22062016
RAIGHINAS (RADICI): INCONTRO AL GREMIO DI ROMA FRA GIOVANI E VECCHI TALENTI SARDI
Scritto da: Tottus in Pari in dai circoli degli emigrati sardi, tags: associazione il gremio di roma
di Patrizia Boi
Per chiudere la 1° parte della stagione 2016 degli eventi organizzati dal Gremio dei Sardi di Roma, l’Associazione ha promosso, sabato 18 giugno 2016 nella sua Sede, un incontro di giovani e vecchi talenti sardi subito dopo lo svolgimento dell’Assemblea dei soci convocata per l’approvazione delle modifiche statutarie e per il rinnovo elettivo degli organi sociali.
Ideata, presentata e coordinata dall’inesauribile presidente Antonio Maria Masia, la serata, intitolata, Raighinas (Radici), ha proposto una passerella di grandi personaggi del passato, interpretati da altrettanti talenti del presente.
Apre la giornata, in sala Italia stracolma di soci e amici del Gremio, una brevissima proiezione di “Sardegna quasi un Continente”, tratta dal documentario RAI del 1961 in 4 puntate ispirato dal capolavoro omonimo di Marcello Serra, un poderoso volume pubblicato nel 1959. Il giornalista, poeta di cui ricorrerà ad agosto il 25° della scomparsa, collaboratore Rai a Cagliari e del quotidiano L’Unione Sarda, ha contribuito a diffondere un’immagine della nostra terra: “La Sardegna … ha conservato i profili e le prospettive delle sue origini nella forma aspra e frastagliata delle sue coste. L’assalto del mare e del vento hanno appunto ricamato le sue coste e sagomato la sua natura”. Il documentario propone, infatti, un poetico viaggio nelle origini antiche e nel presente dell’Isola. Le musiche sono di Ennio Porrino autore, tra l’altro, del dramma musicale ,“I Shardana”http://tottusinpari.blog.tiscali.it/2015/12/10/i-shardana-mito-sogno-o-realta%E2%80%99-incontrodibattito-a-roma-con-il-gremio-dei-sardi/ .
Grazia Deledda, Maria Carta, Antonio Gramsci, Enrico Berlinguer, Emilio Lussu, Sebastiano Satta, Salvatore Satta, Marcello Serra, Ennio Porrino, Venerabile Elisabetta Sanna, Beata Maria Gabriela Sagheddu, sono radici che affondano le loro qualità nella terra per restituirci quella conoscenza antica utile a far fiorire nuovi talenti.
Raighinas sono le poesie (lette dall’autore) Il mio sogno, Nelle acque più chiare, Le mie radici tratte da “I Silenzi di Pietra” di Masia, un invito all’ascolto dei grandi silenzi dell’Isola, dove le pietre antiche, i graniti dipinti dal vento, i giganti di pietra che preservano l’identità di noi stessi, urlano i loro segreti al mondo di oggi, svelando i misteri celati nei nuraghi, nelle tombe, nei fiori selvatici “nei contorti ginepri sabbiosi/nei lecci solenni ed ombrosi”, rivelando “il groviglio tribale di lunghe vendette”.
Dopo il soffio sottile e suggestivo di queste poesie, le sorelle Sabatini suonano una loro composizione musicale (pianoforte, violino) dedicata alla Venerabile Elisabetta Sanna, dove le corde del violino di Rafaela trasportano lo spettatore verso “ottave superiori” nel loro raffinato dialogo con il tocco dell’archetto.
Elisabetta Sanna nasce a Codrongianos (Sassari) il 23 aprile 1788. A tre mesi perde la capacità di sollevare le braccia, eppure si sposa e alleva cinque figli. Dal 1925 diventa vedova e decide di fare voto di castità, facendo della sua casa un piccolo oratorio per riunirsi in preghiera, dove lei vive come una monaca e così è chiamata con rispetto: “sa monza”. In questi anni, compone in dialetto logudorese una bellissima lauda, che sarà cantata a lungo a Codrongianos: “Deus t’apo in coro e in mente, pro chi m’at tropu istimadu, ti est su coro meu presente, sia drommidu o ischidadu.. Dio ti ho nel cuore e nella mente, perché troppo mi hai amato, il mio cuore ti è presente, che io dorma o sia sveglia …”.
È stata la madre spirituale delle ragazze e delle donne della sua terra. Morta a Roma nel 1857, dove si era spostata sarà beatificata nel prossimo settembre presso la basilica della Santissima Trinità di Saccargia a Codrongianos.
Saccargia, non è una scelta casuale, è un altro capolavoro della Sardegna, per il suo ergersi all’improvviso, solitaria, in un luogo inaspettato. La sua immagine appare misteriosa al viaggiatore, attratto dal campanile svettante nella campagna e dalle bianche colonne del portico, dai sette archi a tutto sesto e dai capitelli decorati da quattro figure alate e da quattro figure mostruose. È come un richiamo alle nostre più profonde Raighinas, al mistero della nostra Isola bianca e immacolata, distesa verso il cielo, da un lato, e ai suoi peccati nascosti in quelle figure mostruose che ne richiamano la memoria del lutto, dall’altro lato.
E per tornare al tema del silenzio, è il momento di un altro straordinario personaggio, Sebastiano Satta, rappresentato dall’attore Alex Pascoli, dal nome eloquente del suo illustre antenato, che legge, con una personale a intensa interpretazione, le poesie Banditi, Il poledro, Ditirambo di giovinezza, Il ritorno. Pascoli evoca quello dei due Satta nato a Nuoro nel 1867.Figlio di un giurista di cui segue le orme, nonostante lo abbia perso a soli 5 anni. Allevato con sacrificio da una madre (sola/ e triste come l’aquila selvaggia/che nutre i figli sulla rupe) insieme a suo fratello, nel 1908, si ammala. È costretto a lasciare l’attività forense per una paralisi che gli impedisce di parlare, ma resta lucido nella sua capacità intellettuale e può quindi osservare con spirito critico i vizi e le virtù del popolo barbaricino (Incappucciati, foschi, a passo lento/ tre banditi ascendevano la strada).
Dopo Pascoli è il turno di Neria De Giovanni, stimata saggista italiana, autrice di quasi 40 volumi tra saggistica e prosa letteraria, esperta sul Premio Nobel Grazia Deledda, a cui ha dedicato 12 volumi. Neria legge con trasposto ed emozione un suo brano tratto dall’ultimo libro dedicato alla Deledda, dove, immedesimandosi nella scrittrice, svela i retroscena del suo successo, le invidie dei colleghi, le maldicenze del suo paese, i dispiaceri e le delusioni di una vita felice e forte, comunque, delle sue scelte.
Grazia Maria Cosima Damiana Deledda, nata a Nuoro nel 1871, insignita del Premio Nobel per la letteratura nel 1926, considera l’italiano una lingua non sua e l’Italia una civiltà distante da quella sarda. Tuttavia rappresenta un ponte tra queste due realtà, mettendo in comunicazione con il resto del mondo le sue storie nuoresi fatte di intrecci d’amore, sofferenza e morte, che riecheggiano quel senso di colpa e del peccato tipico delle vicende dell’Isola. Profondamente legata alle sue Radici, alla cultura sarda e alle tradizioni della Barbagia, la Deledda racconta la sua terra, le sue genti, la saggezza dei popolani, paragonata al verismo di Verga e a scrittori russi come Tolstoj. I suoi romanzi e racconti hanno reso famosa la Sardegna nel mondo. Fra i più noti: Elias Portolu (1903), Cenere (1904), L’Edera (1908), Sino al confine (1910), Colombi e sparvieri (1912), Canne al Vento (1913), L’incendio nell’oliveto, (1918), La madre, (1919), Il Dio dei venti (1922). Da Cenere è stato tratto un film interpretato da Eleonora Duse. È rimasta incompiuta la sua ultima opera autobiografica, Cosima, quasi Grazia. Da essa è tratta la seconda lettura, la straordinaria novella Il Muflone, le cui sfumature e metafore sono sottilmente trasmesse dal recital di Neria che, con il suo impegno in favore delle donne, con i suoi studi, con la spinta a rendere nota al mondo l’opera della scrittrice, ne fa una gemella, quindi, “Neria, quasi Grazia…”
A questo punto entra in scena l’attore Daniele Monachella che ci offre un brillante ed appassionante saggio del suo spettacolo “Un Anno sull’Altopiano” di Emilio Lussu, portato in scena con successo in molti teatri italiani.
Nato ad Armungia nel 1890, Lussu è uomo d’azione e di pensiero, politico e scrittore. L’Opera rappresentata è un libro di memorie, ambientato sull’altopiano di Asiago, e secondo Mario Rigoni Stern, «Tra i libri sulla Prima Guerra Mondiale Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu è, per me, il più bello».
Lussu, che pure era stato un acceso interventista e si era battuto con grande coraggio durante tutta la guerra, assume un atteggiamento fortemente critico nei confronti dei comandi militari dell’epoca. E questo è evidente nella interpretazione di Monachella. Il libro racconta l’irrazionalità e insensatezza della guerra, della gerarchia e dell’esasperata disciplina militare di quei tempi e Daniele lo evidenzia con ironia e sarcasmo facendo interagire Emilio con l’assurdità dei comandi. Lussu è tra i fondatori del Partito sardo d’Azione movimento che pone al centro della sua azione la “questione nazionale sarda”.
Segue l’attore sardo Vanni Fois, interprete di ruoli chiave in molti importanti film, tra cui Il figlio di Bakunin, a rappresentareAntonio Gramsci, attraverso la lettura di alcune sue lettere alla famiglia.
Si tratta di un uomo di grande statura umana e intellettuale, esempio di impegno, dedizione e sacrificio. Nato ad Ales nel 1891 e morto a Roma il 27 aprile 1937, lo ricordiamo per essere stato un politico, filosofo, giornalista, linguista e critico letterario italiano, ma soprattutto perché nel 1921 fu tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia e fondatore del giornale L’Unita.
È considerato oggi uno dei più importanti pensatori del XX secolo.
Come affermò Palmiro Togliatti al Convegno di studi gramsciani del 1958 «fu un teorico della politica, ma soprattutto fu un politico pratico, cioè un combattente».
Nei suoi scritti, tra i più originali della tradizione filosofica marxista, Gramsci analizza la struttura culturale e politica della società.
Elabora in particolare la «quistione» degli intellettuali e il concetto di «egemonia», secondo il quale le classi dominanti impongono i propri valori politici, intellettuali e morali a tutta la società, con l’obiettivo di saldare e gestire il potere intorno a un senso comune condiviso da tutte le classi sociali, comprese quelle subalterne.
Ci ha lasciati i suoi 33 Quaderni del carcere, pubblicati dall’editore Einaudi – unitamente alle sue Lettere dal carcere indirizzate ai famigliari – in sei volumi, ordinati per argomenti omogenei, con i titoli: 1) Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, nel 1948; 2) Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura, nel 1949; 3) Il Risorgimento, nel 1949; 4) Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno, nel 1949; 5) Letteratura e vita nazionale, nel 1950; 6) Passato e presente, nel 1951.
L’attore algherese Alessandro Pala Griesche legge un brano tratto dal romanzo Il Giorno del Giudizio, di Salvatore Satta. Si tratta di uno dei più grandi giuristi italiani – immensa la sua opera sulla procedura civile -, nato a Nuoro nel 1902. Si deve alla sua famiglia se Salvatore è conosciuto anche come romanziere. Dopo la sua morte, tra le vecchie carte del giurista, è stato scoperto il dattiloscritto de “Il giorno del giudizio”, romanzo, pubblicato postumo nel 1977, tradotto in diciassette lingue, che svela i caratteri umani e psicologici di alcuni personaggi di Nuoro ormai defunti.
«In questo tratto pianeggiante si raccoglieva naturalmente tutta Nuoro… E di qui dovevano passare, al mattino, tutti quelli che andavano dal dio Terragnolo che era il Tribunale, o dal dio anfibio che era la Chiesa, enorme, sproporzionata…».
Il romanzo è pervaso da una sorta d’amarezza latente che fa risaltare prima di tutto gli aspetti tragici o grotteschi della vita individuale e collettiva.
Il protagonista è un’anima aristocratica che si arrende al nichilismo e alla mancanza di senso dell’esistenza, in cui i destini degli individui, giovani e vecchi, ricchi e miserabili, intellettuali e matti del villaggio che siano, si intrecciano e si esauriscono nell’inevitabile conclusione comune a tutti: la morte. Pala riesce a cogliere ogni sfumatura dell’opera, trasmettendo nella sua lettura i più svariati colori dipinti dall’autore, dettando i tempi con maestria in particolare nell’interpretazione dello straordinario brano sul vino.
E giunge a questo punto il momento di Francesco Madonna, preceduto da un lungo applauso del pubblico all’attrice Stefania Masala assente, per problemi di salute. L’attore, nativo di Cagliari, regista di teatro, ideatore e direttore artistico della Rassegna teatrale S heliae-estate, regista di cortometraggi e documentari, tra cui “Contos de fuchile“, che interpreta, con immedesimazione e brio, Ombre, Gonario Ruiu, Toia Spano, Tonina Carta, tratte dal “Canto Rituale” della straordinaria Maria Carta, cantante, attrice e poetessa di Siligo, a cui il Gremio ha già dedicato un’intera appassionante serata:http://tottusinpari.blog.tiscali.it/2014/06/29/il-canto-di-maria-carta-grande-madre-della-sardegna-roma-e-l%e2%80%99associazione-sarda-%e2%80%9cil-gremio%e2%80%9d-ricordano-la-cantante-di-siligo/.
Voglio solo citare solo questi pochi versi tratti dall’ultima poesia che Maria scrisse prima di morire e che ne ritraggono il carattere di donna e artista:
«Io chiederò umilmente che ogni fiore continui a sbocciare anche dopo di me ».
Conclude la carrellata dei personaggi politici il grande Enrico Berlinguer, rappresentato dall’attore romano Luca Martella con il brano Qualcuno era Comunista, tratto dal suo Spettacolo sul Teatro-Canzone di Gaber-Luporini che porta in tournée girando l’Italia.
Il pubblico resta con il fiato sospeso per tutta la durata della sua appassionata interpretazione fino all’ovazione quando afferma:
«Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona».
Enrico è nato a Sassari nel 1922 ed è stato Segretario generale del Partito Comunista Italiano dal 1972 fino alla morte e principale esponente dell’eurocomunismo. Sono indimenticabili le immagini del suo tragico malessere durante un comizio a Padova e l’enorme folla commossa che ha accompagnato il suo funerale in piazza San Giovanni al Laterano.
Era un leader capace di denunciare la corruzione e valorizzare l’impegno dei giovani nella società contro i poteri fondati sul privilegio e l’ingiustizia e su questa denuncia pone l’accento Luca aumentando i toni dello sdegno durante il suo recital.
Voglio rappresentare Enrico, attraverso alcune sue frasi che ne condensano il pensiero:
«I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela».
E lo diceva più di trent’anni fa, ma in realtà è ancora vero…
«La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico».
«Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia».
«Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi, può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità. La prova per questo obbiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita».
È un concetto, questo, espresso anche dal Teatro-Canzone se si pensa al brano “Se ci fosse un uomo”.
«Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno».
Dopodomani…sicuramente, direbbero Gaber/Luporini/Martella…
«Il comunismo è la trasformazione secondo giustizia della società».
Così doveva essere caro Enrico…, ma forse così non è stato…
«Sul sole dell’avvenire oggi discutono più gli scienziati che i comunisti».
Enrico credeva veramente nel suo progetto, come molti altri. Questo sogno è perfettamente rappresentano nel recital di Martella:
«Qualcuno era comunista perché… Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra, il senso di appartenenza a una razza, che voleva spiccare il volo, per cambiare veramente la vita».
Ed immancabilmente la delusione di Berlinguer e di quelli come lui, è poeticamente dipinta nella consapevolezza espressa sempre dalle parole di Gaber/Luporini/Martella: «Da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra, il gabbiano senza più neanche l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si è rattrappito. Due miserie in un corpo solo».
A questo punto Masia presenta un Intermezzo musicale delle Sorelle Sabatini che dedicano la loro composizione “Raighinas” agli 11 personaggi la cui immagine scorre sullo schermo a ritmo di musica.
Chiudono le sorelle Sabatini con un brano dedicato a Beata Maria Gabriella Sagheddu, nata a Dorgali nel 1914, da una famiglia di pastori. A ventun anni scelse di consacrarsi a Dio ed entrò nel monastero delle Trappiste di Grottaferrata.
Attraverso un cammino rapido e diretto, cosciente della propria fragilità, avvertì l’urgenza di un’offerta di sé, coerente fino alla consumazione. La tubercolosi si manifestò nel suo corpo, sanissimo, dal giorno stesso della sua offerta, portandola alla morte in quindici mesi di sofferenza.
A conclusione dell’incontro il solito brindisi e cena con prodotti sardi offerto dal Gremio.
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AL GREMIO DEI SARDI DI ROMA, UN SINGOLARE MIX: “RAPIDUM” DI VINDICE LECIS E CONCERTO DEL “DUO PERFETTO”
Scritto da: Tottus in Pari in dai circoli degli emigrati sardi, tags: associazione il gremio di roma
di Patrizia Boi
Sabato 28 maggio 2016 si è svolto nella Sede del Gremio dei Sardi di Roma sita in Via Aldrovandi, un interessante evento dedicato al penultimo libro di Vindice Lecis, Rapidum, associato allo spettacolare Concerto del Duo Perfetto di Cagliari.
Il Presidente del Gremio Antonio Maria Masia, ha iniziato l’incontro ricordando il grande attore Giorgio Albertazzi, morto nella mattinata dello stesso giorno all’età di 92 anni, mentre si trovava nella tenuta di famiglia in Maremma. E lo ha ricordato, non solo per la sua indiscutibile grandezza, ma anche per aver partecipato all’evento del Mercatino di Conca D’Oro del mese di ottobre esibendosi inaspettatamente in un intensissimo Canto Dantesco, al cospetto di un pubblico entusiasta.
Dopo il necessario omaggio al grande artista scomparso, Masia ha poi presentato lo straordinario Duo Perfetto, composto dal violoncellista tedesco Robert Witt e dalla pianista sarda Clorinda Perfetto.
Si tratta di due personalità di grande talento, lei, Clorinda, dal 2001 pianista, professore d’orchestra e maestro collaboratore di sala e palcoscenico per il Teatro Lirico di Cagliari, lui, Robert, discendente da una famiglia di musicisti di Dresda, primo Violoncello del Teatro Lirico di Cagliari e per dieci anniStellvertretender Solocellist della Staatskapelle Dresden.
Per chi non aveva ancora avuta la fortuna di ascoltarlo nei numerosi concerti e rassegne che lo ha visto protagonista in tutta l’Isola e che lo vedrà in Italia e nel resto del mondo – in settembre, per esempio, in concerto tra Dresda e Berlino – il duo artistico, si è esibito con un entusiasmo, una precisione nel tocco, una fantasia di suoni e gesti, che ne hanno fatto apprezzare le peculiarità al caldissimo pubblico presente in sala.
La loro musica dal vivo è stata trascinante, la scenografia dei loro corpi è stata un matrimonio riuscito tra anime e strumenti, gli arrangiamenti dei brani sono stati carichi di innovazione e passionalità, l’affiatamento dei tasti e delle corde, ha seguito il sorriso dei volti che raggiungevano sempre, in un tripudio di note, gli animi degli spettatori.
Dopo una serie di brani del Duo, Masia, ha introdotto, attraverso le appassionate letture dell’Attore Algherese Alessandro Pala, lo scrittore protagonista dell’incontro, Vindice Lecis.
Si tratta, infatti, di una personalità complessa, un uomo impegnato da sempre in politica, da quando la politica esisteva davvero.
Simpatizzante fin da ragazzino del Comunismo, Vindice, a 19 anni era già segretario della Federazione Giovanile Comunista d’Italia (FGCI), l’organizzazione giovanile del Partito, a Sassari.
Presto laureatosi in Beni Culturali, è stato giornalista professionista dagli inizi degli anni Ottanta nel gruppo editoriale Espresso-Repubblica, e, ormai da una quindicina d’anni, è scrittore, considerato il romanziere storico più conosciuto in Sardegna, una sorta di fenomeno dell’editoria sarda.
Per comprenderne la grandezza, vale la pena di elencare le sue opere: La resa dei conti (Ariostea, 2003); Togliatti deve morire (Robin, 2005); Da una parte della barricata (Robin, 2007); Le pietre di Nur (Robin, 2011); Golpe (Corbo, 2011); Buiakesos: le guardie del Giudice (Condaghes, 2012); L´attentato che non ci fu (Cordero, 2013); Il condaghe segreto (Condaghes, 2013); La voce della verità. Storia di Luigi Polano il comunista che beffò Mussolini (Nutrimenti, 2014); Judikes(Condaghes, 2014); Rapidum (Condaghes, 2015), L’infiltrato (Nutrimenti, 2016).
Ha scritto ben 6 romanzi, dunque, che affrontano vicende del recentissimo passato e dell’attualità, dai misteri e le trame golpiste del dopoguerra sino agli anni delle stragi di stato.
Ricordiamo tra tutti, La voce della verità, Storia di Luigi Polano, il comunista sassarese che, su ordine di Togliatti, beffò Mussolini, infiltrandosi nelle trasmissioni radiofoniche ufficiali fasciste. Attraverso una potente radio allestita in una località segreta, la sua voce, con lo pseudonimo di Mario Appelius, polemizza, accusa, pianta stoccate vincenti, per tre anni, imperterrita, ogni sera fino alla liberazione di Roma, guadagnandosi l’odio di Mussolini e la tacita simpatia di molti italiani.
Ricordiamo anche la sua ultimissima fatica, il suo dodicesimo romanzo, che si colloca nella serie dei romanzi storici, “L’Infiltrato”, presentato ad Aprile al Salone del Libro di Torino.
Tra i personaggi di questo libro, troviamo anche, questa volta come personaggio comprimario, Antonio Sanna, l’investigatore-agente segreto del Pci protagonista della serie dei citati gialli storici.
Attraverso questa storia, verrà rivelata al grande pubblico, sempre nel contesto di una vicenda romanzata, la reale esistenza di un apparato segreto del Pci che analizzava il terrorismo per scoprirne origini e mandanti, oltre alla storia di un infiltrato comunista che davvero riuscì a farsi accettare in uno dei gruppi più pericolosi del periodo successivo al sequestro Moro. Da qui emerge anche la Sardegna, con Barbagia Rossa e i retroscena dell’assalto del 1978 alla stazione radiogoniometrica di Siamaggiore.
Nella sua brillante e feconda produzione letteraria, Vindice, segue anche il filone della nostra storia più antica che tratta la civiltà nuragica e la Sardegna medievale e poi, scorrendo secoli e millenni, visita la Sardegna e l’Africa romana dell’imperatore Adriano, come vedremo con l’ultimo romanzo di questa categoria Rapidum, al centro dell’incontro.
Su questo versante della storia del lontano passato dobbiamo a Vindice: Le pietre di Nur del 2011.
Protagonista della storia è Alvras il guerriero che si assume la responsabilità di condurre i Sardi nel conflitto contro Cartagine. Dopo aver ereditato dal saggio Serdon la guida del principato di Nur, sulla costa nord occidentale dell’Isola, Alvras scopre l’amore nella sacerdotessa Tùlema, la stessa donna che, con le sue doti divinatorie, riesce a prevedere l’ostilità crescente da parte dei colonizzatori stranieri.
“Le pietre di Nur” è un romanzo d’avventura solidamente ancorato ai dati storici, studiati e ricostruiti dall’autore con accuratezza e precisione.
La passione per la storia è una costante nella scrittura di Vindice Lecis, curioso e appassionato di storia e archeologia.
Poiché la Sardegna, viene trattata quasi come un buco nero, Vindice, ricostruisce il periodo della civiltà nuragica che ha avuto un ruolo importante nel Mediterraneo, sia nell’VIII che nei secoli precedenti.
Ricordiamo anche la trilogia dedicata al periodo medioevale della nostra Isola, il tempo dei Giudicati, con:Buiakesos, le guardie del giudice, Il Condaghe segreto e Judikes, tutti editi da Condaghes, casa Editrice rappresentata dal suo titolare Giovannino Manca al quale poi viene data la parola per un saluto.
Veniamo al romanzo della serata, il romanzo storico Rapidum, che comincia con un intrigo inestricabile sullo sfondo dei primi anni del principato dell’imperatore Adriano.
Anche in quest’opera, Vindice, si dimostra, come è stato definito in passato, Inviato nella storia.
E, come fa notare Masia, a tutti gli effetti lo è, perché quando è attratto e stimolato da un fatto storico, realmente accaduto, entra con tutto l’ardore e la forza di cui è capace nel fatto stesso, lo documenta, lo sviscera in tutti i suoi aspetti e ci infiora tutti i collegamenti immaginari che gli offre la sua fantasia, rendendo, comunque, il romanzo sempre verosimile e ben inquadrato nel tempo e nel contesto in cui il fatto vero si è svolto.
I romanzi di Vindice, del resto, ricostruiscono realtà e finzione con un stile incalzante ed un ritmo da giallo, dove non manca mai la suspence che rende il racconto coinvolgente e in grado di mantenere l’attenzione e l’interesse del lettore fino alla fine, come capita anche con Rapidum, che trascina il lettore fino in fondo.
Fulcro dei suoi romanzi storici, secondo Masia, è la centralità e la dignità della Sardegna in tutte le sue fasi storiche, come emerge nelle sue avvincenti storie di amori, sangue, guerre, vendette e desideri, animate da personaggi straordinariamente caratterizzati, una Sardegna, capace di intrattenere rapporti di pari dignità con le altre presenze istituzionali di ogni tempo, che siano regni, imperi, giudicati o lo stesso Potere Papale.
E in questo senso, Vindice, conduce per mano il lettore, dentro un mondo storico sardo e/o nazionale vero, che spesso ignoriamo.
E lo conduce incuriosendolo e stimolandolo ad approfondire.
Un altro punto di merito di Vindice è il risalto, l’importanza e lo spazio che lui dedica alle donne sarde.
Masia riconosce a Vindice il pregio di essere riuscito ad avvicinare ai fatti storici un pubblico vasto, anche giovanile, che in larga misura ne sarebbe rimasto distante.
Lecis, ha così ricostruito la storia dei Sardi in Africa: una storia ben nota agli studiosi che hanno analizzato le fonti documentarie, epigrafiche ed archeologiche attorno a Rapidum, una cittadella fortificata, ma meno ai non addetti ai lavori.
Vicende di fantasia intrecciate a fatti veri, personaggi inventati che si muovono accanto a protagonisti reali del passato, sono i protagonisti di questa storia: il principale, l’imperatore Adriano, che regnò a Roma negli anni tra 117 e 138 dopo Cristo.
Adriano diede il compito alla Cohors II Sardorum, unità militare composta esclusivamente da soldati sardi, di presidiare una zona della Mauretania, nell’Africa Settentrionale, particolarmente instabile per la presenza dei ribelli Mauri.
I militari isolani guidati dai comandanti Felice Sardo e Marco Giulio Potito, costruirono la cittadella diRapidum, un campo protetto da mura e torri e munito anche di caserme, edifici e terme.
Nella fortezza i protagonisti sono i sardi, che nel romanzo come nella storia si muovono tra alleanze, battaglie e intrighi politici.
Le vicende di Rapidum si intrecciano con quelle dei Sardi rimasti nei principali centri isolani come Turris Libisonis (l’odierna Porto Torres), Nora, Karalis, e con quelle di Roma dove l’imperatore regna in mezzo a intrighi e ostilità.
Per Vindice, però, i sardi non sono eroi e uomini leggendari, sono come gli uomini degli altri popoli, a volte ribelli, a volte sottomessi al sistema, a volte capaci di grandi alleanze per il bene della comunità.
In questo senso Vindice, parla della Sardegna, non per esaltarla, ma semplicemente per conoscerne i risvolti storici e, laddove la storia non arriva, lui la ricostruisce attraverso la sua logica di studioso e il suo intuito di romanziere.
Adriano viene presentato come un imperatore illuminato, raffinato e filosofo, amante più della pace che della guerra. Come lo presenta la Margherita Yourcenar che Lecis cita nella parte conclusiva del libro.
Una figura interessante è quella del sardo Ursario che combatte con i ribelli mauri, ma conserva un segreto inconfessabile, forse figura di eroe oppure una sorta di personaggio che avrebbe ai giorni d’oggi a che vedere con i “servizi segreti” dell’imperatore Adriano.
Per non svelare troppo del libro e della sua trama, non si racconta la vicenda, ma vengono fatte alcune interessanti letture sempre dalla voce di Alessandro Pala, che legge con trasporto sia come voce narrante, sia come personaggio di alcuni dialoghi di cui interpreta le varie voci.
Dopo un intervento dell’editore, un’intervista all’Autore da parte di Masia e le domande del pubblico, l’incontro si conclude con una serie di altri brani eseguiti magistralmente dal Duo Perfetto, che presenta un repertorio che spazia dalle forme compositive più classiche a quelle più innovative d’ispirazione jazzistica.
Tra l’ovazione del pubblico e il simpatico racconto di Robert Witt sono stati eseguiti: Ennio Porrino, I canti della schiavitù (Il sogno dello schiavo), E. Granados, Intermezzo, E. Granados, Danza Andalusa, A. Piazzolla, Oblivion, A. Piazzolla, Libertango, J. Bragato, Tango, G. Gerswhin, Porgy end Bess, Cinema Fantasy, N. Kapustin, Antology
Il pubblico non si è accontentato e, vista la bravura dei musicisti, ha applaudito fino ad ottenere anche il bis.
di Patrizia Boi
Sabato 28 maggio 2016 si è svolto nella Sede del Gremio dei Sardi di Roma sita in Via Aldrovandi, un interessante evento dedicato al penultimo libro di Vindice Lecis, Rapidum, associato allo spettacolare Concerto del Duo Perfetto di Cagliari.
Il Presidente del Gremio Antonio Maria Masia, ha iniziato l’incontro ricordando il grande attore Giorgio Albertazzi, morto nella mattinata dello stesso giorno all’età di 92 anni, mentre si trovava nella tenuta di famiglia in Maremma. E lo ha ricordato, non solo per la sua indiscutibile grandezza, ma anche per aver partecipato all’evento del Mercatino di Conca D’Oro del mese di ottobre esibendosi inaspettatamente in un intensissimo Canto Dantesco, al cospetto di un pubblico entusiasta.
Dopo il necessario omaggio al grande artista scomparso, Masia ha poi presentato lo straordinario Duo Perfetto, composto dal violoncellista tedesco Robert Witt e dalla pianista sarda Clorinda Perfetto.
Si tratta di due personalità di grande talento, lei, Clorinda, dal 2001 pianista, professore d’orchestra e maestro collaboratore di sala e palcoscenico per il Teatro Lirico di Cagliari, lui, Robert, discendente da una famiglia di musicisti di Dresda, primo Violoncello del Teatro Lirico di Cagliari e per dieci anniStellvertretender Solocellist della Staatskapelle Dresden.
Per chi non aveva ancora avuta la fortuna di ascoltarlo nei numerosi concerti e rassegne che lo ha visto protagonista in tutta l’Isola e che lo vedrà in Italia e nel resto del mondo – in settembre, per esempio, in concerto tra Dresda e Berlino – il duo artistico, si è esibito con un entusiasmo, una precisione nel tocco, una fantasia di suoni e gesti, che ne hanno fatto apprezzare le peculiarità al caldissimo pubblico presente in sala.
La loro musica dal vivo è stata trascinante, la scenografia dei loro corpi è stata un matrimonio riuscito tra anime e strumenti, gli arrangiamenti dei brani sono stati carichi di innovazione e passionalità, l’affiatamento dei tasti e delle corde, ha seguito il sorriso dei volti che raggiungevano sempre, in un tripudio di note, gli animi degli spettatori.
Dopo una serie di brani del Duo, Masia, ha introdotto, attraverso le appassionate letture dell’Attore Algherese Alessandro Pala, lo scrittore protagonista dell’incontro, Vindice Lecis.
Si tratta, infatti, di una personalità complessa, un uomo impegnato da sempre in politica, da quando la politica esisteva davvero.
Simpatizzante fin da ragazzino del Comunismo, Vindice, a 19 anni era già segretario della Federazione Giovanile Comunista d’Italia (FGCI), l’organizzazione giovanile del Partito, a Sassari.
Presto laureatosi in Beni Culturali, è stato giornalista professionista dagli inizi degli anni Ottanta nel gruppo editoriale Espresso-Repubblica, e, ormai da una quindicina d’anni, è scrittore, considerato il romanziere storico più conosciuto in Sardegna, una sorta di fenomeno dell’editoria sarda.
Per comprenderne la grandezza, vale la pena di elencare le sue opere: La resa dei conti (Ariostea, 2003); Togliatti deve morire (Robin, 2005); Da una parte della barricata (Robin, 2007); Le pietre di Nur (Robin, 2011); Golpe (Corbo, 2011); Buiakesos: le guardie del Giudice (Condaghes, 2012); L´attentato che non ci fu (Cordero, 2013); Il condaghe segreto (Condaghes, 2013); La voce della verità. Storia di Luigi Polano il comunista che beffò Mussolini (Nutrimenti, 2014); Judikes(Condaghes, 2014); Rapidum (Condaghes, 2015), L’infiltrato (Nutrimenti, 2016).
Ha scritto ben 6 romanzi, dunque, che affrontano vicende del recentissimo passato e dell’attualità, dai misteri e le trame golpiste del dopoguerra sino agli anni delle stragi di stato.
Ricordiamo tra tutti, La voce della verità, Storia di Luigi Polano, il comunista sassarese che, su ordine di Togliatti, beffò Mussolini, infiltrandosi nelle trasmissioni radiofoniche ufficiali fasciste. Attraverso una potente radio allestita in una località segreta, la sua voce, con lo pseudonimo di Mario Appelius, polemizza, accusa, pianta stoccate vincenti, per tre anni, imperterrita, ogni sera fino alla liberazione di Roma, guadagnandosi l’odio di Mussolini e la tacita simpatia di molti italiani.
Ricordiamo anche la sua ultimissima fatica, il suo dodicesimo romanzo, che si colloca nella serie dei romanzi storici, “L’Infiltrato”, presentato ad Aprile al Salone del Libro di Torino.
Tra i personaggi di questo libro, troviamo anche, questa volta come personaggio comprimario, Antonio Sanna, l’investigatore-agente segreto del Pci protagonista della serie dei citati gialli storici.
Attraverso questa storia, verrà rivelata al grande pubblico, sempre nel contesto di una vicenda romanzata, la reale esistenza di un apparato segreto del Pci che analizzava il terrorismo per scoprirne origini e mandanti, oltre alla storia di un infiltrato comunista che davvero riuscì a farsi accettare in uno dei gruppi più pericolosi del periodo successivo al sequestro Moro. Da qui emerge anche la Sardegna, con Barbagia Rossa e i retroscena dell’assalto del 1978 alla stazione radiogoniometrica di Siamaggiore.
Nella sua brillante e feconda produzione letteraria, Vindice, segue anche il filone della nostra storia più antica che tratta la civiltà nuragica e la Sardegna medievale e poi, scorrendo secoli e millenni, visita la Sardegna e l’Africa romana dell’imperatore Adriano, come vedremo con l’ultimo romanzo di questa categoria Rapidum, al centro dell’incontro.
Su questo versante della storia del lontano passato dobbiamo a Vindice: Le pietre di Nur del 2011.
Protagonista della storia è Alvras il guerriero che si assume la responsabilità di condurre i Sardi nel conflitto contro Cartagine. Dopo aver ereditato dal saggio Serdon la guida del principato di Nur, sulla costa nord occidentale dell’Isola, Alvras scopre l’amore nella sacerdotessa Tùlema, la stessa donna che, con le sue doti divinatorie, riesce a prevedere l’ostilità crescente da parte dei colonizzatori stranieri.
“Le pietre di Nur” è un romanzo d’avventura solidamente ancorato ai dati storici, studiati e ricostruiti dall’autore con accuratezza e precisione.
La passione per la storia è una costante nella scrittura di Vindice Lecis, curioso e appassionato di storia e archeologia.
Poiché la Sardegna, viene trattata quasi come un buco nero, Vindice, ricostruisce il periodo della civiltà nuragica che ha avuto un ruolo importante nel Mediterraneo, sia nell’VIII che nei secoli precedenti.
Ricordiamo anche la trilogia dedicata al periodo medioevale della nostra Isola, il tempo dei Giudicati, con:Buiakesos, le guardie del giudice, Il Condaghe segreto e Judikes, tutti editi da Condaghes, casa Editrice rappresentata dal suo titolare Giovannino Manca al quale poi viene data la parola per un saluto.
Veniamo al romanzo della serata, il romanzo storico Rapidum, che comincia con un intrigo inestricabile sullo sfondo dei primi anni del principato dell’imperatore Adriano.
Anche in quest’opera, Vindice, si dimostra, come è stato definito in passato, Inviato nella storia.
E, come fa notare Masia, a tutti gli effetti lo è, perché quando è attratto e stimolato da un fatto storico, realmente accaduto, entra con tutto l’ardore e la forza di cui è capace nel fatto stesso, lo documenta, lo sviscera in tutti i suoi aspetti e ci infiora tutti i collegamenti immaginari che gli offre la sua fantasia, rendendo, comunque, il romanzo sempre verosimile e ben inquadrato nel tempo e nel contesto in cui il fatto vero si è svolto.
I romanzi di Vindice, del resto, ricostruiscono realtà e finzione con un stile incalzante ed un ritmo da giallo, dove non manca mai la suspence che rende il racconto coinvolgente e in grado di mantenere l’attenzione e l’interesse del lettore fino alla fine, come capita anche con Rapidum, che trascina il lettore fino in fondo.
Fulcro dei suoi romanzi storici, secondo Masia, è la centralità e la dignità della Sardegna in tutte le sue fasi storiche, come emerge nelle sue avvincenti storie di amori, sangue, guerre, vendette e desideri, animate da personaggi straordinariamente caratterizzati, una Sardegna, capace di intrattenere rapporti di pari dignità con le altre presenze istituzionali di ogni tempo, che siano regni, imperi, giudicati o lo stesso Potere Papale.
E in questo senso, Vindice, conduce per mano il lettore, dentro un mondo storico sardo e/o nazionale vero, che spesso ignoriamo.
E lo conduce incuriosendolo e stimolandolo ad approfondire.
Un altro punto di merito di Vindice è il risalto, l’importanza e lo spazio che lui dedica alle donne sarde.
Masia riconosce a Vindice il pregio di essere riuscito ad avvicinare ai fatti storici un pubblico vasto, anche giovanile, che in larga misura ne sarebbe rimasto distante.
Lecis, ha così ricostruito la storia dei Sardi in Africa: una storia ben nota agli studiosi che hanno analizzato le fonti documentarie, epigrafiche ed archeologiche attorno a Rapidum, una cittadella fortificata, ma meno ai non addetti ai lavori.
Vicende di fantasia intrecciate a fatti veri, personaggi inventati che si muovono accanto a protagonisti reali del passato, sono i protagonisti di questa storia: il principale, l’imperatore Adriano, che regnò a Roma negli anni tra 117 e 138 dopo Cristo.
Adriano diede il compito alla Cohors II Sardorum, unità militare composta esclusivamente da soldati sardi, di presidiare una zona della Mauretania, nell’Africa Settentrionale, particolarmente instabile per la presenza dei ribelli Mauri.
I militari isolani guidati dai comandanti Felice Sardo e Marco Giulio Potito, costruirono la cittadella diRapidum, un campo protetto da mura e torri e munito anche di caserme, edifici e terme.
Nella fortezza i protagonisti sono i sardi, che nel romanzo come nella storia si muovono tra alleanze, battaglie e intrighi politici.
Le vicende di Rapidum si intrecciano con quelle dei Sardi rimasti nei principali centri isolani come Turris Libisonis (l’odierna Porto Torres), Nora, Karalis, e con quelle di Roma dove l’imperatore regna in mezzo a intrighi e ostilità.
Per Vindice, però, i sardi non sono eroi e uomini leggendari, sono come gli uomini degli altri popoli, a volte ribelli, a volte sottomessi al sistema, a volte capaci di grandi alleanze per il bene della comunità.
In questo senso Vindice, parla della Sardegna, non per esaltarla, ma semplicemente per conoscerne i risvolti storici e, laddove la storia non arriva, lui la ricostruisce attraverso la sua logica di studioso e il suo intuito di romanziere.
Adriano viene presentato come un imperatore illuminato, raffinato e filosofo, amante più della pace che della guerra. Come lo presenta la Margherita Yourcenar che Lecis cita nella parte conclusiva del libro.
Una figura interessante è quella del sardo Ursario che combatte con i ribelli mauri, ma conserva un segreto inconfessabile, forse figura di eroe oppure una sorta di personaggio che avrebbe ai giorni d’oggi a che vedere con i “servizi segreti” dell’imperatore Adriano.
Per non svelare troppo del libro e della sua trama, non si racconta la vicenda, ma vengono fatte alcune interessanti letture sempre dalla voce di Alessandro Pala, che legge con trasporto sia come voce narrante, sia come personaggio di alcuni dialoghi di cui interpreta le varie voci.
Dopo un intervento dell’editore, un’intervista all’Autore da parte di Masia e le domande del pubblico, l’incontro si conclude con una serie di altri brani eseguiti magistralmente dal Duo Perfetto, che presenta un repertorio che spazia dalle forme compositive più classiche a quelle più innovative d’ispirazione jazzistica.
Tra l’ovazione del pubblico e il simpatico racconto di Robert Witt sono stati eseguiti: Ennio Porrino, I canti della schiavitù (Il sogno dello schiavo), E. Granados, Intermezzo, E. Granados, Danza Andalusa, A. Piazzolla, Oblivion, A. Piazzolla, Libertango, J. Bragato, Tango, G. Gerswhin, Porgy end Bess, Cinema Fantasy, N. Kapustin, Antology
Il pubblico non si è accontentato e, vista la bravura dei musicisti, ha applaudito fino ad ottenere anche il bis.
“NESSUNO DOVEVA SAPERE”: LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI RITA SANNA A ROMA CON L’ASSOCIAZIONE DEL GREMIO DEI SARDI
Scritto da: Tottus in Pari in dai circoli degli emigrati sardi, tags: associazione il gremio dei sardi di roma
di Patrizia Boi
Il 13 febbraio scorso è stato presentato l’ultimo romanzo di Rita Sanna presso il Palazzo Unar, Sede del Gremio dei Sardi che ha promosso l’iniziativa in collaborazione con la Società Umanitaria.
Dopo il saluto iniziale al numeroso pubblico presente e una breve introduzione di Elena Cordaro dell’Umanitaria, ha preso la parola Antonio Maria Masia, Presidente del Gremio, che dopo aver presentato l’attore di teatro e di cinema Alex Pascoli incaricato della lettura di alcuni pagine del libro, si è soffermato su vari aspetti dello stile e del contenuto dell’opera.
L’opera segue altri romanzi, due dei quali, già noti al pubblico del Gremio e dell’Umanitaria: il primo, “Michelina” del 2008, il secondo “Ippolita” del 2013.
Michelina, è una storia scabrosa e terribile che tratta il complesso tema dell’incesto, della violenza sulle donne, raccontata con dignità e sobrietà con uno stile attraverso il quale la Sanna riesce ad attivare la riflessione sociale.
Ippolita, tratta della “solitudine” non solo di una Donna, ma dell’uomo stesso quando attraversa la fase della vecchiaia. Un racconto che mostra come si possa affrontare il declino fisico attraverso nuovi incontri, la solidarietà e l’affetto.
Questo ultimo libro di Rita Sanna si occupa, invece, di un argomento attuale, soprattutto, in questi giorni in cui si decide in Parlamento la legge sulle unioni civili e sulla adozione co-parentale, sulle famiglie arcobaleno, utero in affitto e maternità surrogata… l’eterna vicenda dell’Omosessualità e delle sue conseguenze nelle relazioni interpersonali, famigliari, politiche, di costume, delle tradizioni e della cultura.
Il tema della Diversità di tendenza sessuale è certo arduo da regolamentare: la Diversità è spesso vista come fattore di disturbo, atto a sconvolgere le verità costituite e in qualche modo l’ordine sociale.
Tutto ciò che è Diverso, infatti, per sesso, cultura, costumi, colore della pelle, condizione sociale, religione fa vacillare le nostre certezze, e spesso ci porta a reazioni confuse, discriminatorie e razziste.
Non dimentichiamo, rammenta Masia, che i più grandi eccidi e genocidi sono stati compiuti dall’uomo contro l’Uomo stesso sulla base di convinzioni infondate. Il tema della Omosessualità di Rino, il protagonista di questo nuovo libro di Rita Sanna, è indagato in maniera semplice e chiara e conduce ad una sottile riflessione.
Il libro poteva essere intitolato Rino, seguendo il filo dei nomi (Michelina, Ippolita), invece Rita ha scelto un titolo che ha già incorporato il senso del racconto: Nessuno doveva sapere in quel piccolo e sperduto paese della Sardegna intorno agli anni 70.
Perché quel “vizietto” che è meglio non nominare, è depravante e deve restare confinato entro le pareti domestiche, vissuto come una disgrazia da una madre che non capisce, non accetta e non comunica. Sul Diverso in un luogo chiuso nelle sue convinzioni si riversa solo disprezzo, fastidio, odio e una tremenda paura.
Oltre a questo accattivante titolo, il libro presenta una copertina che ritrae un quadro del grande pittore norvegese Eduard Munch, maestro nel rappresentare tormenti, dubbi e sofferenze dell’Uomo moderno di fronte al dolore, alle disgrazie, alle difficoltà. Titolo e copertina efficaci quanto mai.
Masia fa notare, come Rita, riesca a coniugare semplicità, chiarezza e capacità di sintesi. La sua scrittura non è mai ridondante di aggettivi e di complicati ragionamenti retorici, ma conduce subito al nocciolo del discorso favorendo nuove riflessioni. La lettura è scorrevole, forse grazie alla sua esperienza di insegnante, di cui Rita riesce ad avvalersi senza mai salire in cattedra. La struttura del libro è fatta di brevi o brevissimi capitoli che si snodano con fluidità.
Nel testo Masia ravvisa due aspetti nuovi.
In primo luogo, Rita, ricorre, per la prima volta, ad alcune espressioni in sardo per esprimere considerazioni, frasi ed epiteti di offesa e disprezzo verso gli omosessuali: infatti nella trama del racconto queste frasi rendono meglio il clima ostile ed i preconcetti di quel momento storico su tutta la vicenda.
In secondo luogo, sulla dinamica e tempistica del racconto, sempre avvincente allo scorrere di ogni pagina, Rita opera sin dalla prima pagina, un capovolgimento rispetto al normale percorso della narrazione, anticipandone l’esito finale.
A questo punto l’attore Alex Pascoli legge con trasporto e partecipazione alcuni brani tratti dall’opera.
Si parte, infatti, dal tormento degli ultimi attimi di vita del protagonista, la cui agonia funge da incipit su cui si costruisce tutta la trama, sapendo che, se pur si è svelato il finale, l’intreccio si dipana, comunque, lasciando il lettore curioso dell’avanzare del dramma di Rino e delle persone coinvolte nel suo tragico destino.
Vengono introdotti da Masia gli altri personaggi fra i quali, la madre di Rino, Donna Fellica, rigida, severa, conservatrice, segnata da una giovanile vedovanza, con il carico di due figli da crescere, e il giovane Don Fausto, nuovo sacerdote appena arrivato come parroco del suo paesino. Bello e riflessivo, ricco di comunicativa e sensibilità, inizia per primo ad intuire il dramma di Rino. Anche lui, in ogni modo, è incapace di alleggerire il peso di quest’uomo chiuso nel suo segreto. Del resto, la stessa Chiesa, da sempre, non assolve i devianti dalla retta via, se non accodandosi al generale giudizio spezzante e offensivo nei confronti dell’omosessualità.
Rino, alle soglie della piena maturità e con una posizione sociale e professionale di rilevo nel suo paese – direttore didattico – si trova improvvisamente costretto ad ascoltare i suoi desideri che si materializzano quando Rita introduce il personaggio di Bastianeddu. Questo ragazzo bello e grezzo, incolto ma sensibile, rimane affascinato dalla personalità di Rino. In Rino c’è la paura e i dubbi di un futuro ignoto e rischioso, ma emerge la consapevolezza che deve accettare il suo essere omosessuale, la sua Diversità.
Alex Pascoli, su invito del relatore, legge con commozione la descrizione del primo incontro fra Rino e Bastianeddu, in una piazza della grande città vicina al suo piccolo paese.
In quel paesino, però, non c’è posto per una passione scabrosa, il contesto è fatto di profonda arretratezza culturale, di mancanza di dibattito, di ignoranza.
L’attore riesce a trasmettere con una interpretazione coinvolgente il pathos delle scene principali della storia.
Per la madre di Rino c’è la colpa di aver cresciuto un figlio diverso e la scelta del silenzio.
Il fratello maggiore Costantino che rientra dalla Germania riesce solo a dire: se l’avessi saputo prima…
Poi ci sono le voci offensive dei paesani che ossessionano il cuore ed il cervello di Rino (maledetto pederasta, frocio di merda, spazzatura, scopati tuo fratello…, pur nel conforto delle parole di Don Fausto: non è colpa tua, il tempo non è ancora maturo per quelli come te…
E ora, noi tutti, possiamo dire che il tempo per quelli come Rino è maturo?
Con questa domanda il Presidente Masia lascia la parola al pubblico, dopo essersi fatto apprezzare per un intervento degno dei migliori critici letterari.
Durante l’incontro faccio attenzione a un fatto importante: la madre di Rino rappresenta la figura canonica della donna sarda timorata di Dio. Una donna tutta casa e chiesa che partecipa nella sua essenza della chiusura mentale dell’ambiente. Per lei il fatto di avere un figlio “finocchio” rappresenta una insopportabile sciagura. Per questo tipo di donna, la disgrazia non è espressa solo dall’omosessualità, ma dalla sessualità stessa.
Il peccato capitale della Lussuria, la colpa attribuita ai primi peccatori della storia, sono stati il cavallo di battaglia della programmazione negativa attuata dalla Chiesa, a scapito di uomini e donne già limitati dalla propria ignoranza. I limiti imposti, in realtà, non servono a eliminare davvero le naturali pulsioni dell’uomo, ma le fanno esplodere, con i divieti, in vizi ancora più assillanti. Il potere del divieto è davvero quello di far scatenare il desiderio proprio per ciò che è più vietato, tant’è che proprio negli ambienti ecclesiastici si nascondono discreti livelli di omosessualità.
Il peccato, la colpa, il giudizio, sono retaggio di quella parte più oscurantista della Chiesa, quella che ha creato roghi e bruciato le donne come streghe, le guaritrici, le profetesse, le veggenti, le antiche sacerdotesse, cioè le “prostitute sacre” dell’antichità. Benvenuta pertanto l’espressione di Papa Francesco in premessa al libro di Rita: chi sono io per giudicare?
Voglio ricordare, invece, come racconta Raimondo Demuro ne I racconti della Nuraghelogia, che le donne e gli uomini sardi avevano costumi più liberi quando durante la festa dei celibi: “la gioventù andava, uomini e donne insieme, al ruscello e lì si spogliavano nudi per farsi il bagno e poi facevano il ballo tondo… La Nuraghelogia teneva nel massimo conto il rispetto dei bisogni sessuali e perciò insegnava a usare, sin da piccoli, lo strumento che la natura ha dato all’uomo e alla donna…”.
In realtà l’atteggiamento moralistico è venuto dopo e non ha fatto altro che disallineare il corpo dell’uomo dalla sua anima e dal suo spirito, introducendo nella sua coscienza delle distorsioni che hanno creato conflitti, malattia e pensieri aberranti.
La novità che ha introdotto Rita in questo suo libro, è la figura giovane e compassionevole del parroco, più pietoso rispetto al sacerdote canonico che fa prediche moraleggianti e che minaccia la punizione divina al minimo discostarsi dai Comandamenti.
Queste mie considerazioni, sono anche il nocciolo dell’intervento fatto da Gemma Azuni, che ha raccontato la sua esperienza di assistente sociale a contatto con tutte le diversità. Gemma ha ricordato, inoltre, un episodio della sua adolescenza, dove il giudizio pesante sui gesti liberi di due giovani donne, limitava il rapporto con la loro femminilità. La scelta di partire era necessaria, per lei, per sua sorella, per le donne come loro, che vogliono essere libere.
In conclusione mi è rimasto impresso lo sguardo silenzioso e curioso di Rita Sanna che osservava i nostri dibattiti, le nostre considerazioni, le nostre dissertazioni sul giudizio, sulla colpa, sulle distorsioni come se pensasse: “allora sono riuscita a farli riflettere davvero”.
Articoli di Patrizia Boi pubblicati su Tottus in Pari, la rivisa rivolta ai sardi nel mondo
Giovedì, 4 Febbraio 2016
Scritto da: Tottus in Pari in sardi nel mondo | tags: Paolo Fresu | Modifica | 4 Commenti »
Giovedì, 10 Dicembre 2015
Scritto da: Tottus in Pari in dai circoli degli emigrati sardi | tags: associazione sarda il gremio di roma | Modifica | 1 Commento »
Domenica, 15 Novembre 2015
Scritto da: Tottus in Pari in sardegna | Modifica | Nessun commento »
Mercoledì, 4 Novembre 2015
Lunedì, 26 Ottobre 2015
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Martedì, 7 Luglio 2015
Scritto da: Tottus in Pari in dai circoli degli emigrati sardi | Modifica | 1 Commento »
Martedì, 2 Dicembre 2014
Scritto da: Tottus in Pari in dai circoli degli emigrati sardi | tags: fabrizio de andré, gianfranco cabiddu, Il Gremio di Roma |Modifica | 1 Commento »
Lunedì, 10 Novembre 2014
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Lunedì, 4 Agosto 2014
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Domenica, 29 Giugno 2014
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Lunedì, 9 Giugno 2014
Scritto da: Tottus in Pari in dai circoli degli emigrati sardi | tags: gianmaria bellu, gremio dei sardi di roma | Modifica |Nessun commento »
Venerdì, 6 Giugno 2014
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Mercoledì, 7 Maggio 2014
Scritto da: Tottus in Pari in dai circoli degli emigrati sardi | tags: gremio dei sardi di roma, Peter Marcias | Modifica | Nessun commento »
Mercoledì, 26 Marzo 2014
Scritto da: Tottus in Pari in dai circoli degli emigrati sardi | tags: associazione il gremio di roma, enrico pitzianti | Modifica | 1 Commento »
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