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Roma, Roma, Italy
Scrittrice di romanzi, racconti, fiabe, favole e storie per l'infanzia. Autrice del romanzo "Donne allo specchio" Mef Firenze, della raccolta di Fiabe "Storie di Magia" Happy Art Edizioni Milano, del volume LegenΔe di Piante - Nostra Protezione ed equilibrio in terra (una raccolta di 12 leggende sulle piante ambientate nei dodici mesi dell’anno) pubblicato a puntate nel 2014 su Wall Street International Magazine.Nel giugno 2017 ha pubblicato per la Collana I Cortili della Casa Editrice dei Merangoli, il Saggio Ingegneria Elevato n - Ingegneria del Futuro o Futuro dell’Ingegneria?, scritto a quattro mani con suo fratello Maurizio Boi, con 150 Immagini Colore/BN del fotografo Sergio Pessolano.

lunedì 22 luglio 2013

Luchino e la Ranocchia


http://www.wsimagazine.com/it/diaries/report/cultura/luchino-e-la-ranocchia_20130722130500.html#.Ue2ODY1A1qU

WSI
Lunedì, 22 Luglio 2013

REPORT - Italy, Cultura

Luchino e la ranocchia

Non giudicare dall'aspetto, ma abbi fede e rispetto.

Luchino e la ranocchia

In un regno molto lontano vivevano i principi della famiglia Reali. Marino, Peppino e Luchino erano figli della Regina delle acque e del Re dell’Oceano.
Marino divenne principe del castello del Lago e sposò la principessa più bella dei laghi dei Castelli, Peppino ebbe in dote il Castello del Grande Tevere ed ebbe in moglie la principessa più bella delle acque correnti e al povero Luchino - il più giovane dei tre - toccò il Castello dello Stagno e dovette sposare la principessa più bella delle ranocchie degli acquitrini. Luchino era sì il più giovane e anche il più bello e intelligente dei fratelli, ma, per non ribellarsi al volere del Re, s’incamminò verso il castello che gli era stato assegnato. Gli ci vollero ben sette giorni di difficile cammino. Quando giunse in prossimità dello stagno si accorse che di costruzioni nella campagna non c’era nemmeno l’ombra. Il povero Luchino girò intorno allo stagno cercando di capire come trovare la sua dimora ma non sapeva come fare. 

A un certo punto si sedette su una grande pietra e si prese la testa tra le mani. Pensò a come era stato fortunato fino a quel momento ad abitare nel castello di suo padre ricco di stanze e comodità e gli fu ancora più penosa la sua nuova condizione. Mentre la disperazione cresceva, Luchino si guardò in giro invocando un aiuto. A un tratto notò una ranocchia scintillante ed elegante che lo chiamò con il suo gracidare. 

La prese in mano e lei gli puntò addosso due occhi luminosissimi. Poi gli fece cenno di seguirla sott’acqua. Luchino - provetto nuotatore - si tolse gli abiti e si tuffò nell’acqua torbida dell’acquitrino sebbene fosse pieno di paura. La ranocchia gli indicava la strada con la sua brillantezza e, per quanto sotto fosse quasi buio, Luchino si orientò finché non vide spuntare il bastione di un castello. Era un castello di forma semplice, fatto di materiali di un ocra opaco che lo facevano sembrare una vera fortezza inespugnabile. 

La ranocchia si posò su un camminamento pieno di serpentelli, girini, rospi, rane e altri animali delle acque stagnanti. Poi mostrò a Luchino una fessura da cui fare ingresso nella fortezza e sussurrò:

O mio Luchino così diverso
non credere d’esserti perso
come t’immagini sono Vanessa
la tua prescelta principessa.
Non giudicare ora il mio aspetto
cerca d’aver fede e rispetto
se decidi d’affidarti a me
ti prometto che sarai un Re.


Luchino era spaventato ma anche ammaliato dagli occhi di quella ranocchia così regale. La seguì penetrando non senza timore nella fortezza. Lei lo condusse in una stanzetta in penombra dove c’era una splendida un’oca bianca che così parlò:

Dolce ranocchia Vanessa
adesso torna principessa
indossa diamanti e perle
coi tuoi occhi come stelle.
Metti tutti i tuoi gioielli
sciogli i biondi capelli
vai nel letto a baldacchino
col tuo principe Luchino.

Luchino vide mille stelline azzurre e in un vortice la ranocchia si trasformò nella donna più bella che avesse mai visto.  Fu così strabiliato dal suo aspetto gaio e adorabile che riuscì a dire solo queste parole:

Giuro sono sbalordito
non avrei mai immaginato
una fanciulla più meravigliosa
da poter ricevere in sposa.
Non ho parole di lode
voglio solo il tuo Amore.


Vanessa s’avvicinò, lo prese per mano e lo portò nella sua stanza. Luchino vide una luce intensa e un brivido di gioia gli fece battere forte il cuore. Vanessa vestì lo sposo con un pigiama di seta e lo fece dormire tra le sue morbide lenzuola. L’indomani il principe s’alzò pieno di vigore e cercò la mano della sua bellissima sposa. Con grande sgomento, accanto a lui trovò la solita ranocchia che, dispiaciuta, esclamò:

Un maleficio è stato fatto
mio padre è stato derubato
del suo castello e del reame
da un mago assai infame.
Io sono diventata ranocchia
con questa verde capocchia
e se anche di notte mi trasformo
rana ridivento ogni giorno.
O Luchino dolce sposo
chi mi ama sarà coraggioso.


Luchino si sentiva felice con la sua Vanessa che pure da ranocchia conservava il portamento di una principessa. E così il tempo passava e Luchino nel Castello sotto lo Stagno aveva completamente dimenticato la sua famiglia. Un bel giorno, però, il Re chiamò i suoi figli e chiese a ognuno di loro di far tessere dalle rispettive spose un mantello. Chi avesse portato quello più fine e delicato avrebbe avuto in eredità il suo Regno. La sposa di Marino preparò un mantello in finissimo raso azzurro come le acque del lago che venne acclamato da tutta la famiglia, la moglie di Peppino un mantello di seta rosso come il sole al tramonto che ebbe le lodi di tutta la corte, ma Luchino si affidò alla sua ranocchia che riuscì a tessere un mantello sottilissimo fatto di fili di luna e sole così meraviglioso come non se n’erano mai visti. Il Re rimase stupefatto dalla finezza di quel mantello, così chiese ai figli di portare le mogli a corte entro un anno per affidare il Regno al figlio più giovane.

Luchino si imbarazzava ad andare a corte con la ranocchia e pensò di rinunciare al Regno, Vanessa invece voleva conoscere la famiglia di Luchino perché aveva fiducia in se stessa. Quando s’accorse che Luchino si vergognava di lei prese le sue cose e partì. Luchino terrorizzato da quella perdita, si mise in cammino per cercarla. Quando stava per uscire dal castello, l’oca bianca lo ammonì:

Se avessi portato dal Re Vanessa
adesso sarebbe una principessa
l’incantesimo si sarebbe sciolto
e ogni dubbio sarebbe risolto.
Se invece ora la vorrai salvare
tre prove dovrai superare:
il rospo di fuoco dovrai cercare
e con furbizia lo dovrai accecare.
La gallina dorata dovrai trovare
e con astuzia la dovrai catturare,
il serpente di ferro forte e prepotente 
su una croce sarà dove non si sente.
Altro non posso dire Luchino
presto mettiti in cammino
prendi la direzione del vento
e segui ogni suo lamento.
Giungerai nella scura foresta
durante la notte buia e pesta.


Luchino intese i consigli dell’oca bianca e si mise in viaggio pur non sapendo bene dove andare. Seguì la direzione del vento e si trovò in una vasta prateria piena di bufali. I bufali pascolavano mentre due cacciatori mascherati da lupi bianchi si avvicinavano furtivamente: un nugolo di mosche infestava l’aria calda. A un tratto vide volare intorno a lui una mosca bianca luminosa come una lucciola che sussurrò queste parole:

Segui il battito del cuore
per ritrovare l’amore
cammina veloce e spedito
che Vanessa ha passo ardito.
Compie un viaggio necessario
verso un mondo straordinario
dove non aver vergogna dell’aspetto
perché Amore sia immenso rispetto.
Per non sopportare il giudizio
dei parenti prima dello sposalizio
vai nello stagno sommerso
dove il rospo di fuoco è immerso.


Luchino salutò la mosca bianca e camminò diritto per tre giorni e tre notti senza mai riposarsi, finché all’alba del terzo giorno cadde in un sonno profondo. Dormì tutto un giorno e sul far dell’alba sentì un’ala di farfalla fargli il solletico. Aprì gli occhi e la farfalla volò verso una corona di pini nani facendogli comprendere che doveva seguirla. Appena lui fu in quel cerchio sprofondò nella melma e fu ricoperto di fango fino alla bocca. A quel punto afferrò un giunco e cercò di tirarsi verso la riva di quell’acquitrino spaventoso, ma sentì un caldo insopportabile sulla coscia. Allora strappò un altro giunco e lo puntò alla cieca verso quel bruciore finché non colpì un corpo che urlò:

Certamente sei Luchino
arrivato qui al mattino
per donarmi la vista del cuore
che senz’occhi non si muore.


Il rospo s’incendiò e si trasformò in un uccello azzurro con le piume morbide colore del cielo e gli occhi scintillanti come diamanti. L’uccello volò in alto in alto e poi scomparve alla vista. Luchino aveva superato la prima prova e si sentiva più vicino alla bella Vanessa, ma ora non sapeva veramente da che parte andare. Provò a guardarsi intorno e scorse di nuovo la farfalla che mosse le antenne dicendo:

Vagherai nel bosco nero
per un anno tutto intero
quando perdi ogni speranza
una vecchia saggia avanza.
E ti aiuterà di certo
a trovare in quel deserto
tra i pennuti e galli d’oro
la gallina in gran decoro.


Luchino si sentì sconfortato dalle parole della farfalla, spaventato per la lunga strada da percorrere e per lo smarrimento che avrebbe provato così solo e ancora lontano dalla sua Vanessa. In quel momento comprese quanto era stupido temere il giudizio della famiglia e si pentì di non aver mostrato Vanessa forte del suo amore e fiducioso nelle sue innumerevoli doti. Per otto mesi affrontò il bosco percorrendo una strada sempre in salita, poi la selva si fece piana ma sempre più fitta, infine divenne un vero e proprio labirinto che pareva davvero senza uscita. 

Luchino stava per perdere veramente ogni speranza, quando vide una capanna in una radura e si avvicinò. Provò a bussare ma la porta restò chiusa, allora girò la maniglia ed entrò impaurito e circospetto. La casa aveva il pavimento di legno e le pareti rosse, il camino era acceso e sul tavolo c’era un bel tacchino arrostito. Dentro la capanna, però, non si vedeva anima viva. Luchino si sedette su una poltrona azzurra e aspettò. Dopo due ore vide entrare una vecchia. Il volto rugoso e i capelli lunghi celestini la facevano sembrare più vecchia del mondo stesso e la sua voce fu un sibilo:

Ho cucinato quel tacchino
per te principe Luchino
per mostrare il deserto
a te giovane inesperto.

Prendi questa Piuma Rossa
ed esegui ogni sua mossa
la gallina mi dovrai portare
solo così potrai continuare.
Ci vorrà un mese intero
se avrai l’animo sincero.


Luchino prese timidamente la piuma. Poi, la vecchia, in silenzio, apparecchiò il tavolo e offrì il suo tacchino e una bottiglia di vino. Luchino mangiò con appetito e bevve con avidità. Alla fine del pranzo si sentiva forte come un leone. La vecchia gli porse una borraccia e disse:

Questa è acqua miracolosa
si rinnova senza posa
bevi anche se finisce
e vedrai che mai sparisce.


Ora Luchino aveva il necessario per il viaggio, pertanto salutò la vecchia e andò via. Camminò senza sosta per una settimana e giunse in un deserto dalla sabbia tutta d’oro. Le palme erano d’oro, gli animali erano d’oro e ogni sasso che incontrava era fatto della stessa materia. Nel deserto non c’era una pozza d’acqua, ma per fortuna lui aveva la borraccia. A un certo punto uscì dalle dune più alte e si ritrovò davanti a una distesa sconfinata. Faceva un caldo insopportabile e la strada era ancora tanta. Luchino si sedette in preda alla disperazione, ma per fortuna si ricordò della piuma. 

La prese in mano e cercò di capire come lo avrebbe aiutato. Improvvisamente da dietro a un sasso s’affacciò una lepre tutta d’oro, la piuma volò e si posò su di lei. La lepre divenne una lepre vera, Luchino la catturò, fece un bel fuoco e se la mangiò. Alla fine del pasto si sentì molto meglio, bevve dalla borraccia e continuò il suo cammino seguendo il sole che tramontava all’orizzonte. Dopo un mese che vagava nel deserto aiutato dalla piuma che trasformava gli animali d’oro in animali veri, giunse su una duna molto alta. Era mezzogiorno in punto e una gallina grassa grassa stava seduta al sole e risplendeva di luminosità. Luchino provò ad avvicinarsi ma la gallina sussurrò:

Vieni accanto alla mia duna
sai che avrai molta fortuna
se mi dai la piuma rossa
la mettiamo in una fossa.
Scoprirai così un tesoro
di diamanti e oggetti d’oro
se mi cedi la borraccia
l’acqua ti zampilla in faccia.
Potrai bere e rinfrescarti
e se vuoi rifocillarti.


Il principe fu tentato di fare quello che gli aveva chiesto la gallina ma quando stava per dargli la Piuma Rossa, quest’ultima gli volò vicino all’orecchio ed esclamò:

Ora avvicinati alla gallina
e poi lasciami in sordina
salirò sul suo becchetto
e porrò un bel lucchetto.
Una volta catturata
portala alla vecchia fata.


Così fece e non appena la piuma si posò sul becco della gallina, questo fu imprigionato. Non potendo più parlare, la gallina perse tutta la sua resistenza, così Luchino poté caricarla in un sacco e tornare alla casa della vecchia. La Piuma Rossa si agitò nella sua tasca e Luchino capì che aveva qualcosa da dirgli. La tolse fuori ed essa cantò:

Fata fatina
abbiam la gallina
vecchia vecchina
portaci alla tua casina.


Luchino entrò in un vortice di vento e in men che non si dica si ritrovò dentro la casa fatata.

La vecchia era seduta sulla poltrona e appena ebbe la gallina pronunciò la seguente formula magica:

Sorella Dorina
torna fatina
muta le piume dorate
nelle vesti fatate.


Comparve a fianco alla vecchia un’altra vecchia identica a lei che ringraziò Luchino:

Di un mago prigioniera
me ne stavo fino a sera
nella duna dorata
senza esser più fata.
Grazie per la liberazione
a torto o a ragione
torno da mia sorella
di cui son la gemella.
Ora caro Luchino
mangia il mio budino
tieni il bastone dolente
per domare il serpente.
Luchino ringraziò la seconda fata e si congedò dopo avere preso il bastone. Uscì dalla casetta e si diresse verso la selva oscura dove si fece indicare la strada dal bastone dolente. Quando bisognava cambiare di direzione il bastone recitava: "Ohi, ohi, ohi!" Fu lui che in soli tre giorni aiutò Luchino ad uscire dal labirinto. 

Fuori dal labirinto si entrava immediatamente nel cimitero di un paese fantasma che non era presente nemmeno sulla carta geografica. Era l’ora del tramonto e c’era un cartello che diceva: "Qui giacciono cadaveri di volatili spiumati". Il bastone gli indicò quella direzione e Luchino anche se tremante di paura s’inoltrò. Vi era un prato verdissimo con una distesa sconfinata di croci di legno tutte uguali. Luchino camminò tra le tombe guardingo finché non vide su una croce arrotolato un serpente di ferro, un pitone velenosissimo. Accarezzò il bastone dolente che si alzò in aria e scese accanto al pitone. Il pitone si arrotolò sul bastone che volò lontano dicendo: "Ohi, ohi, ohi!"

In quel momento Luchino vide che sulla croce c’era la sua ranocchia. Ci fu subito un brillare di luci e fumi colorati da cui uscì in tutta la sua bellezza e splendore Vanessa che era definitivamente diventata una principessa. Nello stesso istante il bastone scese di nuovo a terra e il pitone volò in aria trasformandosi in un nube di piume e quindi nel Re padre di Vanessa. Vanessa e suo padre furono liberati dall’incantesimo, il cimitero si trasformò nel loro Regno, il mago malvagio fu imprigionato nelle segrete e un matrimonio sfarzoso si celebrò tra Luchino e Vanessa.
Dopo le nozze i due sposi partirono verso il Regno di Luchino che arrivò a corte con la sua bellissima moglie. Tutti dovettero riconoscere che il più piccolo dei fratelli meritava di essere Re perché aveva sposato la fanciulla più bella, più dolce e raffinata sulla faccia della terra. Luchino regnò per tanti anni in modo saggio onesto e giusto e dalle nozze nacquero tre figlie splendide come fate che vissero sempre in pace e serenità.
Pubblicato: Lunedì, 22 Luglio 2013
Autore: Patrizia Boi

Luchino e la ranocchiaLuchino e la ranocchiaLuchino e la ranocchia
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Il Pioppo e il ciclo continuo dell'Universo

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WSI
Venerdì, 12 Luglio 2013

REPORT - Italy, Benessere

Il Pioppo e il ciclo continuo dell'universo

Leggende, poteri e usi.

Il Pioppo e il ciclo continuo dell'universo

Senza Radici non si vola a cura di Lucia Berrettari
Il Pioppo ci mette davanti a morte, sacrificio e dolore. Ci porta nel pianto profondo della perdita, ci fa scendere nell’Ade, in un viaggio che non può essere altro che solitario, a incontrare le proprie ombre e paure. Il Pioppo ci mostra la fugacità della vita, ci conduce nella paura primordiale del nostro essere mortali. Ci racconta che qualsiasi cosa, che qualsiasi aspetto di noi, qualsiasi evento, come nasce morirà. Con la possanza della sua corteccia e con l’ampiezza della sua chioma ci indica quanto potente è la nostra paura e quanta forza acquistiamo nel vederla e combatterla. C’è una trasformazione alchemica tra il Pioppo Nero e il Pioppo Bianco, il quale possiede l’energia per mutare questa lotta in coraggio e rinascita. È la capacità dell’uomo di andare oltre l’ombra e la paura e, dopo avere combattuto con la morte, risorgere alla vita. Il Pioppo Bianco rappresenta la volontà e l’amore, la trasmutazione della paura in forza e libertà, la capacità di andare per amicizia, amore e passione oltre confini e regole. Entrambi gli alberi rappresentano l’Otto, il ciclo continuo dell’universo, vita-morte-vita. Sono alberi cari agli dei per la loro conoscenza della morte e della forza della vita. Restare inchiodati nell’energia dell’uno o dell’altro, può bloccare: il Pioppo Nero in una solitudine priva di entusiasmo e il Pioppo Bianco in un movimento privo di forza e direzione. Includere e lasciar fluire queste due energie porta equilibrio sulla fragilità dell’essere uomo, quindi mortale, e sulla forza di essere amato dalla vita, quindi vitale e creativo.
Scheda tecnica del Pioppo a cura di Maria Teresa Protto
Il Populus è un genere di piante arboree della famiglia Salicaceae che comprende una trentina di specie – comunemente note come Pioppi – tra cui troviamo la Leuce (di cui fanno parte i Pioppi bianchi e i Pioppi tremoli) e le Aigeiros (che comprendono i Pioppi neri). I Pioppi possono arrivare a vivere fino a 200-400 anni. La loro altezza varia dai 15 ai 30 metri, con fusti che possono superare i 2,5 metri di diametro. La corteccia degli individui giovani è liscia, con colorazioni che vanno dal bianco al verdastro al grigio scuro, spesso ricco di lenticelle; sugli esemplari più vecchi, diviene generalmente rugosa e profondamente fessurata; i germogli sono robusti e le gemme apicali e le foglie sono disposte a spirale con una forma che varia da triangolare a circolare o, raramente, lobata, con lunghi piccioli. In alcune specie di Pioppi i piccioli sono appuntiti, così che il vento, facendo muovere le foglie, dà l’impressione che l’albero “tremi”. Tra le specie di Pioppo che hanno riscontri nelle tradizioni antiche, e alle quali sono associate alcune usanze e miti, ci sono il Populus nigra e il Populus alba, cioè il Pioppo nero e il Pioppo bianco. Questi differiscono tra loro per via delle foglie e della corteccia. Le foglie del Pioppo nero hanno forma triangolare o “a cuore” e sono interamente di colore verde scuro, mentre la corteccia è di colore grigio-marrone scuro; il Pioppo bianco ha foglie lobate, a tre o cinque lobi, verde scuro sulla pagina superiore e bianche su quella inferiore, ricoperta da una lieve peluria, mentre il fusto è chiaro, di colore argentato.
Usi
Il Pioppo riveste un ruolo importante nell'arboricoltura da legno: viene infatti impiegato per vari usi, come la fabbricazione di fogli e pannelli di compensato, cassette da imballaggio, carta, fiammiferi. Apprezzato anche per motivi ornamentali, viene impiegato nei parchi, nei giardini e nei viali delle città.

Leggende e curiosità 
Il termine "Pioppo" deriva dal latino e, secondo una diceria romana riportata dagli antichi, sarebbe da legare a popolus, "popolo", perché la sua folta chioma mossa dal vento produce un brusio che ricorda quello della folla. A tal proposito, si può citare una diffusa credenza che fa derivare il nome Piazza del Popolo di Roma da un antico boschetto di Pioppi neri; secondo altre antiche leggende invece il brusio delle foglie era considerata la danza in risposta ai segreti del Sidhe trasportati dai venti sottili. Per questo il Pioppo era considerato un albero oracolare, il messaggero del Divino, l’intermediario tra un mondo e l’altro, la Voce del Sidhe che svelava i misteri più nascosti. I semi del Pioppo in primavera formano quelle specie di "tormente di fiocchi bianchi" che ci fanno pizzicare il naso! Il legno di Pioppo è stato usato da Leonardo da Vìnci per dipingere la sua celebre Monna Lisa. Nella cultura celtica il Pioppo – pianta dedicata ai morti in battaglia – rappresenta il segno zodiacale dei nati dal 4-8 febbraio, 1-14 maggio, 5-13 agosto, 3-11 novembre: i nati sotto questo segno avrebbero una tendenza al pessimismo, alla contemplazione e alla critica. Amanti della natura, non riescono tuttavia a godere appieno dei piaceri della vita.

Dal Pioppo deriva il nome volgare di uno fra i più apprezzati funghi commestibili: il piopparello. La corteccia del Pioppo, dopo essere stata lavata accuratamente può essere mangiata, condita con un po' di olio e di sale. Si narra che possedere una bacchetta di Pioppo bianco fosse un requisito indispensabile per entrare a far parte di un famigerato club clandestino di duellanti del XVIII secolo, chiamato dai suoi membri Le Lance d’Argento.  Nei libri di Harry Potter, il legno di Pioppo bianco di qualità per bacchette è appunto di colore bianco e a grana fine, ed è molto apprezzato da tutti i fabbricanti per la sua elegante somiglianza con l'avorio e per gli incantesimi eccezionali che è in grado di realizzare. Il Pioppo nero, posto all'ingresso dell'Altromondo, è legato alla Dea nel suo aspetto di distruzione, di morte fisica e spirituale, il Pioppo bianco è la riuscita di questo processo, l'altro volto della Dea dispensatrice di vita: il processo di morte – rinnovamento – rinascita è uno dei punti cardine di tutto il pensiero celtico. Il Pioppo tremulo è particolarmente caro ai Gaeli: pare che le antiche saghe dei Fili (bardi) d'Irlanda fossero incise proprio su bastoni di Nocciolo e Pioppo.
Magia delle erbe
Per provocare la sparizione della febbre gli antichi erano soliti cingere con un pezzo di stoffa il tronco di un Pioppo tremulo, al quale veniva così passata la febbre. Oggi la corteccia in decotto viene utilizzata dalla medicina popolare come succedaneo della chinina negli accessi di febbri reumatiche. Il Pioppo nero per le sue proprietà assorbenti viene usato come purificante. Le sue gemme sono l'ingrediente principale dell'Unguento Purpureo, antico rimedio astringente e disinfettante contro le scottature e emorroidi ulcerate. Inoltre le tinture di gemme di Pioppo sono usate per le loro proprietà antisettiche fluidificanti contro tosse e bronchite cronica. Nella medicina popolare si utilizzava come rimedio per la tubercolosi un tonico ottenuto dalle gemme di Pioppo e scorze d'arancio nel vino.
E infine… Tra i rimedi dei Fiori di Bach, troviamo l’Aspen (Pioppo tremulo), che può essere usato da coloro che sono affetti da paure e ansia insensate, che sono spaventati per ciò che non comprendono, come dagli spiriti, dalle entità nascoste e invisibili, dal buio, da esseri mostruosi, e simili. Può essere usato anche in caso di sensazioni di minaccia, di negatività o per combattere le cattive influenze che certe persone, volontariamente o meno, trasmettono agli altri.
Pubblicato: Domenica, 7 Luglio 2013
Autore: Patrizia Boi

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