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Roma, Roma, Italy
Scrittrice di romanzi, racconti, fiabe, favole e storie per l'infanzia. Autrice del romanzo "Donne allo specchio" Mef Firenze, della raccolta di Fiabe "Storie di Magia" Happy Art Edizioni Milano, del volume LegenΔe di Piante - Nostra Protezione ed equilibrio in terra (una raccolta di 12 leggende sulle piante ambientate nei dodici mesi dell’anno) pubblicato a puntate nel 2014 su Wall Street International Magazine.Nel giugno 2017 ha pubblicato per la Collana I Cortili della Casa Editrice dei Merangoli, il Saggio Ingegneria Elevato n - Ingegneria del Futuro o Futuro dell’Ingegneria?, scritto a quattro mani con suo fratello Maurizio Boi, con 150 Immagini Colore/BN del fotografo Sergio Pessolano.

giovedì 3 aprile 2014

Aprile: Il Faggio

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WSI
Martedì, 1 Aprile 2014

REPORT - Italy, Benessere

LegenΔe di Piante. Il Faggio

L'appuntamento di Aprile

LegenΔe di Piante. Il Faggio

Il Faggio, a cura di Lucia Berrettari
Il Faggio ci insegna ad essere liberi, ad andare oltre le limitazioni delle nostre idee e delle nostre credenze. Ci insegna ad aprirci agli altri, ad accoglierli, ma anche a rispettare noi stessi e i nostri confini. Il Faggio ci fa guardare indietro alle nostre radici e poi ci chiede di alzare gli occhi al cielo e volare verso la nostra vita, verso la nostra storia, finalmente liberi.

Il Faggio (Fagus Sylvatica), a cura di Lidia Costa
Il Faggio raggiunge altezze anche di 40 metri. La sua vita è generalmente di 300 anni, anche se può raggiungere i 500 anni. Ha una grande chioma sferica se si trova solitario, in Faggeta la chioma è ovale, più piccola e tende verso l'alto. Le Faggete sono suggestive per la forma dei tronchi e per le chiome verdissime che lasciano filtrare pochi raggi solari. La poca luce mette in mostra il colore pallido della corteccia macchiato da chiazze di muschi. In autunno, quando le fronde si colorano, si vedono le gradazioni del giallo e del rosso. Nei boschi misti, il Faggio si mescola con Tigli, Tassi, Aceri e a oltre 1600 metri di altitudine, con Abeti Bianchi. Il tronco diritto, di diametro largo, cilindrico da giovane, largamente scanalato da vecchio, ha la corteccia sottile, liscia e lucente, color grigio cinerino. Le foglie sono allungate, sottili, intere, con il bordo leggermente dentato. Le foglioline sono rivestite da leggerissimi peli, che le proteggono dal sole e dalla notte. I fiori sono di due tipi: i fiori maschili sono tondeggianti mentre quelli femminili sono circondati da un involucro, le cui squame sono carnose e pelose. L'involucro possiede aculei e avvolge il frutto maturo. I frutti secchi sono noci, racchiuse (a coppie) in un involucro legnoso munito di aculei. Il legno di Faggio, omogeneo e pesante, privo di elasticità ma resistente, inizialmente di colore bianco o, col tempo, rossastro, è ottimo per lavori di tornitura e mobileria, ed era un tempo utilizzato per le traversine ferroviarie e come ottimo combustibile. Usato per molti strumenti musicali (violini, pianoforti), la sua resistenza a scheggiarsi lo rendeva il materiale ideale per fabbricare i calci dei fucili.

Simbologia e leggenda 
Come tantissime altre piante, il Faggio è stato sempre accostato dai popoli antichi a miti e leggende. Ad esso sono stati attribuiti anche poteri magici e per questo è stato oggetto di culto. Il Faggio aumenta le possibilità di riuscita di un desiderio e, se portato addosso con ciondoli o braccialetti, aiuta gli artisti stimolandone la fantasia e la creatività. Per realizzare un desiderio si prende un rametto di Faggio e vi s’intaglia sopra un simbolo qualsiasi, poi si seppellisce ai piedi della pianta da cui è stato staccato. Nel giro di un ciclo lunare il desiderio dovrebbe avverarsi. Il Faggio è utilizzato negli incantesimi per aumentare la pazienza, risolvere malumori e incomprensioni all’interno di un nucleo familiare, ma anche per ricreare il dialogo tra due persone. Nella foresta di Verzy in Francia, la presenza di alcuni Faggi, per la loro conformazione, inquietava il popolo, convinto di avere a che fare con creature mostruose. In Lussemburgo si pensava che il Faggio fosse una pianta protetta dagli dei e quindi non poteva essere distrutta neanche dal fulmine. Narra una leggenda che una notte un contadino udì un frusciare di fogliame e riconobbe dal bianco argento della corteccia che quel fruscio era prodotto da due Faggi. Incuriosito ascoltò con attenzione fino a quando percepì il sussurro di due voci umane e s’accorse che erano quelle dei suoi genitori che si lamentavano per il freddo. Conversando con loro, seppe che stavano scontando una penitenza grave perché in vita si erano dimostrati poco caritatevoli con i poveri. Il giorno seguente il contadino e la moglie fecero un'offerta per i bisognosi chiedendo che fossero celebrate due messe in chiesa. Da allora i due Faggi non si lamentarono più.

Proprietà fitoterapiche 
Fagus deriva dal greco “faghein”, “mangiare”: infatti, i frutti del Faggio, detti “faggiole”, anche se non hanno un buon sapore, sono commestibili e nel corso della storia sono stati spesso usati come cibo per i maiali. Se privati del pericarpo velenoso, si consumano arrostiti come le castagne, nocciole o mandorle, tostati sono un surrogato del caffè. Ne sono ghiotti: scoiattoli, piccioni, fagiani, cinghiali. L'olio dolciastro che si estrae dai semi è usato come condimento. Un tempo era utilizzato come combustibile, mentre le foglie sono anche usate come foraggio. Dal suo legno si ricava una sostanza medicinale, il creosoto, utile nelle affezioni polmonari per le sue proprietà balsamiche ed espettoranti: il suo uso non è consigliabile, però, senza una profonda esperienza farmaceutica. In erboristeria la droga del Faggio è costituita dalla corteccia, dotata di proprietà astringenti e febbrifughe utili specialmente nel caso di febbri intermittenti. Il carbone che si ottiene dal suo legno ha proprietà antiacide e assorbenti delle tossine intestinali. Recentemente la Fitoterapia rinnovata ha scoperto che i germogli di Fagus Sylvatica stimolano la diuresi e la funzionalità renale, indicandola nella ritenzione idrica e nelle forme di obesità. Il Fagusinoltre stimola le difese organiche, abbassa il colesterolo e attiva le cellule di Kupffer del fegato.
Gemme: allergie, insufficienza renale, ritenzione, edemi.
Semi: renella, calcoli renali.
Scorza giovane ramo: febbre, dolori muscolari e articolari.
Giovani radici: affezioni alle prime vie respiratorie, tosse, bronchite.

I Rimedi di Lidia 
Filofago 
Rimedio efficace come dimagrante:
- MG Fagus Gemme
- MG Betula Linfa

Fagosse 

Rimedio efficace contro la tosse:
- MG Fagus Radice
- MG Rosa Canina
- MG Viburno Lantana 

Per maggiori informazioni:
www.luciaberrettari.it
www.ilquarzorosa.org/operatori/lidia-costa/ 

Leggi anche: Il lamento nella Faggeta

Il prossimo appuntamento è per l'1 Maggio con la Sequoia.
Pubblicato: Martedì, 1 Aprile 2014
Articolo di:  Patrizia Boi

LegenΔe di Piante. Il FaggioLegenΔe di Piante. Il FaggioLegenΔe di Piante. Il Faggio
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martedì 1 aprile 2014

Storie del Signor G... 10 anni dopo. E pensare che c'era il pensiero di Luca Martella il 12 aprile prossimo alle ore 20,30 presso l'Auditorium del Liceo Vito Volterra a Ciampino

Storie del Signor G... 10 anni dopo. E pensare che c'era il pensiero

CIAMPINO AUDITORIUM VOLTERRA

IL 12 aprile 2014  ALLE 20,30

PROMOSSO E ORGANIZZATO DAL PRESIDENTE DEL

CENTRO UMANISTICO DI SOLIDARIETA' DI CIAMPINO

CON LA COLLABORAZIONE DI:

DOPOLAVORO FERROVIARIO ROMA

CENTRO SPORTIVO ITALIANO PROVINCIA ROMA

LegenΔe di Piante. Il lamento nella faggeta

http://www.wsimagazine.com/it/diaries/report/cultura/legene-di-piante-il-lamento-nella-faggeta_20140401092844.html#.Uzsc6Pl_s_Y

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Martedì, 1 Aprile 2014

REPORT - Italy, Cultura

LegenΔe di Piante. Il lamento nella Faggeta

L'appuntamento di Aprile

LegenΔe di Piante. Il lamento nella Faggeta

 In una Faggeta fitta e scura vivevano due Faggi straordinari, così antichi che si credeva fossero vissuti sempre lì. Dominavano su tutta l’area forestale con i loro rami elegantemente rivolti al cielo e il fusto eretto come una colonna. Si poteva immaginare fossero le colonne portanti di una cattedrale gotica, un rifugio per anime in cerca dell’essenza di Dio. Avevano una forza enorme perché sapevano assorbire e utilizzare l’energia del sole. Le loro foglie, disposte su un piano per captare quanta più luce possibile, facevano passare verso il suolo pochissimi raggi.

Questi due esemplari di Faggio gettavano un’ombra molto fitta, talmente densa da impedire che altre specie crescessero nel sottobosco. Non che volessero essere signori incontrastati del bosco, ma sentivano la missione d’accogliere nella penombra delle loro chiome i viandanti solitari e bisognosi di intimità. Diritti e imponenti, con belle capigliature fitte e regolari, esprimevano un’idea di forza e solidità, affascinando il bosco con la loro dignità, con il loro divino dare protezione ai compagni Abeti Bianchi, ai Tigli, Tassi e Aceri che convivevano nel loro ambiente. Eppure anch’essi emettevano un lamento, un gemito sommesso impercettibile nelle ore più luminose, un pianto che s’innalzava nel silenzio della notte quando i viandanti si tenevano lontani dal buio cupo della foresta. Vi doveva essere nei corpi di queste piante monumentali un oscuro dolore, una sofferenza antica e celata dietro al loro splendido portamento, ai loro meravigliosi colori, alla struttura imponente, alla forte personalità. Tutta questa bellezza esaltata dai rami allungati e sottili come morbide braccia di gentili signore, dalle foglie ovali e appuntite che brillavano nella bella stagione come il sorriso delle vergini, dai tronchi lisci e affusolati ricoperti delle macchie biancastre e misteriose dei licheni, nascondeva un’arcana inquietudine che talvolta riempiva di tristezza l’intera Faggeta.

Il lamento dei due Faggi sembrava affievolirsi in primavera, quando il verde chiaro e scuro delle foglie creava una barriera ai raggi solari che filtravano tra i radi spazi dando la suggestione delle nebbie mattutine. In estate questo gemito scompariva allorché il fresco ombreggiamento delle piante attraeva scoiattoli e volpi, fagiani e piccioni che annusavano il profumo dei fiori attendendosi gustose faggiole. E tornava timidamente a farsi udire il pianto in autunno quando i frutti bruni e lucenti spuntavano dal loro involucro legnoso e spinoso come la veste di una castagna. Si intensificava il guaito quando i boscaioli giungevano a raccogliere legni che sarebbero serviti nella fabbricazione di mobili, pannelli, giocattoli e ciotole, rastrelli, mangiatoie e recipienti per il latte. Ed esplodeva il piagnucolio nelle lugubri giornate d’inverno quando i rami spogli confondevano gli animi dei viandanti con i loro sinistri intrecci.

L’aspetto dei Faggi mutava di stagione in stagione, affascinante in ogni momento, per la loro tipica struttura se erano spogli, per il verde tenerissimo delle foglie se si rigeneravano, per tutta la loro imponenza in piena calura estiva, ma soprattutto per il loro fogliame autunnale se assumeva tutti i luminosi toni del giallo, del rosso, dell’ocra e della terra di Siena. Tuttavia nessuno avrebbe mai conosciuto la verità se non fosse passata una sera per quella via un’orfanella coraggiosa. Mentre rincorreva un delizioso volpino rosso che scomparve al crepuscolo nella sua tana, la piccola Neilla si trovò all’improvviso di fronte a queste due splendide creature vegetali. Il disco di fuoco era già calato dietro le montagne e ancora per pochi istanti un filo di luce faceva capolino tra le teste rosse delle piante.

Il rosseggiare dell’autunno non rendeva meno spaventoso il calare delle tenebre in quel cielo velato di tristezza e di struggimento. Neilla si trovò da sola ai piedi dei due enormi Faggi, nel silenzio assordante del buio, e subito percepì un’immensa pena che ingigantì la sua solitudine. Al buio assoluto quella mole ingombrante di dolore la attraeva, come se nascondesse un segreto che la riguardava. Invece di fuggire o cercare aiuto affrontò tutta la sua paura e, accarezzando i tronchi della pianta più vicina, domandò: “Perché piangete così forte o creature del mistero? Avete una voce familiare, un suono che si fa dolce alle mie orecchie. Lasciatevi guardare bene in faccia affinché io possa osservare la vostra anima”.
In quel momento cominciò a sorgere una pittoresca luna rossa che pian piano creò un tenue chiarore. Neilla poté così vedere quei corpi avvolti nella nebbia della notte come grandi fantasmi imprigionati nei rami del tempo. Dal tronco che accarezzava uscì un velo luminoso, un volto di donna splendente come un raggio di luna.

Neilla chiese con curiosità: “Perché mi somigli così tanto? Mi sveli il segreto della mia famiglia?”. In quel momento dall’altra pianta si staccò un velo più scuro, una chioma di capelli canuti, un volto maschile nell’argentea luce tra le tenebre e parlò così: “Noi siamo i tuoi antenati, i primi nonni della stirpe, imprigionati in queste piante per scontare la nostra pena. Eravamo ricchi e fortunati, avevamo una grande famiglia, possedimenti, terre e tanta felicità. Un giorno ci chiesero d’aiutare i bimbi di un orfanotrofio, ma noi abbiamo pensato solo al nostro bene. Uno spaventoso incendio uccise quei bambini e su di noi ricadde una maledizione che pietrificò le nostre anime in un grande egoismo. Per secoli abbiamo protetto le altre piante, abbiamo dovuto sopportare la sfortuna che ha colpito i nostri discendenti, ma non potevamo che lamentarci in silenzio. Solo un’orfanella della nostra stirpe avrebbe potuto sciogliere l’incantesimo. Cara Neilla hai liberato le nostre anime, la maledizione che incombe sulla nostra famiglia ora svanirà”.

I due antenati improvvisamente divennero luce intensa e salirono in alto in alto salutando la piccola fino a scomparire tra le altre luci dell’universo.
Neilla si ritrovò nella Faggeta sotto i Faggi al chiarore della luna che penetrò vivamente a scaldare lo spazio sotto le chiome che cingevano quel lembo di bosco. La bimba ebbe la sensazione d’essere adottata da quella stretta generosa e gioiosa. Non sentì il freddo della notte e la mattina, quando la luce della luna svanì, un sole luminoso e caldo sorse nella sua vita mostrandole la via per raggiungere la tana del volpino. Da quel momento Neilla e la volpe rossa sono rimasti sempre insieme e vagano per la foresta trovando ogni notte un caldo e accogliente abbraccio.

Nella Faggeta è cessato il lamento
ogni animale ride contento
Aceri e Tigli sono radiosi
gli Abeti Bianchi sembrano sposi.


Se un’orfanella si sente sola
chiede un aiuto e qualche parola
ma se poi conta sul suo volpino
tutti i traguardi le sono vicino. 

Leggi anche: Il Faggio

Il prossimo appuntamento è per l'1 Maggio con la Sequoia.
Pubblicato: Martedì, 1 Aprile 2014
Articolo di:  Patrizia Boi

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lunedì 31 marzo 2014

Spettacolo al Teatro Golden di Roma


Molto ruggito per nulla 2



di Maria Teresa Protto



Domenica 30 marzo, al Teatro Golden di Roma, ritorna lo spettacolo Molto ruggito per nulla 2, interpretato da due dei protagonisti della nota trasmissione telefonica Il ruggito del coniglio, Giancarlo attore Ratti ed il tenore Francesco Love Love Love Giannelli.

Sulla scia della precedente “serata a sorpresa” dello scorso anno, anche stavolta ci aspetta uno spettacolo divertente, dove si alterneranno gli esilaranti sketches di Giancarlo Ratti con i suoi tanti folli personaggi come l’oste, suo fratello il serissimo Gianvittorio Ratti, il presentatore di “moderni materassi”, il maestro di “danza”, e i brani classici reinterpretati dal tenore Francesco Giannelli, come la famosa Granata  trasformata in Gramigna.

Sicuramente la fortunata trasmissione radiofonica di Antonello Dose e Marco Presta, in onda dal 2 ottobre 1995 e che da una breve striscia satirica settimanale di 15 minuti è divenuta una delle rubriche su Radio 2 più seguite –  ora va in onda dal lunedì al venerdì per più di due ore –, ha contribuito alla fama dell’attore Giancarlo Ratti e del Maestro del Teatro dell’Opera di Roma Francesco Giannelli.

Giancarlo Ratti, di Rovereto ma ormai trapiantato a Roma, è attore di teatro, di cinema e di televisione: il suo primo ruolo cinematografico è nel film  del 2008 Colpo d’occhio di Sergio Rubini; lo ricordiamo in teatro con varie commedie brillanti come La casa di famiglia e Amleto contro la pantera rosa e in varie fiction di cui forse quello che lo ha reso più famoso al pubblico è con il personaggio di Antonio Barilon nei Cesaroni.

Ma è dal 2004 che con  Il  ruggito del coniglio comincia a divertire i radioascoltatori con i divertenti personaggi come il sergente maggiore di Full Metal Ratti o il profiler di Kriminal Ratti oppure con le rubriche di Ratti cinema,  Ratt iLeaks e Ratti 3000.

Francesco Giannelli è nato a Roma, città in cui da sempre vive e lavora: fin da bambino ha studiato musica, canto e chitarra ed è entrato negli anni Ottanta a far parte della celebre Scuola Popolare di Musica di Testaccio.

Si è esibito con un gruppo guidato dal trombonista Danilo Terenzi ad Umbria Jazz e poi è approdato alla lirica come tenore  lavorando in molti teatri lirici fino ad arrivare nel 1997 nel  coro del Teatro dell’Opera di Roma. Per ultima, la sua esilarante collaborazione con Il ruggito del coniglio dove mette la sua arte "tenorile" a disposizione della fantasia illimitata dei conduttori, Presta e Dose.

Suo l’album Occhi, in cui, attraverso le canzoni da lui più amate di autori come i Beatles, Bill Evans e Sting, si ritrova con una sensibilità nuova ad interpretare brani della sua vecchia e sempre grande passione, il jazz.

 

30 marzo 2014
Giancarlo Ratti Francesco Giannelli
in 
MOLTO RUGGITO PER NULLA
di: Giancarlo Ratti
 
produzione: 
  Angelo Longoni
 
Biglietti
Programmazione
Sala: (314 posti)
Intero: € 14,00
+ € 2,00 di prevendita
Ridotto: € 12,00
+ € 2,00 di prevendita
30/03/2014
 
Via Taranto, 36
Roma, RM 00182
Tel.: 06 70493826
info@teatrogolden.it
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