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Roma, Roma, Italy
Scrittrice di romanzi, racconti, fiabe, favole e storie per l'infanzia. Autrice del romanzo "Donne allo specchio" Mef Firenze, della raccolta di Fiabe "Storie di Magia" Happy Art Edizioni Milano, del volume LegenΔe di Piante - Nostra Protezione ed equilibrio in terra (una raccolta di 12 leggende sulle piante ambientate nei dodici mesi dell’anno) pubblicato a puntate nel 2014 su Wall Street International Magazine.Nel giugno 2017 ha pubblicato per la Collana I Cortili della Casa Editrice dei Merangoli, il Saggio Ingegneria Elevato n - Ingegneria del Futuro o Futuro dell’Ingegneria?, scritto a quattro mani con suo fratello Maurizio Boi, con 150 Immagini Colore/BN del fotografo Sergio Pessolano.

sabato 10 maggio 2014

Il Regista cagliaritano Peter Marcias al cinema Trevi con i suoi migliori flm su TOTTUS IN PARI

http://tottusinpari.blog.tiscali.it/2014/05/07/al-cinema-trevi-per-il-65%C2%B0-del-gremio-dei-sardi-roma-dedica-una-giornata-intera-al-regista-peter-marcias/

Peter Marcias
di Patrizia Boi

Il Gremio dei Sardi di Roma, per celebrare il suo 65° anniversario (1948-2013), continua a promuovere, con la collaborazione della FASI (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia), della Cineteca Sarda – Società Umanitaria e della Cineteca Nazionale, proiezioni e dibattiti con registi e attori presso il Cinema Trevi, nell’ambito della rassegna Incontro con il Cinema Sardo. Il 2 maggio 2014  è stata dedicata, infatti, una intensa giornata al Regista cagliaritano Peter Marcias.  Il Programma della Manifestazione, come al solito ricco di spunti, è stato predisposto da Franca Farina del Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale e da Alessandra Peralta, Regista della Rai. Peter Marcias ha  iniziato a girare dei cortometraggi in Sardegna da giovanissimo e soprattutto a frequentare la Cineteca di Cagliari, poi ha studiato cinema a Roma e si è diplomato in regia alla Scuola di Cinematografia di Barbarano Romano (Viterbo). Ha comunque imparato il mestiere  con il corso “Fare Cinema” del maestro Marco Bellocchio, a Piacenza. Il Cinema di Marcias, autore di documentari, cortometraggi e lungometraggi che si sono distinti nei festival nazionali e internazionali, si occupa sovente di temi a sfondo sociale e politico come accade in questi lavori che sono stati scelti per l’occasione. La rassegna è stata aperta dal cortometraggio Sono Alice (2005, 18’) che come dichiara lo stesso Marcias “parla di una bambina che vuole rendersi utile in famiglia perché capisce di un disagio quale la disoccupazione del padre. E’ un film anche sulla mia città, Cagliari, dove sono cresciuto. Volevo raccontare di una “bambina farfallina” che attraversa con leggerezza anche momenti di grande dramma”. Il dramma della disoccupazione, la fiaba, il ricordo, la tenerezza e l’incubo, sono i temi portanti del film in un mondo di bambini sempre pronti a sorprenderci con il loro sorriso alla vita. E a illuminarci è stata la straordinaria dolcezza della piccola Giulia Bellu, magistralmente diretta da Peter – anche se il regista compare in una scena e rifiuta di dare aiuto alla deliziosa bimba contrariamente a quanto farebbe nella vita -. 
È stata poi la volta della docu-fiction Ma la Spagna non era cattolica? (2007, 80’) che analizza con  delicatezza questioni irrisolte dalla politica italiana sui diritti civili delle minoranze. Una troupe televisiva spagnola, impressionata dall’interesse suscitato all’estero dalle riforme del governo Zapatero  sui diritti degli omosessuali, arriva a Roma per intervistare gli italiani in merito. Attraverso il giornalista Andrea Miguel Hernandez si interroga sulla percezione di queste materie (soprattutto le unioni omosessuali) presso la popolazione italiana, in un contesto intriso di cattolicesimo e vicino, anche fisicamente, al Vaticano. Come asserisce lo stesso Peter “Mi piace tanto la politica ed i film politici in genere. Nello stesso tempo volevo anche raccontare con una docu-fiction qualcosa di importante dei giorni nostri, “la nuova famiglia”. Mi hanno sorpreso le tante dichiarazioni delle persone, ad un primo impatto tutti o quasi erano contrari ai Pacs e riforme Zapatero, poi ragionando dicevano il contrario. Ci fa pensare che c’è tanto bisogno di approfondire la questione omosessualità perché è importante che l’Italia diventi uno stato civile come tanti altri”. Lo sguardo di Peter è sempre attento a cogliere tutte le istanze, opinioni in un verso e in senso contrario, a non giudicare mai chi esprime giudizi anche contrari presumibilmente al suo, a mettere in luce le contraddizioni di un pensiero o del suo opposto. È di certo un artista incentrato sulle difficoltà delle minoranze e sempre pronto ad accogliere qualsivoglia differenza. Il film più atteso, Dimmi che destino avrò (2012, 80’), che ha riscosso successi nazionali e internazionali anche per la coinvolgente e intensa interpretazione di Alina da parte dell’attrice albanese Luli Bitri, è stato presentato in prima serata. Si tratta di un lavoro incentrato sulla questione delle comunità rom che pur diventando stanziali si trovano sempre a dover fare i conti con i luoghi comuni e i pregiudizi sociali e che, come sostiene lo stesso Marcias, “è partito tutto dallo sceneggiatore, Gianni Loy, che mi ha detto: “Peter, ti vorrei presentare degli amici… Mi è venuta un’idea che è nelle tue corde”. Gianni è un uomo sensibile, è un professore, un giurista, un uomo pieno di talento e interessi. Mi ha condotto al campo Rom di Monserrato – una cittadina attaccata a Cagliari – e da quel momento ho fatto lo stesso percorso che ha fatto il commissario nel film, sono stato invitato nelle baracche a prendere un caffè e poi tutto il resto. Devo dire che la prima impressione è stata piacevole: tutti quegli ambienti colorati e pieni di oggetti, quelle stufe sempre accese, quel calore che permea le stanze, quel continuo caricare la legna… insomma quelle case di legno sembrava che mi accogliessero”.  Una zingara, un commissario di polizia, le spiagge cagliaritane, le baracche colorate, la gioia e la giocosità dei bambini, la spontaneità degli attori non professionisti, la musica, i silenzi, la lentezza, la semplicità e la poesia della macchina da presa di Peter raccontano con delicatezza di un mondo a cui tutti noi abbiamo timore di aprirci… Il pubblico è stato particolarmente entusiasta di questo film ha applaudito a lungo durante lo scorrere dei titoli di coda.
Successivamente a questa proiezione si è svolto il dibattito introdotto dal Vice Presidente del Gremio dei Sardi Roberto Natalini e moderato da Alessandra Peralta. Erano presenti Peter Marcias, Patrizia Boi,  Fabio Liberatori e Luca Martella. Marcias ha risposto alle domande con simpatia e spontaneità, senza censure e con una profonda apertura a qualunque tema sia stato toccato. Questo ha favorito la convivialità di un brindisi sardo con assaggio dei prodotti tipici che è stato preceduto da un breve monologo dell’attore Luca Martella sullo Spettacolo Storie del Signor  G… 10 anni dopo. E pensare che c’era il pensiero  che – sempre nell’ambito degli Eventi Promossi dal Gremio dei Sardi di Roma – porterà in scena il prossimo 29 maggio al Teatro Italia in favore delle popolazioni colpite dall’alluvione in Sardegna.  È stata poi la volta del corto Il mondo sopra la testa (2012, 12’), un cartone animato per adulti sul tema dell’omofobia dove, in una Cagliari rappresentata con le visuali poetiche della macchina da presa, un gruppo di minoranze gay, lesbiche e trans, esprime il proprio dissenso nei confronti del potere assoluto di un leader politico ipocrita e mendace. La salvezza per Marcias sembra rappresentata sempre dalla ricchezza della diversità e dalla spontaneità e leggerezza di una bambina… L’ultimo film in programma, Un attimo sospesi (2008, 90’), si allontana dai toni della Docu-fiction per percorrere quelle atmosfere sulfuree che attraversavano il nostro paese nei momenti che incombeva la paura della guerra. Come dichiara lo stesso Marcias, infatti, “Il film è nato per caso mentre passeggiavo con la sceneggiatrice Annalisa Aprile per via Cola Di Rienzo a Roma, nei giorni caldi delle manifestazioni per la pace del 2003. Avvertivo per strada una serie di insofferenze e paura per quello che stava accadendo, i vari telegiornali aggiornavano i continui attacchi di guerra e le immagini di povertà e morte non riuscivano a lasciare la mia mente. Ci siamo concentrati su alcuni personaggi, e da buon (anzi ottimo) curioso ho costruito la vita di cinque persone qualunque in un momento particolare della loro vita. 
Tanti personaggi che tutti i giorni vediamo per strada, troviamo al mercato, alla posta, al bar, in autobus. 
“Corpi” che vivono la metropoli, che reagiscono all’ansia e alla paura di tutti i giorni, nel caso di “Un Attimo Sospesi”, la paura di una nuova e scongiurata guerra. Achille, Francesca, Lidia, Joe, Farida, Rosario e il professore, sono tutti legati dalla speranza che qualcosa cambi all’improvviso, legati soprattutto alla normalità di tutti i giorni, legati all’amore per le persone che vivono al loro fianco”. La disoccupazione, l’omosessualità, la cultura romanès, l’omofobia, l’instabilità della guerra, l’attenzione per le differenze, sono temi cari a Marcias, che sempre riesce a raccontare con gentilezza e grazia ogni dramma, trasformando la sua macchina da presa in un osservatore attento e sagace che illumina l’intelligenza senza pretendere verità, ma aprendo il suo occhio magico verso la tolleranza, la fratellanza e l’Amore. La disoccupazione, l’omosessualità, la questione dei rom, l’omofobia, la guerra, Peter ama concentrarsi sui drammi politici e sociali che attraversano l’uomo comune, il diverso, le minoranze, mettendo in luce i loro conflitti interiori, le loro paure, le loro debolezze e lo fa con un tocco di delicatezza e poesia e facendosi spesso aiutare dagli occhi limpidi dei più giovani, dal loro spirito sincero e dai loro occhi spontanei e ridenti come quelli del bambino che dice al Commissario in “Dimmi che destino avrò”. 

mercoledì 7 maggio 2014

Luca Martella: una riflessione sui temi della vita

http://wsimag.com/it/culture/9009-luca-martella-alias-il-signor-g

Luca Martella alias il Signor G

Una riflessione sui temi della vita

Un attore, un regista, un cantante: Luca Martella, che da anni solca le scene di cinema e teatro, e la sua ultima riuscita prova teatrale, Storie del Signor G… 10 anni dopo. E pensare che c’era il pensiero, in cui ripropone il Teatro-Canzone reso famoso dal duo Giorgio Gaber-Sandro Luporini.
Forte della sua grande somiglianza con l’artista scomparso prematuramente 10 anni fa, ha voluto ripresentare al pubblico alcune delle canzoni e degli sketch con cui Gaber e Luporini rappresentarono l’Italia dagli anni '70 e oltre, due personaggi diversi tra loro ma che riuscirono a parlare al pubblico che li ascoltava, Gaber dal palco e Luporini dalle quinte, sollecitando quell’interesse nascosto che solo i grandi intellettuali sanno fare. Dopo l’anteprima dello spettacolo avvenuta lo scorso aprile all’Auditorium di Ciampino, abbiamo voluto scambiare due chiacchiere con Luca Martella, anche per farci raccontare di lui e del “suo” Teatro-Canzone.
L’Auditorium di Ciampino, da cui è partita questa tua nuova tournée sul Teatro-Canzone di Gaber-Luporini, negli anni passati ha ospitato un importante Festival del Jazz: che significato ha avuto esibirti su questo palco?
Come Giorgio Gaber, io ho sempre amato il jazz, tanto che ho costruito questo spettacolo con il preciso obiettivo di legare gli intensi monologhi scritti da Sandro Luporini e Gaber attraverso la musica. Non essendo possibile tenere impegnati gli spettatori con tre ore di soli monologhi, ho pensato di intervallare i brani recitati con le canzoni – come faceva Gaber del resto – e di usare il filo conduttore della musica per sottolineare anche i passaggi recitati, i cambi di tono, di ritmo, di argomento. Mi sono divertito a fare questa ricerca musicale e mi sono fatto aiutare per gli arrangiamenti dal Maestro Fabio Di Cocco. Del resto, il jazz è il mio vecchio amore e, addirittura, a mio figlio ho fatto sentire tanta di quella musica che quando a otto anni mi ha chiesto di imparare a suonare il sax sono corso a comprarglielo e ho facilitato in tutti i modi questa sua volontà… e ora anche lui fa parte della Band! L’Auditorium di Ciampino per me è il Paradiso Terrestre, senza contare che ho studiato per cinque anni in questa scuola e non puoi immaginare quanta emozione ho provato a tornarci dopo tanti anni e in questa nuova veste…
Come hai selezionato i brani di questo spettacolo, quale filo conduttore ti ha sostenuto?
Il Teatro-Canzone è talmente ricco che per me ogni volta è un vero problema scegliere quali pezzi inserire nello spettacolo e rientrare nei tempi previsti: ogni volta metto e tolgo dei pezzi, cucio e ricucio cercando di cogliere l’essenziale di quello che hanno creato il genio musicale di Gaber e il genio intellettuale di Luporini. Cerco di concentrarmi sui pezzi politici che hanno fatto epoca e inserisco qua e là qualche brano sull’amore, sulla relazione, sull’uomo e la donna... le canzoni tendono a spezzare il ritmo dei monologhi, e spazio da quelle più orecchiabili e quelle più divertenti e intense. Quando alla fine dello spettacolo vedo la gente che esce dal teatro contenta e divertita mi sento abbastanza soddisfatto: io non sono un cantante, ma un attore professionista, e mi calzo addosso tutto ciò che è più interessante da recitare o interpretare… del resto anche Gaber a un certo punto ha messo in secondo piano la canzone per immergersi nel Teatro.
Nell’interpretazione dei tuoi brani, quando ti coinvolge la personalità di Gaber?
Quasi ininterrottamente, nel senso che ho sempre presente la sua mimica facciale, l’entusiasmo e il coinvolgimento che lo caratterizzavano, quella sottile ironia e la capacità di rappresentarla con le pieghe della fronte, con lo sguardo, con le smorfie della bocca… Poi la dolcezza della sua voce e l’emozione di cui era sempre carica sono il mio timone…
Durante lo spettacolo ci sono dei momenti in cui ti influenza la figura di Luporini?
Certamente, molte volte: quando parlo del gabbiano in Qualcuno era comunista, perché il gabbiano è una fissazione che lui ha spesso nei suoi dipinti. Per lo spettacolo che farò il prossimo 29 maggio al Teatro Italia ho pensato a una semplice scenografia che proietta l’immagine dei suoi quadri (su gentile concessione dell’Associazione ADAC di Modena-n.d.a.): il gabbiano, l’uomo di spalle, la nave, il mare, sono temi che aveva già affrontato nella sua Metafisica del quotidiano e che poi ha portato dentro al Teatro-Canzone. Poi ho presente Luporini quando canto Lo Shampoo, da quando ho letto nel suo libro come è nata la canzone, ma soprattutto da quando Adriano Primo Baldi, suo gallerista e storico amico, mi ha raccontato che quella canzone ne rappresenta in pieno la sua indolenza…
Come mai un uomo così indolente come Luporini ha avuto tanta parte nel Teatro-Canzone?
Gli indolenti sono quelli che danno spazio al loro ozio creativo e finiscono con l’avere delle trovate geniali... Gaber non era certo indolente anzi, era sempre impegnato a creare – insieme a Luporini – o a portare in scena lo spettacolo, curando scrupolosamente e quasi in maniera maniacale ogni dettaglio… E Luporini è stato geniale nello scrivere i testi proprio in quel modo… naturalmente poi Gaber ci ha fatto i ricamini calzandoli a pennello a se stesso…
Il naso è un aspetto della tua sembianza che ti accomuna a Gaber: come influenza la tua performance?
Il naso è sempre stato il particolare che ha caratterizzato il mio viso da attore, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, in maniera positiva… e anche che ha reso interessante e divertente la faccia di Gaber… ma è anche la caratteristica su cui fissa l’attenzione Collodi in Pinocchio. A Pinocchio cresce il naso quando si allontana dalla strada maestra per andare all’avventura seguendo il suo istinto. Se ci pensate bene, il naso e l’orecchio rappresentano i sensi che seguono maggiormente l’istinto, quindi la parte più animale e selvaggia di noi. E la maschera di Pulcinella ha anch’essa un bel nasone…
In questo spettacolo hai introdotto il brano: La Razza in estinzione, tratto dall’album La mia generazione ha perso: cosa ha rappresentato questo album per il Signor G?
Fu certo l’album più amaro del Signor G che aprì un dibattito nella sinistra post sessantottina, forse esagerato nel suo generalizzare e dunque distorcere il vero messaggio. «Giorgio e io volevamo dire che quel grande cambiamento che tutti noi avevamo sperato con il Sessantotto non si era verificato completamente – spiega Luporini – e le nostre battaglie non erano state accolte dalle nuove generazioni come speravamo»: l’intenzione di Gaber e Luporini non era di criticare una generazione perdente, voleva essere solo l'amara constatazione di un cammino ancora lungo da percorrere. Del resto, anche io, seppure nato nel Sessantotto, non mi voglio considerare un perdente…
Ho visto che in queste Storie del Signor G c’è anche Il Suicidio: come pensi si suiciderebbe Luporini?
Non credo che potrebbe mai avere intenzione di farlo, ma, se proprio fosse costretto, prima si riposerebbe un po’…
E Giorgio Gaber, se fosse ancora vivo, come si suiciderebbe?
Prima farebbe lo spettacolo, poi se avesse ancora tempo, potrebbe suicidarsi sul palcoscenico a furia di bis…
Oltre ai temi politici, il Teatro-Canzone esplora temi di cui la gente non parla volentieri, come la masturbazione e l’impotenza: come reagisce la gente quando porti in scena questi temi?
Forse sono i momenti in cui si diverte di più, perché spesso non si parla di masturbazione e impotenza per paura o per vergogna… Ma quando qualcuno ha il coraggio di farlo, in modo così delicato, come hanno saputo fare Gaber e Luporini, sul palcoscenico, mettendo a nudo la debolezza umana, il pubblico se ne sente coinvolto e si può concedere di abbandonarsi al riso, sdrammatizzando la realtà… L’ironia è un’ottima cura per affrontare le paure e sciogliere i nodi irrisolti: altrimenti perché mi ci immergo così intensamente? C’è chi si cura dallo psicanalista e chi si mette a nudo a teatro…
Allora ad esempio ti metti a nudo quando reciti Il falso contatto? Lì si parla di relazione: poni l’accento sul disincanto o lasci uno spiraglio alla speranza nell’amore?
Io credo che il Teatro-Canzone sia una riflessione sul tema dell’uomo e della donna che tiene conto della realtà quotidiana che spesso conduce la coppia alla noia, all’abitudine e alla mancanza di desiderio. Eppure c’è sempre un’apertura alla speranza, al sogno, all’appagamento… Infatti io recito: «E vedremo come va a finire, c’è una fine per tutto e non è detto che sia sempre la morte…». C’è di continuo lo spazio per dubitare, Gaber è rimasto sempre con la stessa donna, Luporini si è sposato tante volte, costantemente convinto che fosse la volta buona, io forse sono più come Luporini e, nonostante la storia passata mi suggerisca di stare in guardia, finisco per crederci ancora… «E non so se mi conviene…».
Come nell’Illogica Allegria… a chi dedicheresti questa splendida canzone?
A tutti coloro che non hanno paura di vivere sebbene la vita sia un duro banco di prova per tutti, a quelli che sono rimasti delusi, ma vogliono comunque continuare a sognare, a quelli che hanno fallito ma da questo fallimento hanno imparato qualcosa, a quelli che non si stupiscono quando sono colti da Illogica Allegria…
… in sostanza a quelli che non hanno paura di sbagliare o se hanno paura comunque corrono il rischio di sbagliare?
Certo! La Paura è spesso una condizione mentale che non ci consente di crescere e di affrontare la vita. Quel monologo mi piace molto, amo l’ironia ma anche il pathos che Gaber pone in questa interpretazione… mi fa pensare poi a tutti quei telegiornali o notizie della stampa dove il diverso, l’extracomunitario, il ladro, l’assassino, sono utilizzati come spauracchio per le folle. Un tempo, ai tempi di Gaber, c’era la strategia della tensione, la paura della strage, ora c’è la strategia della paura, dell’instabilità dell’uomo di fronte a un’altra persona…
Di chi o di cosa dobbiamo avere paura secondo te?
Te lo dico con le parole di Gaber e Luporini: ho paura del «… grande e libero mercato delle facce… facce, facce, facce che lasciano intendere di sapere tutto e non dicono niente. Facce che non sanno niente e dicono… di tutto! Facce suadenti e cordiali, col sorriso di plastica...», insomma, per dirla tutta: “Mi fa male il mondo”…
Ti ho sentito recitare questo monologo e sembrano parole scritte da te: è perché ti rappresenta magari più di tanti altri brani?
Non solo questo brano, ma anche altri, seppur in modo differente, mi appartengono. Quando interpreto Mi fa male il mondo ho la facoltà di dire, attraverso le parole del testo scritto da Gaber e Luporini, tutto quello che vorrei dire ai politici italiani, ci metto tutta la mia passione e anche la rabbia, e so che così esprimo lo stato d’animo di molta gente… Ci sono dei monologhi che reputo siano i miei cavalli di battaglia. Quando interpreto per esempio L’equazione, vado a scavare in una parte più profonda di me sia riguardo alle relazioni sia a tanti altri aspetti della mia vita: questo mi consente di mettere in discussione il passato per reinterpretare il presente… E credo che faccia lo stesso effetto alla gente che ascolta…
Ne L’equazione entrano in gioco i sentimenti e “la vernice indelebile con cui li abbiamo dipinti”: secondo te, perché si fallisce sempre?
Forse noi abbiamo bisogno dei fallimenti per capire i nostri errori e operare trasformazioni che ci consentano di crescere. Se ci pensi non esistono ricette: e questo è il primo messaggio del Teatro-Canzone. In realtà Gaber e Luporini si sono posti un sacco di domande, hanno fatto delle critiche: il loro obiettivo non era quello di chiarire gli irrisolvibili problemi politici e sociali del nostro Paese o dell’uomo e della donna, ma semplicemente prenderne atto…
Norberto Bobbio ha scritto un interessante libretto intitolato Destra e Sinistra, simile alla canzone di Gaber-Luporini: cosa si muove dentro di te quando canti questa canzone?
Io sono molto arrabbiato con la sinistra che in questo alternarsi di governi si comporta in modo molto simile alla destra. Lo stesso Renzi è diventato Presidente del Consiglio con il beneplacito del Presidente della Repubblica con un’operazione non proprio ortodossa… Possiamo ancora parlare di alternanza democratica?
Il Teatro-Canzone oggi è legato all’autore vivente Sandro Luporini: ho saputo che sei coinvolto in un interessante progetto, ci anticipi qualcosa?
Si tratta di un evento sulla figura di Sandro Luporini per il 2015, ci sta lavorando il mio ufficio stampa con l’ADAC-Associazione Diffusione Arte e Cultura di Modena che gestisce in esclusiva l’attività di Luporini, ma per i dettagli – e anche per scaramanzia! – è meglio aspettare gli sviluppi del progetto…
Ultimamente è nata anche una collaborazione con il Centro Sportivo Italiano; come è legato lo sport con il teatro?
Il teatro è una specie di palestra di vita: mio padre, mio figlio e io siamo degli sportivi, abbiamo fatto sport a livello agonistico. Io ho fatto sia nuoto, sia tennis, sia sci. Luporini, poi, ha giocato a pallacanestro in serie A. Il teatro è movimento sia fisico sia mentale, la prima cosa che faccio quando si avvicina una data è di intensificare la corsa, il nuoto e stavolta anche lo sci, mi serve per fare il fiato che mi possa sostenere sul palcoscenico per più di due ore…
Qual è l’opera del teatro di Gaber-Luporini che desideri rappresentare in un prossimo futuro?
Io amo molto il Teatro-Canzone e, vista la quantità di brani che lo caratterizzano, vorrei fare ancora molti pezzi e molti spettacoli differenti, ma il mio sogno nel cassetto è un giorno di poter rappresentare Il grigio. Credo che il pubblico di oggi non sia ancora pronto per quest’opera, ma forse anche io ancora non sono convinto… Prima o poi, però, sono certo che lo sarò…
È vero, due grandi artisti come Giorgio Gaber e Sandro Luporini hanno lasciato in eredità brani magari ancora poco conosciuti ma sicuramente talmente coinvolgenti da stimolare la vena artistica di ogni grande attore o cantante che abbia voglia di mettersi in discussione… e Luca Martella è certamente uno di questi, avendo le capacità e le possibilità di poter oggi far rivivere quei momenti di intensa carica emotiva che erano tipici degli spettacoli del Teatro-Canzone.

martedì 6 maggio 2014

Evento Spettacolo Teatro-Canzone di Gaber-Luporini al Teatro Itali di Roma il 29 maggio 2014 ore 20,30

http://www.ipertop.it/storie-del-signor-g-10-anni-dopo-e-pensare-che-c-era-il-pensiero-4294019690.htm

patriziaboi - 

Storie del Signor G... 10 anni dopo. E pensare che c'era il pensiero - Roma

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Spettacolo sul Teatro-Canzone di Gaber-Luporini
di e con Luca Martella
                       
Teatro Italia di Roma –  29 maggio 2014 alle ore 20,30
Storie del Signor G… 10 anni dopo.
E pensare che c’era il pensiero
Torna il 29 maggio a Roma al Teatro Italia Luca Martella e la sua Band  per riproporre lo spettacolo da lui ideato, interpretato e direttoStorie del Signor G… 10 anni dopo. E pensare che c’era il pensiero.
L’iniziativa nasce dal Gremio dei Sardi di Roma, che con l’Associazione stessa, il Circolo Quattro Mori di Ostia, l’AssociazioneCulturale Grazia Deledda di Ciampino unitamente a La FASI (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia) e alla Cooperativa Go in Sardinia Traghetti, grazie alla collaborazione del Dopolavoro Ferroviario di Roma, il Centro Sportivo Italiano Comitato Provinciale di Roma (di cui ricorre il 70° anniversario della nascita), il Centro Umanistico di Solidarietà di Ciampino e alPatrocinio del Comune di Roma edell’Associazione Nazionale Presidi di Roma e del Lazio, ha pensato di organizzare questa serata per raccogliere fondi in favore della popolazione sarda colpita dall’alluvione dello scorso anno.
Luca Martella, grazie alla somiglianza con Giorgio Gaber e alla sua abilità di attore sia di cinema sia di teatro – ottime le sue interpretazioni di Lorca, Beckett e Pirandello – interpreta la parabola gaberiana in un recital in due atti con la sensibilità dell’oggi, nell’intento di prendere atto della nuova realtà, affrontarla, deriderla, soffrirne e allo stesso tempo proporre una riflessione come utile strumento di consapevolezza per le nuove generazioni.
In due ore di intensa e coinvolgente performance  potremo risentire brani e monologhi che hanno fatto la storia del Teatro-Canzone di Giorgio Gaber e Sandro Luporini come Lo shampoo, Destra-Sinistra, Mi  fa male il mondo, Io non mi sento Italiano, Qualcuno era comunista, La razza in estinzione, L’America  e La Libertà,ripercorrendo la storia del Signor G attraverso un arco di tempo che va dagli anni ‘70 al 2000.
L’interpretazione intensa di Luca Martella deriva non solo dal sentirsi molto simile anche fisicamente all’attore scomparso qualche anno fa, ma anche perché riconosce nella storia di Gaber la sua stessa storia, con tutti i trionfi, le amarezze, le illusioni, le delusioni, i percorsi fatti e da fare e infine perché anche lui è un “uomo senza qualità”  in grado di dipingere con pennellate sottili la realtà in cui viviamo.
Nello spettacolo si ride e si piange, come quando Luca-Giorgio racconta Falso contatto, con cui si rappresenta il tema dell’impotenza, della paura del fallimento che coglie il maschio di fronte a un mondo femminile sempre più agguerrito, ma nello stesso tempo questa fragilità viene accolta come fosse una realtà universale e si partecipa attivamente immedesimandosi nella situazione e nel personaggio.
È evidente la volontà di coinvolgere nello spettacolo i giovani, preziosi serbatoi in cui ritrovare l’energia per rivitalizzare il Sogno e le ali del “gabbiano senza più neanche l'intenzione del volo perché ormai il sogno si è rattrappito” (Qualcuno era comunista, di Gaber-Luporini).

A proposito di politica, ci piacerebbe sapere come oggi la coppia Gaber-Luporini – due amici  uniti in un sodalizio artistico e spirituale durato 40 anni –  avrebbe analizzato l’attuale momento politico del Paese, perché con la loro genialità, sensibilità e coinvolgimento in tutte le sfaccettatura della vita pubblica e privata, che Luca Martella incarna perfettamente, avevano già traguardato oltre, avevano già previsto quello che sarebbe accaduto, cosa che solo i poeti e gli intellettuali sono in grado di fare.
Ultima osservazione: la profonda passione per il jazz che unisce Martella a Gaber, tanto che nel suo quintetto annovera musicisti d’eccezione come il Maestro Fabio di Cocco  alle Tastiere, Massimiliano de Lucia alla Batteria, Andrea Colella al Contrabbasso, Matteo Martella al Sax e Giancarlo Martella alla Chitarra, e durante lo spettacolo salta evidente agli occhi l’affiatamento che unisce gli artisti.
Un’ultima annotazione: le notizie e le immagini sul Teatro-Canzone sono state fornite dall’ADAC ARTE Associazione diffusione Arte Cultura (http://www.adacarte.com/) di Adriano Primo Baldi e da Sandro Luporini (http://www.sandroluporini.it/).
 
Patrizia Boi
 
Per informazioni
Associazione Dopolavoro Ferroviario di Roma
 Via Bari, 22 - 00161 Roma
tel. 06.44180231 – 338.4307461
  Orario:
  Dal lunedì al venerdì
  Mattina: 9:00 / 13:00
  Pomeriggio: 15:00 / 18:30 
:06/05/2014
:Musica, Concerti, Cinema Teatro
:Ingresso a offerta
:29/05/2014
:20:30
:29/05/2014
:23:30
Luogo Evento
:Teatro Italia- Via Bari n. 18 - Roma
:Italia
:
Roma
:Roma
:00161
:Piazza Bologna
:Via Bari n. 18
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