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Roma, Roma, Italy
Scrittrice di romanzi, racconti, fiabe, favole e storie per l'infanzia. Autrice del romanzo "Donne allo specchio" Mef Firenze, della raccolta di Fiabe "Storie di Magia" Happy Art Edizioni Milano, del volume LegenΔe di Piante - Nostra Protezione ed equilibrio in terra (una raccolta di 12 leggende sulle piante ambientate nei dodici mesi dell’anno) pubblicato a puntate nel 2014 su Wall Street International Magazine.Nel giugno 2017 ha pubblicato per la Collana I Cortili della Casa Editrice dei Merangoli, il Saggio Ingegneria Elevato n - Ingegneria del Futuro o Futuro dell’Ingegneria?, scritto a quattro mani con suo fratello Maurizio Boi, con 150 Immagini Colore/BN del fotografo Sergio Pessolano.

venerdì 5 dicembre 2014

LegenΔe di Piante


LegenΔe di Piante

Nostra Protezione ed Equilibrio in Terra


di Patrizia Boi e Lidia Costa
 

Con la partecipazione di Lucia Berrettari

 

Una scrittrice, la cantastorie, un’erborista, la donna di medicina, una costellatrice, la strega guaritrice, interpretano con le loro diverse arti lo spirito e la magia delle piante e il loro potere di guarigione.



Tutto ha avuto inizio dalla mia ricerca sulle fiabe.

Le fiabe non sono rivolte solo ai bambini, ma sono legate alla guarigione anche degli adulti. Infatti mettono in luce i nostri bisogni interiori e mostrano il cammino necessario per risolvere conflitti, affrontare cambiamenti e operare trasformazioni. Un tempo, lo sciamano del villaggio o il cantastorie le usavano come insegnamento o come aiuto nelle fasi critiche della vita.

Dopo la lettura del libro di Massimo Diana Fiabe per amare e in particolare della Fiaba L’Ondina della Pescaia, un modo suggestivo di svelare il significato della relazione di coppia, mi si è accesa la voglia di saperne di più. Così mi sono imbattuta nel sito di Lucia Berrettari e nel suo particolare lavoro: Costellazioni familiari con le fiabe. Da tempo intendevo partecipare a un incontro sulle costellazioni familiari, ma nessuno mi ispirava fiducia. Poter intraprendere un percorso di guarigione e di conoscenza attraverso le fiabe, era per me uno stimolo irresistibile, mi avrebbe consentito sia la conoscenza di me stessa sia lo studio della fiaba. Fu così che la chiamai. E tra di noi scattò subito la scintilla dell’intesa.

Mi propose di partecipare ad un evento che si svolgeva a "Casamonti" sulle colline casentinesi, nei pressi del Passo della Consuma, nella sua casa in mezzo al bosco. Quel seminario sulla coppia mi sembrò magico sia per il luogo, per le persone e l’ambiente, ma soprattutto per il carisma di Lucia. Così, dopo vari incontri intensi di questo genere, la nostra amicizia si consolidò.

Da questo percorso emerse la necessità di riscoprire il potere che proveniva dalle mie radici. Lucia mi suggerì di interessarmi di guarigione attraverso la mia fantasia favolistica e affidandomi alla guida di Madre Terra. Quell’estate volli trascorrere le vacanze con mia figlia nella sua casa, indipendentemente che ci fossero seminari o meno, per godere dell’aria fina, del cibo genuino, dell’armonia e della leggerezza che regnava in quella dimora. Fummo accolte in quella famiglia come se ci conoscessimo da sempre. Tra le altre ospiti c’era anche Lidia, l’erborista, una donna di una simpatia unica: mi riempì immediatamente di consigli, mi applicò i suoi rimedi, mi spiegò i segreti appresi nei suoi trent’anni dedicati alle erbe.

Un pomeriggio mi rammentai di quelle due fiabe che avevo scritto sulle piante e gliele lessi. Lei ascoltò con entusiasmo senza celare la sua emozione.

Da quella lettura nacque l’idea di dar vita a quest’opera: abbiamo iniziato subito, lei ha scelto le piante con potere officinale, mi ha mandato il risultato delle sue ricerche e io ho elaborato le fiabe, capitolo per capitolo. Abbiamo poi coinvolto Lucia per entrare in contatto con la parte emozionale della pianta e per comprendere come poteva essere costellata. Abbiamo lavorato in autunno e in inverno per vedere la nostra opera sbocciare in primavera.

 




Patrizia Boi

Questo elenco di link costituisce il libro LegenΔe di Piante, pubblicato a puntate da Wall Street International nel corso del 2014:

GENNAIO



FEBBRAIO



MARZO


http://wsimag.com/it/benessere/7520-legende-di-piante-la-betulla

APRILE



MAGGIO



GIUGNO


http://wsimag.com/it/benessere/9418-legende-di-piante-il-tiglio

LUGLIO


http://wsimag.com/it/benessere/9981-legende-di-piante-il-fico

AGOSTO


http://wsimag.com/it/benessere/10517-legende-di-piante-la-quercia

SETTEMBRE



OTTOBRE


http://wsimag.com/it/benessere/11492-legende-di-piante-il-noce

NOVEMBRE


http://wsimag.com/it/benessere/11947-legende-di-piante-il-castagno

DICEMBRE

http://wsimag.com/it/benessere/12351-legende-di-piante-lolmo

martedì 2 dicembre 2014

D I C E M B R E: L'OLMO SOLITARIO

http://wsimag.com/it/cultura/12350-legende-di-piante-lolmo-solitario

LegenΔe di Piante. L'Olmo Solitario

L'appuntamento di Dicembre

Il bosco dell'Olmo
Quell’Olmo Solitario era l’ultimo esemplare rimasto di tutta una foresta che ricopriva la collina. Era situato proprio in cima, accanto a una chiesetta campestre e veniva chiamato “Il Sopravvissuto”. Le altre piante erano morte da oltre un secolo, attaccate da un terribile fungo che le uccise una dopo l’altra, anno dopo anno, spegnendo ogni loro sorriso. Il fungo aggrediva prima le radici e poi saliva verso l’alto invadendo lentamente l’anima della pianta. Anche il Grande Olmo fu colpito dal fungo, che ne aggredì le robuste radici creando nell’alto fusto un impercettibile disequilibrio, ma poi, forse per la sua enorme forza, per il suo essere saldamente piantato a terra, naturalmente possente e longevo, vinse il contagio guarendo inspiegabilmente, condannato, però, a vedere la fine di tutti i suoi compagni.
L’Albero era davvero coriaceo e comunque non si fece abbattere dalla malasorte: continuò a crescere, a tirare fuori nuovi rami e a riempirsi di germogli a primavera. All’età di un secolo e mezzo, raggiungeva l’altezza di un campanile e la sua chioma ovale, larga ed elegante, più ampia della chiesa, era il segno distintivo della sua bellezza. Verdissima nella buona stagione, diventava dorata in autunno e lasciava i rami interamente scoperti in inverno. La sua corteccia grigia, che da giovane era liscia e vellutata come le sue foglie, con l’avanzare dell’età acquisì le tonalità del bruno scuro mettendo in risalto parecchie fenditure. Però la pianta conservò la sua struttura imponente e tutta la sua superba eleganza.
A causa del suo sinistro destino di essere piantato in mezzo a un cimitero di Olmi, fu ritenuto dai viandanti una sorta di albero del sonno eterno, la pianta della morte, per questo la gente se ne tenne in un certo modo distante. Quelli che uscivano dalla chiesa ci si appoggiavano distrattamente quand’era pieno di germogli, mentre quando i rami, rattrappiti dal freddo, erano spogli, se ne allontanavano impauriti. Eppure l’Olmo era pieno di vita, capace di un’attività incessante, di sfoggiare sempre nuove idee, d’elaborare un sacco di progetti. Se lo si fosse conosciuto meglio, invece che l’Albero del Sonno, lo si sarebbe considerato la Pianta dei Sogni, un vegetale creativo e pieno di energia, inespugnabile e inesauribile.
Certo il suo prediligere quel cantuccio all’ombra della chiesa gli tenne lontano un certo numero di scocciatori, ma tanto tutte le volte che tentò di socializzare con qualcuno gli furono sempre staccate le foglie e amputati i germogli. Una volta venne addirittura incarcerato. Un’equipe di studiosi giunse con un sacco di arnesi strani, lo circondò con una rete asfissiante e lo tenne prigioniero per un anno intero. Gli mancò la luce, l’aria, il respiro, l’alito leggero del vento. Poi, dopo tanti attentati alla sua corteccia, ai sui rami, alla sua chioma e alle sue profonde radici, visto che non si riusciva a comprenderne il carattere e la forza vitale, furono abbandonati gli studi lasciandolo definitivamente in pace.
Così recuperò la sua libertà, ma il suo carattere divenne ancora più chiuso, sempre più solo e lontano dagli altri alberi, ma profondamente immerso nel mondo dello spirito. Forse lui proveniva da un altro pianeta, forse possedeva la scorza di un extraterrestre, o forse era semplicemente un gigante in un mondo di nani, aggrappato al Paradiso dei suoi sogni. Quando aveva ormai rinunciato a ogni velleità di socializzazione, si fermò accanto a lui un pellegrino alquanto strano, un giovanotto simpatico e sorridente. Si sedette sotto la protezione della sua ombra e cominciò a riempire del suo canto il silenzio della vallata. Il vecchio Olmo s’incuriosì e abbassò leggermente il capo per udire meglio. Fu avvolto dalle melodie di quella voce che travalicava i confini del vento, si levava sopra il canto degli uccelli e raggiungeva con un acuto l’anima di Dio. Allora s’inchinò protendendo tutti i rami in direzione dello sconosciuto. Il giovanotto continuò a cantare tutta la sua gioia e a stupire il nostro gigante. Non che lui avesse bisogno di compagnia, ma dopo anni di solitudine fu affascinato da quella voce onesta e sincera.
Allora donò al ragazzo rami e foglie per costruire una piccola capanna. Si svegliavano entrambi sul far del giorno per raccontarsi i loro sogni, osservavano con gusto lo spettacolo degli uccelli, i colori del paesaggio, l’eleganza dei fiori. Poi il giovanotto tirava fuori la sua voce e ammantava della sua magia tutti gli spiriti della natura. Venne un giorno in quel cantuccio anche la Fatina Ambra. Prese la sua bacchetta magica e trasformò la capanna in un castello straordinario immerso in un vasto prato. L’Olmo e il giovanotto vissero comodi e a loro agio in quella dimora. Ogni mattina, chiamavano a raccolta gli uccelli del posto e cantavano al sole i numeri della fortuna. Il sole strizzava l’occhietto e faceva cadere dal cielo una pioggia di monete. Erano tutte d’oro puro e riempivano il prato di un riflesso brillante. La Fata regalò ai due amici anche una splendida fontana dove loro fecero abbeverare tutti gli animaletti della campagna. Le farfalle svolazzavano intorno all’Olmo richiamate dalla musica, le coccinelle s’appoggiavano numerosissime sopra il fusto dipingendolo di fuoco e le libellule danzavano sul prato il ballo sfrenato della buona sorte.
Quando il sole tramontava e calava il crepuscolo, l’Olmo raccoglieva dall’anima i suoi sogni e cominciava a sistemarli per la notte. Il ragazzo crollava sempre dal sonno e non faceva in tempo a riunire le idee per il riposo notturno, anzi perdeva sempre la sua voce e non ricordava mai dove l’aveva messa. Spesso il vecchio Olmo si trovò da solo a guardare la Luna, la ringraziò per il dono della vita e per la soavità della sua luce. L’Astro rappresentava il mondo femminile che irradiava i suoi raggi argentei ingravidando di emozioni ogni sentire. L’Olmo inginocchiò la sua anima allo spirito della notte e chiese alle stelle l’accoglimento di ogni suo desiderio. Le stelle risposero brillando intensamente e una pioggia di diamanti calò dal cielo e si stese luccicante sopra il prato. Il gigante sorrise contento e chiamò il suo giovane amico per farlo immergere in quel mare di luce. Ma il giovanotto si voltò dall’altro lato e dormì fino a consumare tutto il suo sonno.
Quando la Luce brilla di cuore
con un bel canto e un tenue calore
ogni diamante si può ottenere
oro rubini e forte potere.
Se ci si affida ai propri sogni
s’appagheranno tutti i bisogni
come quell’Olmo unico e solo
che nell’amico trovò il suo oro.