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Roma, Roma, Italy
Scrittrice di romanzi, racconti, fiabe, favole e storie per l'infanzia. Autrice del romanzo "Donne allo specchio" Mef Firenze, della raccolta di Fiabe "Storie di Magia" Happy Art Edizioni Milano, del volume LegenΔe di Piante - Nostra Protezione ed equilibrio in terra (una raccolta di 12 leggende sulle piante ambientate nei dodici mesi dell’anno) pubblicato a puntate nel 2014 su Wall Street International Magazine.Nel giugno 2017 ha pubblicato per la Collana I Cortili della Casa Editrice dei Merangoli, il Saggio Ingegneria Elevato n - Ingegneria del Futuro o Futuro dell’Ingegneria?, scritto a quattro mani con suo fratello Maurizio Boi, con 150 Immagini Colore/BN del fotografo Sergio Pessolano.

Il Romanzo di denuncia: Lucrezia e i Sonnambuli


Il Romanzo di Denuncia inedito 
di Patrizia Boi

La fotografia è di Ardelio Loppi 
http://www.panoramio.com/user/888896 

Lucrezia e i Sonnambuli

Una storia ambientata 
negli intollerabili corridoi 
della Burocrazia

                  Incipit 
 1
Il turista attento, il passante frettoloso e distratto, l’amante che corre verso un incontro clandestino, il pazzo, l’uomo d’affari in vestito blu, chiunque percorresse quella strada il cui catrame canceroso contempla la purezza di un cielo verticale, non mancherebbe il morso di quel Molosso pietrificato con le orbite vuote delle finestre e la bocca spalancata degli androni. Un palazzo decadente, di quattro piani, dagli ingressi blindati, quasi una fortezza, o un carcere di sicurezza, muto al tempo e al suo impercettibile posarsi su ogni cosa, siano esse stanze, mura, oggetti, arredi, storie, esseri umani.
Se il viandante curioso osasse inoltrarsi nelle viscere sgretolate di quell’edificio, oltrepassando il tornello d’ingresso minaccioso come il Traghettatore degli Inferi, troverebbe ripide scale che conducono ai vari livelli e due ampi ascensori dalle porte rosso mattone, scrostate, che non funzionano da un’eternità. Su ogni piano, identico agli altri, si troverebbe a scegliere, nella luce soffusa e narcotizzante come una nebbia, tra due corridoi simmetrici e desolatamente uguali che si aprono a destra e sinistra senza indicazione alcuna, e, su questi, tra stanze dalle porte chiuse, e, in queste, tra scrivanie e armadi e sedie, arredi calcificati in epoche ormai passate. Il luogo non brulica certo di vita come tutti gli uffici della Pubblica Amministrazione qualche ora dopo l’alba di un giorno lavorativo.
L’organizzazione di quest’ufficio è di tipo gerarchico come un albero dalle radici intricate e la cui cima sia stata mozzata da una mano impietosa.  Le complicate procedure per tentare di farlo funzionare   coinvolgono cinque aree dirigenziali, quattro categorie di funzionari e sette classi impiegatizie. Il Direttore Capo è un dirigente di quinta area che attua le direttive della Direzione Generale. Ciò significa che, quando arriva un documento, egli lo smista a un suo sottoposto. Questi, ricevuto l’incartamento, lo assegna a un suo inferiore  e così, con una serie di passaggi, tutti di prima, si determina un palleggiamento degno della nazionale brasiliana di calcio: di passaggio in passaggio tra Dirigenti tesi a sfuggire impegno e responsabilità, senza indugi, la palla raggiunge, infine, uno dei funzionari.
I funzionari sono di due tipi: laureati, Ingegneri o Architetti, e diplomati. Un laureato responsabile gestisce un gruppo di funzionari diplomati e conferisce loro l’incarico di portare a termine un compito, attendendo poi che la risoluzione dell’enigma faccia capolino fra le proprie pratiche. I tempi di ritorno del  lavoro concluso sono lunghissimi, perché il funzionario delegato lo passa ad altri sottoposti, finché l’ultimo funzionario lo assegna a un impiegato di quinta, sesta o settima classe, secondo il grado di difficoltà del rompicapo. Non ci sono impiegati di classe inferiore alla quinta, anzi, quelli di quinta rimasti sono una rarità. Le pratiche iniziano dunque la loro vertiginosa discesa verso il fondo della gerarchia, fino all’ultimo impiegato, mesto e con gli occhiali, che guardandosi alle spalle non trova nessuno al quale scaricare l’attività, per poi risalire con farraginosa lentezza verso qualcuno capace di prendere una decisione.
Il più giovane impiegato dell’Amministrazione, in realtà, ha superato i quaranta; da circa vent’anni, infatti, non vengono fatte nuove assunzioni. Il ragazzo di vent’anni fa è ancora l’ultimo arrivato, e quindi è lui che si sobbarca tutte le incombenze affidate dai capi. Gli impiegati, inoltre, sono assoggettati a precise regole: non possono rivolgersi alla Dirigenza, ma devono confrontarsi con il grado immediatamente superiore. Solo i funzionari di livello più alto possono, in casi estremi, conferire con le Alte Sfere, dopo un’estenuante anticamera in sala d’aspetto.
Le segretarie sono una categoria a parte incaricata di annunciare a un Capo visite e telefonate. Non padroneggiano gli strumenti informatici, non sono provette dattilografe, non parlano che una lingua, e male, né sono giovani né di bella presenza. Come mucche imbellettate abituate a percorrere sempre lo stesso sentiero, quando non conoscono una procedura, cosa che capita di frequente, cercano qualcuno che le soccorra, per esempio, nella battitura delle lettere, nello smistamento della corrispondenza, nell’esecuzione di copie. L’inerzia di quest’intricato meccanismo fa sì che la prestazione non venga mai effettuata in tempo utile e le lettere spedite, il più delle volte, arrivano in ritardo o come risposta inutile a richieste superate.
Questa moltitudine di individui valuta i costi delle Opere Pubbliche. Il loro compito è manovrare pile di carta, incartamenti, volumi nostalgici del loro passato vegetale, il cui ruolo primario sembra quello di dare ristoro alla polvere accumulata tra i fogli. Tanto più un’opera è complicata, tanto più l’assenza di una soluzione viene nascosta in cataste di fogli stampati, allegati, lettere, inutili descrizioni. Talvolta, se sono scrupolosi, gli impiegati producono un elaborato grafico fatto a mano che illustri l’intervento in questione e, solo in casi particolari, sono in grado di utilizzare gli strumenti informatici. Il progetto, in ogni caso, non si spinge mai oltre l’abbozzo e quasi tutti ignorano che si può progettare con maggiore efficacia. Molti lo ignorano perché nessuno glielo ha mai detto, alcuni perché non desiderano saperlo, altri perché a qualcuno conviene che non lo sappiano.
Il funzionario-tipo è di mezza età, si rivolge agli altri col Voi e le parole e le frasi che compone emanano un tanfo di stantio adeguato all’ambiente che lo circonda. L’abbigliamento è invariabilmente costituito da giacca e cravatta démodé e il ritmo della parlata oscilla tra il torpore e la noia. Il quadro d’insieme riflette un interesse per le questioni dibattute che in termini statistici tende allo Zero Assoluto.
Le stesse caratteristiche si presentano, se è possibile, più marcate via via che si sale nell’Organigramma: sembra quasi che avanzare nella scala gerarchica – o geriatrica - dell’organizzazione comporti il regredire in quella evolutiva.
Gli impiegati possono confabulare tra loro attraverso una rete di telefoni interni, ma non sono collegati con l’esterno, perché questo privilegio spetta solo ai funzionari di Alto Rango.
Gli strumenti d’opera dell’ufficio sono sempre guasti, è un’impresa procurarsi i materiali di consumo, e si combatte strenuamente per il possesso di un lapis o di una biro. I vincitori contrassegnano immediatamente l’oggetto conquistato con un adesivo che reca impresso il loro nome a caratteri evidenti. Quando, per esempio, serve una risma di carta, occorre compilare un buono d’ordine da inviare all’incaricato della distribuzione. Se il materiale è disponibile arriverà in qualche giorno, in caso contrario  si aspetterà qualche settimana. Quindi non bisogna mai farsi prendere dalla fretta perché, anche se la stampa di una pratica fosse urgente, si dovrà attendere con pazienza la carta. E la cosa peggiore che possa accadere è che la carta sia immediatamente a disposizione per una pratica urgente, perché allora sarà necessario impegnarsi per produrre un risultato.
Questa comunità di impiegati cerca di funzionare come una pendola arrugginita. Chi rientra nell’apparato è obbligato a muoversi nel modo previsto dal sistema. Le rotelle più grandi devono solo impedire mutamenti che possano mettere in crisi il marchingegno, di modo che, se qualcuna delle piccole acquista una qualche accelerazione, si preferisce arrestarla: si predilige un ulteriore rallentamento nella scansione del tempo, purché si conservi la ritmicità del movimento complessivo. Piace ascoltare il familiare ticchettio della routine che narcotizza gli animi. Trasformazioni, innovazioni, evoluzioni non fanno che mettere a disagio dirigenti, funzionari e impiegati che vigilano gli uni sugli altri affinché la struttura organizzativa non corra il rischio di collassare.
Non si ha idea di cosa possa accadere quando in un luogo come questo venga a capitare un corpo estraneo poco avvezzo a far parte di un preciso meccanismo, magari un corpo femminile, un essere allegro e fantasioso che prova a inserirsi nel sistema con tutta la sua mancanza di disciplina.



2
                            Tutto ha avuto inizio quando...



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