista come soldatessa, svolgendo compiti sul campo di battaglia, nello spionaggio, nella cura e nell’attenzione verso i malati e i feriti».
Inoltre, come sostiene nell’Introduzione all’opera S.E. Teresa Susana Subieta Serrano, Ambasciatrice dello Stato Plurinazionale della Bolivia presso la Santa Sede, «Manuelita, donna coraggiosa e colta, accolse nel profondo delle sue viscere il significato immenso della libertà, della giustizia, della lealtà, dell’uguaglianza e dei valori che non erano riconosciuti al popolo, tanto meno alle donne soggiogate. Rappresentava anche, all’interno della società politica e militare del tempo, la voce delle donne dei paesi natii alle quali era stato impedito di parlare, leggere e scrivere. Interpretava il pensiero di coloro che venivano discriminati dalla monarchia spagnola per il semplice fatto di essere indigeni e donne, riducendo queste persone a essere schiave, domestiche o generatrici di prole. Incarnava la sete di libertà di coloro che offrirono la vita ai tempi della colonia ispanica, quando si ribellarono al dominio».
Insomma una figura emblematica sempre pronta a battersi per la difesa dei più deboli, paladina di tutte le donne della ‘Latinoamerica’.
Nella prima parte dell’incontro, moderato da S.E. Jaime Nualart, S.E. Sonia Silvia Brito Sandoval ha analizzato gli aspetti storico-politici legati al personaggio di Manuelita e soprattutto il connubio politico-militare realizzato dalla nostra eroina col Libertador, mentre S.E. Ligia Margarita Quessep Bitar ha posto in risalto il ruolo di Bolívar nella rottura degli schemi della società patriarcale e il coraggio di trattare la donna alla pari anche in campo militare. Infine S.E. María Elena Uzzo, ha messo in rilievo la valorizzazione del personaggio fatta dal Venezuela attraverso la dedica di statue, piazze, strade, nonché mediante la deposizione dei suoi resti simbolici (un cofanetto con della terra della casa di Manuela a Paita), nel Pantheon Nazionale di Caracas, accanto alla tomba di Simón Bolívar. S.E. Uzzo ha informato il numeroso pubblico presente in sala della recente nascita del Movimiento Manuelita Sáenz, fondato da Eliana Salazar, un collettivo femminista sorto per tutelare i diritti delle donne nell’ambito del Ministerio del Poder Popular para el Transporte (MPPT) del Governo Bolivariano in Venezuela.
Nella seconda parte della presentazione la curatrice e traduttrice Maddalena Celano, guidata dalle stimolanti domande del giornalista Gabriele Germani, ha toccato temi cruciali come il ruolo delle donne nella lotta per l’indipendenza, la relazione tra la nostra eroina e il Libertador, l’eredità di entrambi nella storia contemporanea dell’America Latina.
L’opera della Celano, oltre agli ultimi frammenti del diario di Manuela relativi agli avvenimenti del 1822, anno in cui conobbe Bolívar, racconta la loro appassionata e tormentata relazione attraverso un assiduo scambio di lettere d’amore, un epistolario che dal 1822 prosegue fino al 1827.
Il volume, curato con passione dal Direttore della casa editrice deiMerangoli Claudia Bisceglia e dal suo Presidente Luciana Luciani, ha offerto l’occasione per mostrare ai presenti anche un altro aspetto della relazione tra Manuelita e Simón, quello più umano legato all’amore sbocciato tra i due, che affiora nelle parole di Manuelita relative al loro primo incontro tratte dal suo Diario Personale, il 19 Giugno 1822 (pag.52):
«Mentre si avvicinava al nostro balcone, ho preso la corona di rose e rametti di alloro e l’ho lanciata per farla cadere davanti al cavallo di S.E., ma con una tale fortuna che è atterrata, con tutta la forza della caduta, sul cappotto, proprio sul petto di S.E.. Sono arrossita di vergogna, perché il Libertador ha alzato gli occhi e mi ha scoperto ancora con le braccia tese per un simile gesto. Ma S.E. ha sorriso e mi ha salutato con il cappello da parata che aveva in mano, e proprio questo ha provocato l’invidia di tutti, parenti e amici, e per il delirio e la gioia che S.E. mi aveva distinta da tutti gli altri, quasi svenni».
Le lettere sono uno scambio di informazioni, idee, progetti, strategie militari e politiche, ma sono permeate dalla purezza di gesti e parole d’amore. La loro relazione è fatta di attese e solitudini, di desideri e promesse, di incontri fugaci e di passioni intense. I due eroi si fanno umani, si confessano, piangono, ridono, sono tristi e felici, esattamente come persone comuni, ma nella loro reciproca stima, fiducia, condivisione di intenti, la scrittura si eleva toccando i cieli del sacro e gli spazi stellari e incommensurabili di un matrimonio alchemico. La sostanza delle loro anime viaggia tra la barriera del mondo visibile e di quello invisibile, incatenate da disegni abbozzati da una mano divina, che tesse destini intrecciati tra la vita e la morte, nella gioia e nel dolore, uno sposalizio di spiriti liberi, senza necessità di contratti formali, priva di limiti convenzionali.
Stavolta è il Libertador che scrive a Manuelita dalla Sede centrale di Lea, il 21 aprile del 1825 (pag. 110):
«Mia adorata Manuelita,
sono accompagnato dalla vicinanza dei vostri ricordi più piacevoli (…) tutto è offuscato dal ricordo della vostra immagine come una bellissima vestale, che è la causa di questa lotta interna fra il mio cuore e i miei doveri: la disciplina, il mio lavoro intellettuale e l’amore. Voi non sapete, mia Manuela, quanto questo cuore vecchio e stanco aneli a voi, nel fervido desiderio che la vostra presenza lo ringiovanisca e lo faccia battere di nuovo al ritmo di un cuore sano! (…) I miei sentimenti si gonfiano insieme ai miei desideri, al pensiero di voi e di tutta l’estasi del vostro spirito impareggiabile, oltre che del vostro incanto femminile (…)
Vostro nell’anima, Bolívar».
Talvolta Manuela si fa materna come in questa lettera da Chuquisaca, 23 gennaio 1826 (pag. 134):
«Al Generale Simón Bolívar
Mio caro signore, Amore mio, com’è andato il viaggio? Vi ho fatto mettere in tasca dei panini, li avete mangiati? Erano una sorpresa per dimostrarvi quanto vi amo, affinché voi pensaste a me come io penso a voi. Divertitevi e ricordatevi sempre di me.
Dal vostro amore disperato per il mio unico uomo
Manuela».
Ma ci sono anche delle missive dove Manuelita si preoccupa per l’incolumità personale del Libertador come quella scritta a Bogotá, 1 agosto 1828 (pag. 158):
«Al Generale Simón Bolívar
Mio signore, vi prego, per il bene di tutto ciò che amate in questo mondo (che non sono io), di non partecipare a questo ballo in maschera; non perché siete obbligato a obbedirmi, ma per la vostra sicurezza personale, che io ho molto a cuore, della quale non si occupano né i vostri generali né la Guardia. Desistete, per l’amor di Dio! Da questo invito, di cui non sono stata resa partecipe, e per questo farò ciò che devo fare, per ottenere la vostra rinuncia.
Voi sapete che vi amo e che ho paura di qualcosa di brutto.
Manuela».
Ricordiamo infatti che Sáenz ha più volte sventato degli attentati contro Bolívar.
Ci sono inoltre lettere dove emerge il grande amore per la Natura della nostra eroina, capace di osservare il mondo con occhi infantili, come fanno i poeti, come fanno i cuori ancora capaci di immaginare gioia e bellezza, letture che sono state affidate nelle presentazioni della Celano alla Poetessa Ecuadoriana di fama internazionale Verónica Paredes, anche in questa occasione presente alla manifestazione.
Stavolta, invece, è stata la splendida artista cubana Olga Lidia Priel Herrera (cantante, ballerina e attivista per i diritti dei migranti) a recitare una poesia di Pablo Neruda dedicata alla nostra Manuela.
Tra i diplomatici era presente in sala S.E. Teresa Subieta Serrano, S.E. Monica Robelo Raffone, Ambasciatrice del Nicaragua, S.E. Mariano Jiménez Talavera, Ambasciatore dell’Honduras e naturalmente – non poteva mancare in un incontro dedicato a due spiriti rivoluzionari – S.E. Mirta Grande Averhoff, Ambasciatrice di Cuba.
La manifestazione era colma di quello spirito entusiasta che pervadeva la città di Quito prima che il Libertador facesse il suo ingresso trionfale, sempre descritto da Manuelita nel suo Diario Personale il 19 Giugno 1822 (pag. 48):
«La città è vestita a festa, la gente corre dappertutto, gli indios che portano gli ordini hanno una gran fretta. La gente decora le strade con archi di bambù, rami di alloro e fiori, mettendoli agli angoli e ai balconi (…) Il Libertador e Presidente è salito su un bellissimo cavallo bianco, che è stato bardato con la sella e i finimenti più preziosi che si potessero trovare in queste terre. (…) Da tutti i balconi, al loro passaggio, piovevano petali di rose, fiori e mazzi di fiori a formare un tappeto profumato e colorato, che rendeva più affascinante il baccano e l’accoglienza…».
Sì, quell’accoglienza di Popoli Fratelli, delle Donne e delle Madri, dei Latinoamericani che hanno partecipato a questo interessante incontro!
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