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Roma, Roma, Italy
Scrittrice di romanzi, racconti, fiabe, favole e storie per l'infanzia. Autrice del romanzo "Donne allo specchio" Mef Firenze, della raccolta di Fiabe "Storie di Magia" Happy Art Edizioni Milano, del volume LegenΔe di Piante - Nostra Protezione ed equilibrio in terra (una raccolta di 12 leggende sulle piante ambientate nei dodici mesi dell’anno) pubblicato a puntate nel 2014 su Wall Street International Magazine.Nel giugno 2017 ha pubblicato per la Collana I Cortili della Casa Editrice dei Merangoli, il Saggio Ingegneria Elevato n - Ingegneria del Futuro o Futuro dell’Ingegneria?, scritto a quattro mani con suo fratello Maurizio Boi, con 150 Immagini Colore/BN del fotografo Sergio Pessolano.

venerdì 7 settembre 2018

Germano Mazzocchetti, una vita trascorsa a comporre musica


https://wsimag.com/it/spettacoli/42566-musiche-in-scena

Musiche in Scena

Intervista a Germano Mazzocchetti

5 SETTEMBRE 2018, 
Germano Mazzocchetti
Non tutti sanno che «ogni suono in realtà rappresenta una forma geometrica precisa, una sorta di mandala che combacia con le antiche rappresentazioni delle culture ancestrali». Il fisico tedesco Ernst Chladni (XVIII secolo), infatti, ha sperimentato che ogni vibrazione prodotta su una membrana può essere visualizzata (figure di Chladni).
E probabilmente il Maestro Germano Mazzocchetti - musicista, compositore di musiche per teatro, nella creazione delle sue musiche di scena -, deve aver visto, attraverso l’occhio magico del suo intuito, la forma segreta dei suoni e il loro immenso potere. Ha realizzato, infatti, musiche per oltre 170 spettacoli collaborando con i più grandi registi teatrali italiani, esprimendo, con la sua musica, una grande ricchezza di linguaggi, ogni volta con lo stile più appropriato, lasciandosi trascinare dall’ironia e dal gioco, dalla personalità degli attori, dalle emozioni espresse dai protagonisti della storia stessa: gioia, ansia, terrore, oppure leggerezza, comicità e ironia. Il Maestro ha composto anche colonne sonore per il cinema e la televisione, nonché pubblicato dischi.
La Creazione dell’Universo si è compiuta grazie a un suono primordiale misterioso e ineffabile, come si genera, invece, ogni tua composizione?
La musica di scena non deve rispondere solo ad esigenze musicali, ma anche a necessità teatrali, del regista, degli attori; non nasce da sola come quando si scrive un pezzo di musica cosiddetta ‘assoluta’, ossia non veicolata da un’immagine o da un testo. Quando si scrive musica per spettacoli teatrali bisogna conoscere l’idea registica, perché il regista è il referente di tutti i collaboratori dello spettacolo, dello scenografo, del costumista, del musicista e del light designer, oltre che, ovviamente, degli attori. La musica di scena va sempre rapportata agli altri linguaggi che compongono lo spettacolo nella sua interezza.
Il tuo disco, Testasghemba, è ispirato ad un calzolaio del tuo paese natale. Sghembo significa storto, strambo, ma anche trasversale, ha voluto dare questo senso?
Un’espressione gergale che circola tra i musicisti definisce “storto” un pezzo che ha una metrica poco consueta o variabile. Quando ho scritto questo pezzo, che era appunto “storto”, mi è tornata alla memoria la testa storta del mio compaesano (che era all’origine del suo soprannome), morto quando avevo circa 10 anni, che mi aveva molto colpito nell’infanzia.
Sei nato in un borgo vicino Pescara, Città Sant’Angelo, come ha influito questa cittadina nella tua formazione?
Soprattutto per lo strumento che ho studiato, la fisarmonica. È uno strumento che negli anni '50 e '60 veniva usato per suonare quasi esclusivamente musica folkloristica. Nel mio paese c’era all’epoca solo una scuola di fisarmonica. I miei, notando una mia propensione per la musica, volevano che io la studiassi. Avrebbero in realtà preferito il pianoforte – visto che già strimpellavo un vecchio piano di mio nonno –, ma poiché avevo solo 6 anni si sentirono rispondere che ero troppo piccolo per studiare pianoforte e allora mi iscrissero subito al corso di fisarmonica.
I tuoi Maestri sono stati Fiorenzo Carpi e Antonio Calenda, cosa ti ha insegnato l’uno e cosa devi all’altro?
Fiorenzo Carpi è stato il mio Maestro virtuale, nel senso che è il musicista a cui mi sono sempre riferito nella mia carriera. Peraltro, l’ho conosciuto tardi, nei suoi ultimi 5 o 6 anni di vita. Ascoltare le sue musiche mi ha sempre colpito molto, sin da piccolo. Anche in RAI, nella Canzonissima di Dario Fo e Franca Rame, le musiche di Fiorenzo Carpi avevano un altro respiro rispetto a quelle degli altri musicisti, pur bravissimi, che scrivevano per i varietà o per i romanzi sceneggiati. L’ho sempre seguito, lo ritengo, appunto, il mio Maestro. Non saprei dire però se il mio stile (ammesso che io ne abbia uno) sia accostabile al suo. Ad Antonio Calenda devo, invece, il mestiere che faccio. Ci conoscemmo casualmente nel '77: gli dissero che in un paesetto abruzzese c’era un giovane che scriveva musiche per il teatro. All’epoca le componevo per un gruppo di amici che facevano teatro amatoriale. Calenda seppe che suonavo la fisarmonica e mi volle sentire. Stava per mettere in scena uno spettacolo - la Rappresentazione della Passione, sulla Passione di Cristo - e mi chiese di collaborare come fisarmonicista, ma anche di scrivere le musiche originali, che erano accostate ad altre di repertorio. Quello spettacolo si rappresentava nelle chiese e nasceva per fare poche repliche, invece ebbe un grande successo e lo portammo anche in diversi festival all’estero. Da lì nacque la nostra collaborazione. L’incontro con Calenda è stato la mia fortuna, gli devo di essere riuscito a fare il mestiere che volevo.
Nel misticismo Sufi si parla di una vita silenziosa chiamata Zàt, dalla quale il Tutto si origina sotto forma di vibrazioni, mentre il tuo ultimo disco As Soon As Possible, fa riferimento alla fretta. È questo il messaggio?
Il cd si chiama ASAP, acronimo di As Soon As Possible, perché il brano che dà il titolo al disco è un pezzo con un tempo molto veloce, particolarmente virtuosistico. Non c’è mai nulla di esoterico in quello che penso o che scrivo, da artigiano della musica mi attengo a considerazioni molto più pragmatiche.
Hai composto musiche per vari generi teatrali, dal varietà alla musica popolare, alla commedia musicale, fino ai classici del teatro greco, del Novecento e contemporanei, una vita in musica, avresti potuto fare qualcos’altro?
Penso proprio di no. Sono riuscito, come ho già detto, a fare proprio quello che volevo, cioè scrivere musica, e scriverla per teatro. Alla fine degli anni Settanta era ancora possibile riuscire a inserirsi nel mondo del lavoro, qualunque esso fosse. Oggi è molto più difficile. Calenda mi ha dato la possibilità di farlo. Chissà quante altre persone non hanno mai incontrato chi le ha messe in condizione di provarci.
La prima volta che ho visto il Time Jazz di Paolo Fresu è stato per la fisarmonica di Richard Galliano. Quanto è importante per te la fisarmonica?
Amo molto Galliano, grande musicista, mi piace molto anche la sua collaborazione con Fresu, credo che sia una delle cose migliori del jazz di questi ultimi anni. Io però suono la fisarmonica da compositore, sono uno che esegue quello che ha scritto, senza l’ambizione di essere un virtuoso della fisarmonica, cosa che, infatti, non sono.
La nascita del Germano Mazzocchetti Ensemble, che cita vari linguaggi, dalla Classica al Jazz, alla World Music, dalle nenie popolaresche, ai ritmi mediterranei, cosa ha aggiunto alla tua musica?
Il gruppo è nato perché, una quindicina d’anni fa, ho sentito che mi sarebbe piaciuto fare altro rispetto alla e musica “applicata” e poi volevo tornare a suonare, perché il compositore in genere non suona, ascolta gli altri che eseguono quello che lui ha scritto. I solisti che lavorano con me sono molto bravi, ognuno è uno specialista del proprio strumento. Non essendo un virtuoso, per me scrivo cose facili e per loro passaggi più complicati.
Che rapporto hai con la musica Jazz?
Il Jazz è sempre stato la mia musica di riferimento. Mi sono laureato con Roberto Leydi – che fu un grande etnomusicologo - con una tesi sulla Storia del Jazz. È la musica che ho seguito da subito, da adolescente, la musica della mia formazione. Certo, il mio gruppo ha colori jazzistici, ma la musica che suoniamo è una confluenza di vari linguaggi. Per il teatro è diverso, il Jazz è una musica autonoma, è difficile da collocarlo come musica di commento. Eppure c’è chi ci è riuscito benissimo: Duke Ellington ha scritto le musiche per Anatomia di un Omicidio di Otto Preminger, Miles Davis per Ascensore per il patibolo di Louis Malle e Paolo Fresu ha scritto diverse colonne sonore. Il mio rapporto col Jazz nasce soprattutto da ascoltatore, ne ho ascoltato tantissimo da adolescente, col passare degli anni un po’ meno, ma sono rimasto sempre molto legato a questo linguaggio musicale.
Hai lavorato per il regista Sergio Rubini, ne Il Viaggio della Sposa: quali strumenti musicali hai scelto per esprimere l’idea del viaggio che fa innamorare Porzia e Bartolo sconvolgendo tutti i piani?
Da subito con Sergio Rubini abbiamo deciso di percorrere due strade per musicare il film: quella etnica per seguire il viaggio di Porzia e Bartolo, e una dimensione un poco più sinfonica per le altre parti del film. Il piano sinfonico è stato realizzato mediante un’orchestra di una trentina di elementi, mentre per la parte etnica abbiamo utilizzato un piccolo gruppo che suonava un pezzo in 5, metrica che non appartiene alla nostra tradizione italiana.
Hai musicato il primo film muto su Pinocchio: da quale personaggio della fiaba ti sei fatto guidare?
In realtà non ho musicato tutto il film, ma solo alcune scene del Pinocchio di Giulio Antamoro. Quando me lo proposero, il tempo a disposizione era poco per riuscire a musicarlo tutto, per cui ho fatto una specie di cernita di scene, cercando di mantenere all’interno tutta la scansione cronologica del film, e musicandone circa metà. In realtà, mi sono fatto guidare dall’andamento della storia, non da un singolo personaggio. Peraltro, Pinocchio era interpretato da un famoso fantasista francese, Polydor, che parecchi anni più tardi fu anche nel cast della Dolce Vita di Fellini.
Hai applicato la tua musica in molte situazioni, dove non l’hai ancora applicata?
Non ho sperimentato il linguaggio dell’elettronica. Nasco come musicista acustico, mi piace lavorare con gli strumenti acustici, forse sono un po’ troppo anziano per cominciare ad occuparmi d’altro, quindi continuo con gli strumenti acustici. Se mi chiederanno di fare dei lavori utilizzando l’elettronica, purtroppo dovrò declinare l’invito.
Di Germano mi ha colpito il fatto che dopo tutta una vita trascorsa scrivendo musica, abbia mantenuto la sapienza dell’umiltà, perché sono convinta che, come sostiene Papa Francesco «Per essere grandi, bisogna prima di tutto saper essere piccoli. L'umiltà è la base di ogni vera grandezza» .
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Nasce come autrice di romanzi, racconti, fiabe, ma pubblica anche biografie, articoli e interviste. Progetta eventi culturali e opere pubbliche occupandosi con passione di parchi, piste ciclabili e lavori ferroviari.

mercoledì 5 settembre 2018

Alessandra Murgia: una illustratrice capace di leggere nell'anima dello scrittore che interpreta


http://www.tottusinpari.it/2018/09/03/alessandra-murgia-unillustratrice-che-regala-equilibrio-ed-armonia/



ALESSANDRA MURGIA, UN’ILLUSTRATRICE CHE REGALA EQUILIBRIO ED ARMONIA


Foca e bimba (illustrazione Alessandra Murgia)

di MASSIMILIANO PERLATO
Alessandra Murgia è un’illustratrice cagliaritana che abbiamo avuto il piacere di conoscere in quanto illustra  fiabe, favole, leggende e storie per l’infanzia della scrittrice Patrizia Boi (“lefiabedipatriziaboi.blogspot.it”,  Pagina facebook: “Mammoy – Il magicommondo di Patrizia Boy” Canale youtube Mammoy Il magicommondo di Patrizia Boy), con la quale collabora a stretto contatto condividendo bozzetti e idee interpretative in serenità e armonia.
Elabora le sue raffinate e deliziose illustrazioni in piena indipendenza e senza limitazioni di soggetto, misura o tecnica, condividendo i lavori attraverso licenze ‘creative commons’. Ultimamente ha illustrato le copertine di dischi con grande soddisfazione dei suoi clienti (www.yleclipse.com ) e del suo pubblico.
I suoi disegni sono dipinti che trasmettono ai più piccoli – e anche agli adulti – il senso di un mondo incantato che si trova in un altro tempo, fissato nell’immaginario collettivo come uno spazio di sogno e magia. Con le sue pennellate, fatte di tocchi delicati e di colori fantasmagorici, mostra l’essenza del mondo animale e vegetale, quella che lo sguardo infantile coglie e da cui si sente rassicurato.
Il suo stile è caratterizzato dalla trasparenza dei colori, dalla linea sfumata ed evanescente, da una capacità di osservare il soggetto con uno sguardo morbido e allargato. Le sue immagini suscitano tenerezza, commozione, trasporto, il desiderio di intraprendere un viaggio a cavallo delle sue raffigurazioni. Anche perché sono materne in quanto Alessandra vi trasfonde anche la dolcezza del suo essere mamma, insegnante e innamorata della Grande Madre Terra. Se non fosse un’illustratrice, sarebbe un’ambientalista, sempre attenta alla tensione positiva del vento, al suono emozionante delle onde, al profumo delle erbe e delle piante, sensazioni che possono essere colte nell’ammirare le sue pitture.  Se oggi il mondo è scellerato, pieno di violenza, volgarità e chiasso, il suo universo è silenzioso, memore della coscienza collettiva dei popoli e della serenità delle società matrilineari (nota n. 1)del mediterraneo, un centro di espansione e di energia di cui il bambino – e anche il bambino interiore di ogni adulto – ha un profondo bisogno. In questo cosmo, dove l’intuito e padrone e sovrano, Alessandra si incammina spesso, tra la famiglia e l’insegnamento a scuola – è laureata in Lingue Letterature straniere, insegna dal 1992, ma disegna da molto più tempo – percorrendo spazi che si innalzano oltre la visione comune del mondo.  Ammirare le sue immagini contribuisce a creare quel vuoto mentale che accresce la creatività, insegna senza programmare, armonizza gli elementi. I suoi quadri sono spesso costellati dagli spiritelli ‘elementali’ (nota n. 2) che solo i bimbi e coloro che frequentano il mondo della fantasia sono in grado di vedere.
Abituata a nutrirsi della trasparenza del mare di Sardegna, dei profumi di macchia incontaminata, del silenzio degli altopiani granitici e dei discorsi muti della materia animata ed inanimata, trova nella sua Terra la giusta accoglienza per l’elaborazione delle sue figure. Balenottere, cagnolini, fenicotteri, pecorelle, puledrine, faraone, asinelli e tanti altri animaletti trasmettono una tale dolcezza che sarebbero perfetti per vivere dentro ad un film d’animazione vero e proprio.
Questa passione di Alessandra ha avuto anche diversi riconoscimenti.
È stata, infatti, selezionata alla Mostra Illustratori della Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna nel 1990 e nel 1993 e ha partecipato alla TIBI (Tehran International Biennale of Illustrations) nel 1993, nella sezione “Discovering the Secrets and Mysteries of Children’s world”.
Nel 1999 ha curato le illustrazioni de “Il primo Natale di Pillo” per la casa editrice Nicola Milano Editore.
Anche la Sardegna ha riconosciuto la sua professionalità inserendola nel 2001 nel catalogo  “ Fotografi e illustratori in Sardegna” di Carlo Delfino Editore.
E poi ha fatto tante altre illustrazioni, per se stessa, per gli amici, per chi – come quando ha illustrato il libro di divulgazione storica per ragazzi, pubblicato, di cui si omette titolo e casa editrice – si è defilato dimenticandosi del suo impegno e del suo lavoro.
A fronte di alcuni sciacalli che si trovano sempre dovunque, Alessandra vive la sua arte con equilibrio, cercando di trasmettere le sue idee universali nell’educazione dei figli e degli alunni e ora sta terminando una serie di illustrazioni per la raccolta di favole “Animali e altre bestie di Sardegna” di Patrizia Boi, che sarà pubblicata a puntate, proprio qui nella nostra Rivista di Tottus in Pari.
Ringraziamo, quindi Alessandra, che donerà a tutti i sardi che ci leggono, la sua spontanea interpretazione della nostra Terra.
Nota n. 1 – Secondo Marija Gimbutas, archeologa specialista mondiale dell’età del bronzo indoeuropea, ma soprattutto per i suoi studi sulle culture (architettura, arte, religione, letteratura) del neolitico in Europa, esistevano le società matrilineari (Gimbutas si rifiuta di parlare di “matriarcato”, che allude a un “potere” delle donne)  precedenti la cultura patriarcale portata dagli indoeuropei, dove le donne avevano un potere condiviso con gli uomini.
Nota n. 2 – Un elementale è un essere mitologico presente in diverse tradizioni spirituali e animistiche. Si tratta di una creatura di appartenere ad uno solo dei quattro elementi classici: acquaariaterra e fuoco.
Presente anche in: Pagina Facebook: Mammoy – Il magicommondo di Patrizia Boy:
Canale Youtube: Mammoy Il magicommondo di Patrizia Boy

Alessandra Murgia

La Spiaggetta di Mario al Tramonto come in una Fiaba