REPORT - Italy, Benessere
Intervista rubata a Nico Valerio
È possibile oggi interessarsi di tutto e in profondità?
Intervista rubata, attraverso i suoi blog, al poliedrico e anticonformista intellettuale che applica con grande passione, anche nelle questioni più minute, gli insegnamenti di Leonardo e Voltaire.
Dopo essersi occupato per anni di giornalismo culturale, d'inchiesta, scientifico, politico e di critica e attualità musicale, di cultura e jazz, su importanti testate quali Il Mondo, la Repubblica, l’Espresso, ilCorriere della Sera, Panorama, L’Europeo, l’Astrolabio, ecc., Nico Valerio dedica prevalentemente i suoi studi all’alimentazione sana e naturale, alla storia del cibo, alla divulgazione scientifica, al vegetarismo, al crudismo, alla cultura e alla critica. In una società globalizzata e cosmopolita come quella contemporanea, oltre ai numerosi libri scritti sull’alimentazione, Valerio ha scelto la forma del blog per trasmettere le sue conoscenze e le sue opinioni in campo scientifico, cultura, ecologia, politica, commenti, disegni, critica, poesia e satira, come ci spiega lui stesso: "Il sito-blog come lo vedo io è un piccolo archivio personale, un diario pubblico che non conosce né cassetti né chiavi, ma che è sottoposto al giudizio severo e al feedback dei lettori".
Infatti, lo strumento del blog consente di entrare in contatto con lettori che altrimenti non saprebbero nulla delle materie care allo scrittore, esattamente come è successo a me. Ero interessata a saperne di più sulle controindicazioni dell’olio di palma e mi sono imbattuta in modo casuale in alcuni di questi blog. Devo dire che ho trovato una seria dissertazione in merito all’argomento e mi sono appassionata alla lettura del blog. Ritengo che nel web si leggano articoli svincolati dalla pressione della produzione e del consumo e dalla reale condizione di non-libertà in cui versa la stampa italiana, come sostiene d’altronde lo stesso Valerio: "I giornali italiani dipendono passivamente dalla pubblicità, a tal punto che spesso si guardano bene dal pubblicare articoli che parlano di difetti o vizi, anche di infrazioni deontologiche o provvedimenti legali che riguardano i prodotti pubblicizzati".
Una condizione che lo studioso ha toccato con mano come racconta più approfonditamente: "Quando tentai di scrivere articoli scientifici, citando sempre gli studi, per un settimanale leader e per un mensile specializzato in alimentazione naturale, in entrambi i casi la redazione obiettò che in tal modo (cioè pubblicando la famosa verità nascosta che il largo pubblico ignora) le ditte interessate avrebbero interrotto la pubblicità". In questo momento storico, quindi, di "esplosione di interesse di biologi, chimici, nutrizionisti clinici, patologi e tossicologi sui rapporti tra alimenti e salute, cibo e prevenzione", Nico Valerio si dedica con onestà intellettuale a questi temi pronto a sposare antichi valori: "Il cibo sia la tua medicina, la tua medicina sia il tuo cibo", secondo il detto che si rifà a Ippocrate, fondatore della medicina scientifica, ma nei secoli successivi anche simbolo dell’alimentazione e della medicina 'naturiste', essendo il primo significato storico di Naturismo quello di una dottrina che affida alla natura l’azione risanatrice dell’organismo malato, riconoscendo alla terapia medica una funzione puramente ausiliaria."
La sua convinzione come esperto di alimentazione è che cibo, stile di vita, cura del corpo e della bellezza siano gli alleati fondamentali della nostra salute, e che si debba demandare alla scienza medica solo la cura delle patologie che non è stato possibile prevenire grazie a una corretta alimentazione. Valerio, però, non suggerisce di affidarsi alla cultura naturista tout court se non confermata dalla scienza, e invita a diffidare di alcune opinioni correnti in merito a ciò che è naturale ("naturale per l’Uomo", specifica): "Dopo tante mistificazioni, bisognerebbe rieducare il pubblico, far capire ai lettori in che senso un regime alimentare selezionato per prove ed errori dall’Uomo migliaia di anni fa è naturale. E come va attuato e tradotto nei tempi nostri. E perché molte cose chiamate per pubblicità 'naturali' non lo sono, in quanto non sono affatto naturali per l’uomo: mai l’Uomo le ha mangiate e neanche fanno bene alla salute".
Del resto Valerio è un profondo conoscitore della materia in quanto autore di una decina di manuali, e appassionato conoscitore del cibo sano e naturale in senso tradizionale o antropologico, ma, nel contempo, attento a rivedere le verità alimentari alla luce della scienza moderna. Ovviamente, l’intento di questo articolo non è la pubblicità ai libri citati: dopo tante ristampe sono tutti esauriti, mi ha fatto presente lo stesso autore. Anzi ci vorranno almeno due anni perché possa essere prodotta un’aggiornata edizione del manuale L’Alimentazione Naturale alla luce dei nuovi studi scientifici: "Era da molti anni che non rileggevo più il mio manuale, perché sapevo, grazie agli studi quotidiani sulle riviste scientifiche per i corsi di aggiornamento che tengo in ogni stagione, che era ormai legato ai decenni passati. Però mi illudevo che bastasse aggiungere qualche nuovo studio a ogni voce per aggiornarlo. No, nient’affatto. Ogni riga, vedo, va riscritta e ampliata. Il manuale riflette quello che si sapeva in quegli anni, anticipa cose giuste e poi confermate, ma citando solo gli autori non i loro studi precisi, come si pretende oggi. E per uno studio, poco controllato di 20 anni fa, oggi se ne trovano 10 mila, e ben controllati".
La sua ricerca, perciò, è lunga e complicata, attenta alle giravolte imprevedibili degli studi scientifici. A chi gli chiede quando riscriverà il suo manuale aggiornato risponde realisticamente: "Ho calcolato che se dovessi applicare, come voglio e debbo, a L’Alimentazione Naturale lo stesso dignitoso metodo di scientificità ("ogni affermazione non banale va provata citando uno o più studi scientifici") impiegato per realizzare – negli anni Novanta, appunto – il mio Manuale di Terapie con gli Alimenti, dovrei pubblicare 3000 pagine, cioè tre volumi di 1000 pagine ciascuno!". Il che significa che non bisogna essere semplicistici in questo campo, né affidarsi ai facili entusiasmi e alle banali ricette di chiunque, come lui stesso spiega: "La scienza non è la storia d’un romanzo, facile a riassumere: se riassumi troppo e non tieni conto degli infiniti "se", "ma" e "riguardo a"; se da un caso particolare trai conclusioni generali affrettate; se soprattutto non riferisci in modo esauriente le prove, cioè chi l’ha detto e provato (così da permettere a chiunque di trovare lo studio preciso), non fai divulgazione scientifica, ma disinformazione da dilettanti, proprio come in quasi tutti i giornali e siti web di cui si pascono purtroppo i miei amici cultori sedicenti di naturismo alimentare, vegetarismo, veganismo, macrobiotica, crudismo, ecc.".
Valerio, quindi, invita al rigore delle affermazioni e non ai comodi consumismi. Le sue opinioni, in verità, sono sempre state frutto di attenti esami della realtà e la sua penna non ha mai evitato di rilevare le criticità del sistema, anche quando si è occupato di altri argomenti. Uno dei suoi cavalli di battaglia ritenuti minori è stato il recupero dell’antica e pagana "cultura del corpo" (FreiKorperKultur o FKK, o nudismo). E come si desume da queste considerazioni, non ha risparmiato sul tema la cultura dominante: "In un mondo che, non solo per l’ipocrisia e innaturalità del Cattolicesimo, ossessionato dalla sessualità e inquinato dalla pedofilia – e perciò produttore di una sessualità morbosa, contorta e depravata proprio perché negata – ma anche a causa delle nevrosi non risolte di molti sedicenti intellettuali laicisti e progressisti, ha patologicamente mescolato il sesso alla morte, dandoci solo il volto nero, aggressivo e violento dell’amore…".
E il jazz, che c’entra? "È la musica della mia vita", dice. "Forse perché è la musica della libertà e della Natura, cioè l’essere se stessi... ". Così ha preso l’abitudine di mettere in coda a ogni articolo del suo blog generalista Nico Valerio un link ai video jazz di YouTube. In passato, non ha evitato di svelare i giochi consumisti dei più gettonati festival musicali ai quali ha partecipato come critico di jazz: "Il Festival di Montreux, con tutta la sua fama, mostra soltanto le varie incarnazioni stagionali del potere discografico e dello show business", scrivevo tanti anni fa su l'Espresso. E oggi è ancora peggio. Ma poi il Festival di Montreux è ancora un festival di jazz? Non lo credo. È ormai pieno di musicaccia commerciale e rock". Nello stesso tempo, lui che ama i paradossi, ha fatto notare che in un’epoca buia e senza libertà come i nostri anni Venti e Trenta, il genere musicale libero per eccellenza, il jazz, ha paradossalmente avuto la massima diffusione popolare: "Nonostante le critiche dei giornali del Regime, più che i divieti, la musica dei 'negri' e degli americani ebbe grande successo in Italia nell’infausto Ventennio. Tutti ascoltavano e ballavano il jazz, vero o annacquato che fosse. Anzi, tanto di moda era quel nome o quel ritmo che ogni musica era 'jazz-band'. E i gerarchi? E Mussolini? Bastava dirgli che si trattava di un valzer o una mazurka. Così, con qualche trucco, lo si suonava e ascoltava perfino dopo le leggi razziali e anti-americane, durante la guerra e nell’Italia divisa. E ci furono addirittura generali della Wermacht e fascisti che organizzarono orchestre jazz. E anche i jazzisti, alla radio (radio Salò contro radio Bari), a modo loro fecero la guerra".
Insomma, se vogliamo chiederci con le stesse parole di Nico Valerio "Che cosa unisce le passioni per la natura, la libertà, il jazz, la vita sana, il naturismo, l’alimentazione, il giornalismo, la scrittura, la ragione, la critica, le scienze, l’ateismo, il nudismo, il vegetarismo, l’umorismo, la bellezza, il disegno, l’arte, la musica, la psicologia, le automobili d’epoca, la politica?", possiamo rispondere che è la curiosità, la passione, la ricerca, l’onestà intellettuale, lo spirito critico, la libertà, la Natura e la poliedricità di un uomo che ha dedicato tutta la vita alla scoperta di se stesso e degli altri. Se volessimo anche chiedergli cosa ha imparato in tutti questi anni sono certa che ci risponderebbe che quello che ha imparato è senza dubbio meno interessante di quello che deve ancora imparare e che da ogni esame critico di una situazione, di un evento, di un caso, ha appreso nuovi dubbi anche sulla sua stessa esistenza che lo hanno costretto a mettersi in discussione e rinnovarsi.
Tale è il compito di uno spirito critico, per dirla con Cartesio: "considerare il dubbio come un mezzo e non come un fine, come un procedimento preliminare, non come un risultato definitivo". Sono infatti convinta che "ogni cosa ha un perché" e che chiedersi il perché delle cose sia uno dei primi passi per sviluppare la propria intelligenza. Insomma, ero partita dalla conoscenza enciclopedica di Valerio riguardo all’alimentazione naturale per finire a interessarmi in effetti della forza del suo porre in dubbio… Sarà perché mi chiedo se nella nostra cultura consumista e superficiale, fatta di politica degli slogan e del gossip, attenta a incanalare ogni istante del nostro tempo in una corsa sfrenata e senza senso, esista ancora il valore fondamentale dello spirito critico, che per me significa "chiedersi il perché a prescindere dal fatto che si riesca realmente a definirlo…". "Ma con tanti interessi e tante sfumature della personalità" – dice Valerio – "c’è il rischio costante di essere equivocato". Lasciamo, perciò, a lui stesso il compito di dire chiaro e tondo quali sono i quattro aspetti a cui tiene di più:
1. A quelli che accusano di superficialità i versatili (ma spesso, fateci caso, questi critici sono persone che fanno una sola cosa e neanche in modo eccelso), dico: al contrario l’intelligenza è sempre versatilità, molteplicità. Perfino in filosofia, dove tutto è stato già detto, è inevitabile l’eclettismo. Lo confermano la psicologia, la storia della Cultura e le biografie celebri. L'intelligenza è pervasiva e non tollera confini: va dappertutto, occupa tutti gli spazi. Lo vedete già nell’infanzia: i bambini vivaci e intelligenti guardano tutto, osservano tutto, si interessano di ogni cosa. Quindi, al contrario d'un vecchio stereotipo popolare, o è versatile e leonardiana, o non è. Mi confermava in un'intervista Rita Levi Montalcini che non può essere che una persona sia intelligente e critica in un campo e in un altro no. Il Rinascimento è una riprova sublime di questa intuizione. O tutto o niente. Certo, magari si rischia l’opera per puro diletto, la provvisorietà, il non-finito, la leggerezza, la mancanza di tenacia (insiste su una cosa chi sa fare solo quella...). Leonardo, per esempio, raramente finiva le sue opere, sempre preso da cose nuove e più eccitanti, come un eterno adolescente. E poi gli Illuministi ripresero, ma con una moderna cognizione della scienza, la prassi leonardiana di rivolgere lo spirito critico al Tutto, intorno all'Uomo, senza confini. Un’avidità spasmodica di sapere, ecco la diversità vera della nostra Specie.
2. A quelli che non danno importanza a nulla (specie tra i maschi, specie in Italia...) obietto che invece tutto è idea, concetto, Ragione. Ma anche fantasia. Insomma "tutto è serio". Si può, si deve trarre una tendenza, una morale, una conclusione, un "significato" culturale, da qualunque fenomeno, anche il più futile (perfino, che so, la curiosa morbosa propensione per le natiche, popolarmente note come "lato B" (back side). Ma sì, tutto è semantico, cioè significante. A partire dalle parole (vedi certe etimologie curiose). Ne consegue che:
3. La libertà è la vera molla del Mondo, come dimostra appunto la Storia, che è sempre storia di libertà come ha provato Benedetto Croce (e indipendenza anche dai dogmi e dalle religioni, quando queste pretendono di condizionare anche la vita privata). Indispensabile quindi la tolleranza e il rispetto delle altrui opinioni. Voltaire ancor oggi passerebbe i suoi guai. A proposito, il mio primo blog è stato il Salon Voltaire, in cui un Voltaire di oggi critica con buonsenso laico e humour razionale tutto e tutti.
4. Ma di fronte alla nostra intelligenza che tutto pervade, non esiste distinzione tra temi alti o bassi, cose serie o futili. Le cose banali, giudicate poco serie e futili proprio dal ragioniere o dalla casalinga della barzelletta, come i tic psicologici, i lapsus e gli errori, sono in realtà serissimi, addirittura rivelatori, per l’uomo che sappia "vedere". E danno luogo a ritratti psicologici e a idee molto serie. All'inverso, i cosiddetti temi alti, seriosi, accademici, morali ecc., sono spesso piccola cosa, e possono anche essere affrontati ridendo e scherzando. In questo senso, allora, tutto è poco serio... Insomma, serietà nel gioco (cfr. i bambini), cioè nelle cose definite poco serie, e invece leggerezza, nonchalance, ironia, satira, nei temi cosiddetti seriosi, tipico rifugio del conformista. Un pizzico di golardia non guasta. Di qui si arriva facilmente alla satira e all'anticonformismo, che significa pensare con la propria testa. Ecco perché, provocatoriamente, arrivo al punto di lodare (e per la sua... intelligenza) la tanto vituperata modella nuda, in confronto all’acida prof. che la critica, ma anche di sostenere che la poesia la smetta di occuparsi solo di presunti temi elevati come fiori-amore-natura-stelle ecc., e si occupi finalmente di tutto, compresa la cosa-tabù, la più vergognosa e sporca che si possa immaginare, come nella curiosa poesia Kopros e in altre poesie satiriche o eccentriche.
Ma l’amore più grande, che in una lotta serrata forse batte addirittura sul filo di lana quello per la libertà, è per me è l'amore per la Natura. Natura fisica, reale, cioè camminare per boschi e vette: ho fatto la guida avventurosa per anni). E anche la filosofia di vita che a essa si rifà: il Naturismo. E pochi sanno che il Naturismo già nel primo Novecento predicava l'anti-consumismo e il risparmio dell’energia, anticipando gli attuali movimenti civici fondati sul “far da sé”. Perciò ho stilato un “Decalogo dell'anti-consumatore” come autodifesa contro la prepotenza dei produttori. Perché un mercato "libero", diceva Einaudi, è davvero libero quando venditori e acquirenti hanno gli stessi diritti, sanno sul bene venduto le stesse cose, sono insomma sullo stesso piano. Anche qui è un problema di libertà e giustizia.
Infatti, lo strumento del blog consente di entrare in contatto con lettori che altrimenti non saprebbero nulla delle materie care allo scrittore, esattamente come è successo a me. Ero interessata a saperne di più sulle controindicazioni dell’olio di palma e mi sono imbattuta in modo casuale in alcuni di questi blog. Devo dire che ho trovato una seria dissertazione in merito all’argomento e mi sono appassionata alla lettura del blog. Ritengo che nel web si leggano articoli svincolati dalla pressione della produzione e del consumo e dalla reale condizione di non-libertà in cui versa la stampa italiana, come sostiene d’altronde lo stesso Valerio: "I giornali italiani dipendono passivamente dalla pubblicità, a tal punto che spesso si guardano bene dal pubblicare articoli che parlano di difetti o vizi, anche di infrazioni deontologiche o provvedimenti legali che riguardano i prodotti pubblicizzati".
Una condizione che lo studioso ha toccato con mano come racconta più approfonditamente: "Quando tentai di scrivere articoli scientifici, citando sempre gli studi, per un settimanale leader e per un mensile specializzato in alimentazione naturale, in entrambi i casi la redazione obiettò che in tal modo (cioè pubblicando la famosa verità nascosta che il largo pubblico ignora) le ditte interessate avrebbero interrotto la pubblicità". In questo momento storico, quindi, di "esplosione di interesse di biologi, chimici, nutrizionisti clinici, patologi e tossicologi sui rapporti tra alimenti e salute, cibo e prevenzione", Nico Valerio si dedica con onestà intellettuale a questi temi pronto a sposare antichi valori: "Il cibo sia la tua medicina, la tua medicina sia il tuo cibo", secondo il detto che si rifà a Ippocrate, fondatore della medicina scientifica, ma nei secoli successivi anche simbolo dell’alimentazione e della medicina 'naturiste', essendo il primo significato storico di Naturismo quello di una dottrina che affida alla natura l’azione risanatrice dell’organismo malato, riconoscendo alla terapia medica una funzione puramente ausiliaria."
La sua convinzione come esperto di alimentazione è che cibo, stile di vita, cura del corpo e della bellezza siano gli alleati fondamentali della nostra salute, e che si debba demandare alla scienza medica solo la cura delle patologie che non è stato possibile prevenire grazie a una corretta alimentazione. Valerio, però, non suggerisce di affidarsi alla cultura naturista tout court se non confermata dalla scienza, e invita a diffidare di alcune opinioni correnti in merito a ciò che è naturale ("naturale per l’Uomo", specifica): "Dopo tante mistificazioni, bisognerebbe rieducare il pubblico, far capire ai lettori in che senso un regime alimentare selezionato per prove ed errori dall’Uomo migliaia di anni fa è naturale. E come va attuato e tradotto nei tempi nostri. E perché molte cose chiamate per pubblicità 'naturali' non lo sono, in quanto non sono affatto naturali per l’uomo: mai l’Uomo le ha mangiate e neanche fanno bene alla salute".
Del resto Valerio è un profondo conoscitore della materia in quanto autore di una decina di manuali, e appassionato conoscitore del cibo sano e naturale in senso tradizionale o antropologico, ma, nel contempo, attento a rivedere le verità alimentari alla luce della scienza moderna. Ovviamente, l’intento di questo articolo non è la pubblicità ai libri citati: dopo tante ristampe sono tutti esauriti, mi ha fatto presente lo stesso autore. Anzi ci vorranno almeno due anni perché possa essere prodotta un’aggiornata edizione del manuale L’Alimentazione Naturale alla luce dei nuovi studi scientifici: "Era da molti anni che non rileggevo più il mio manuale, perché sapevo, grazie agli studi quotidiani sulle riviste scientifiche per i corsi di aggiornamento che tengo in ogni stagione, che era ormai legato ai decenni passati. Però mi illudevo che bastasse aggiungere qualche nuovo studio a ogni voce per aggiornarlo. No, nient’affatto. Ogni riga, vedo, va riscritta e ampliata. Il manuale riflette quello che si sapeva in quegli anni, anticipa cose giuste e poi confermate, ma citando solo gli autori non i loro studi precisi, come si pretende oggi. E per uno studio, poco controllato di 20 anni fa, oggi se ne trovano 10 mila, e ben controllati".
La sua ricerca, perciò, è lunga e complicata, attenta alle giravolte imprevedibili degli studi scientifici. A chi gli chiede quando riscriverà il suo manuale aggiornato risponde realisticamente: "Ho calcolato che se dovessi applicare, come voglio e debbo, a L’Alimentazione Naturale lo stesso dignitoso metodo di scientificità ("ogni affermazione non banale va provata citando uno o più studi scientifici") impiegato per realizzare – negli anni Novanta, appunto – il mio Manuale di Terapie con gli Alimenti, dovrei pubblicare 3000 pagine, cioè tre volumi di 1000 pagine ciascuno!". Il che significa che non bisogna essere semplicistici in questo campo, né affidarsi ai facili entusiasmi e alle banali ricette di chiunque, come lui stesso spiega: "La scienza non è la storia d’un romanzo, facile a riassumere: se riassumi troppo e non tieni conto degli infiniti "se", "ma" e "riguardo a"; se da un caso particolare trai conclusioni generali affrettate; se soprattutto non riferisci in modo esauriente le prove, cioè chi l’ha detto e provato (così da permettere a chiunque di trovare lo studio preciso), non fai divulgazione scientifica, ma disinformazione da dilettanti, proprio come in quasi tutti i giornali e siti web di cui si pascono purtroppo i miei amici cultori sedicenti di naturismo alimentare, vegetarismo, veganismo, macrobiotica, crudismo, ecc.".
Valerio, quindi, invita al rigore delle affermazioni e non ai comodi consumismi. Le sue opinioni, in verità, sono sempre state frutto di attenti esami della realtà e la sua penna non ha mai evitato di rilevare le criticità del sistema, anche quando si è occupato di altri argomenti. Uno dei suoi cavalli di battaglia ritenuti minori è stato il recupero dell’antica e pagana "cultura del corpo" (FreiKorperKultur o FKK, o nudismo). E come si desume da queste considerazioni, non ha risparmiato sul tema la cultura dominante: "In un mondo che, non solo per l’ipocrisia e innaturalità del Cattolicesimo, ossessionato dalla sessualità e inquinato dalla pedofilia – e perciò produttore di una sessualità morbosa, contorta e depravata proprio perché negata – ma anche a causa delle nevrosi non risolte di molti sedicenti intellettuali laicisti e progressisti, ha patologicamente mescolato il sesso alla morte, dandoci solo il volto nero, aggressivo e violento dell’amore…".
E il jazz, che c’entra? "È la musica della mia vita", dice. "Forse perché è la musica della libertà e della Natura, cioè l’essere se stessi... ". Così ha preso l’abitudine di mettere in coda a ogni articolo del suo blog generalista Nico Valerio un link ai video jazz di YouTube. In passato, non ha evitato di svelare i giochi consumisti dei più gettonati festival musicali ai quali ha partecipato come critico di jazz: "Il Festival di Montreux, con tutta la sua fama, mostra soltanto le varie incarnazioni stagionali del potere discografico e dello show business", scrivevo tanti anni fa su l'Espresso. E oggi è ancora peggio. Ma poi il Festival di Montreux è ancora un festival di jazz? Non lo credo. È ormai pieno di musicaccia commerciale e rock". Nello stesso tempo, lui che ama i paradossi, ha fatto notare che in un’epoca buia e senza libertà come i nostri anni Venti e Trenta, il genere musicale libero per eccellenza, il jazz, ha paradossalmente avuto la massima diffusione popolare: "Nonostante le critiche dei giornali del Regime, più che i divieti, la musica dei 'negri' e degli americani ebbe grande successo in Italia nell’infausto Ventennio. Tutti ascoltavano e ballavano il jazz, vero o annacquato che fosse. Anzi, tanto di moda era quel nome o quel ritmo che ogni musica era 'jazz-band'. E i gerarchi? E Mussolini? Bastava dirgli che si trattava di un valzer o una mazurka. Così, con qualche trucco, lo si suonava e ascoltava perfino dopo le leggi razziali e anti-americane, durante la guerra e nell’Italia divisa. E ci furono addirittura generali della Wermacht e fascisti che organizzarono orchestre jazz. E anche i jazzisti, alla radio (radio Salò contro radio Bari), a modo loro fecero la guerra".
Insomma, se vogliamo chiederci con le stesse parole di Nico Valerio "Che cosa unisce le passioni per la natura, la libertà, il jazz, la vita sana, il naturismo, l’alimentazione, il giornalismo, la scrittura, la ragione, la critica, le scienze, l’ateismo, il nudismo, il vegetarismo, l’umorismo, la bellezza, il disegno, l’arte, la musica, la psicologia, le automobili d’epoca, la politica?", possiamo rispondere che è la curiosità, la passione, la ricerca, l’onestà intellettuale, lo spirito critico, la libertà, la Natura e la poliedricità di un uomo che ha dedicato tutta la vita alla scoperta di se stesso e degli altri. Se volessimo anche chiedergli cosa ha imparato in tutti questi anni sono certa che ci risponderebbe che quello che ha imparato è senza dubbio meno interessante di quello che deve ancora imparare e che da ogni esame critico di una situazione, di un evento, di un caso, ha appreso nuovi dubbi anche sulla sua stessa esistenza che lo hanno costretto a mettersi in discussione e rinnovarsi.
Tale è il compito di uno spirito critico, per dirla con Cartesio: "considerare il dubbio come un mezzo e non come un fine, come un procedimento preliminare, non come un risultato definitivo". Sono infatti convinta che "ogni cosa ha un perché" e che chiedersi il perché delle cose sia uno dei primi passi per sviluppare la propria intelligenza. Insomma, ero partita dalla conoscenza enciclopedica di Valerio riguardo all’alimentazione naturale per finire a interessarmi in effetti della forza del suo porre in dubbio… Sarà perché mi chiedo se nella nostra cultura consumista e superficiale, fatta di politica degli slogan e del gossip, attenta a incanalare ogni istante del nostro tempo in una corsa sfrenata e senza senso, esista ancora il valore fondamentale dello spirito critico, che per me significa "chiedersi il perché a prescindere dal fatto che si riesca realmente a definirlo…". "Ma con tanti interessi e tante sfumature della personalità" – dice Valerio – "c’è il rischio costante di essere equivocato". Lasciamo, perciò, a lui stesso il compito di dire chiaro e tondo quali sono i quattro aspetti a cui tiene di più:
1. A quelli che accusano di superficialità i versatili (ma spesso, fateci caso, questi critici sono persone che fanno una sola cosa e neanche in modo eccelso), dico: al contrario l’intelligenza è sempre versatilità, molteplicità. Perfino in filosofia, dove tutto è stato già detto, è inevitabile l’eclettismo. Lo confermano la psicologia, la storia della Cultura e le biografie celebri. L'intelligenza è pervasiva e non tollera confini: va dappertutto, occupa tutti gli spazi. Lo vedete già nell’infanzia: i bambini vivaci e intelligenti guardano tutto, osservano tutto, si interessano di ogni cosa. Quindi, al contrario d'un vecchio stereotipo popolare, o è versatile e leonardiana, o non è. Mi confermava in un'intervista Rita Levi Montalcini che non può essere che una persona sia intelligente e critica in un campo e in un altro no. Il Rinascimento è una riprova sublime di questa intuizione. O tutto o niente. Certo, magari si rischia l’opera per puro diletto, la provvisorietà, il non-finito, la leggerezza, la mancanza di tenacia (insiste su una cosa chi sa fare solo quella...). Leonardo, per esempio, raramente finiva le sue opere, sempre preso da cose nuove e più eccitanti, come un eterno adolescente. E poi gli Illuministi ripresero, ma con una moderna cognizione della scienza, la prassi leonardiana di rivolgere lo spirito critico al Tutto, intorno all'Uomo, senza confini. Un’avidità spasmodica di sapere, ecco la diversità vera della nostra Specie.
2. A quelli che non danno importanza a nulla (specie tra i maschi, specie in Italia...) obietto che invece tutto è idea, concetto, Ragione. Ma anche fantasia. Insomma "tutto è serio". Si può, si deve trarre una tendenza, una morale, una conclusione, un "significato" culturale, da qualunque fenomeno, anche il più futile (perfino, che so, la curiosa morbosa propensione per le natiche, popolarmente note come "lato B" (back side). Ma sì, tutto è semantico, cioè significante. A partire dalle parole (vedi certe etimologie curiose). Ne consegue che:
3. La libertà è la vera molla del Mondo, come dimostra appunto la Storia, che è sempre storia di libertà come ha provato Benedetto Croce (e indipendenza anche dai dogmi e dalle religioni, quando queste pretendono di condizionare anche la vita privata). Indispensabile quindi la tolleranza e il rispetto delle altrui opinioni. Voltaire ancor oggi passerebbe i suoi guai. A proposito, il mio primo blog è stato il Salon Voltaire, in cui un Voltaire di oggi critica con buonsenso laico e humour razionale tutto e tutti.
4. Ma di fronte alla nostra intelligenza che tutto pervade, non esiste distinzione tra temi alti o bassi, cose serie o futili. Le cose banali, giudicate poco serie e futili proprio dal ragioniere o dalla casalinga della barzelletta, come i tic psicologici, i lapsus e gli errori, sono in realtà serissimi, addirittura rivelatori, per l’uomo che sappia "vedere". E danno luogo a ritratti psicologici e a idee molto serie. All'inverso, i cosiddetti temi alti, seriosi, accademici, morali ecc., sono spesso piccola cosa, e possono anche essere affrontati ridendo e scherzando. In questo senso, allora, tutto è poco serio... Insomma, serietà nel gioco (cfr. i bambini), cioè nelle cose definite poco serie, e invece leggerezza, nonchalance, ironia, satira, nei temi cosiddetti seriosi, tipico rifugio del conformista. Un pizzico di golardia non guasta. Di qui si arriva facilmente alla satira e all'anticonformismo, che significa pensare con la propria testa. Ecco perché, provocatoriamente, arrivo al punto di lodare (e per la sua... intelligenza) la tanto vituperata modella nuda, in confronto all’acida prof. che la critica, ma anche di sostenere che la poesia la smetta di occuparsi solo di presunti temi elevati come fiori-amore-natura-stelle ecc., e si occupi finalmente di tutto, compresa la cosa-tabù, la più vergognosa e sporca che si possa immaginare, come nella curiosa poesia Kopros e in altre poesie satiriche o eccentriche.
Ma l’amore più grande, che in una lotta serrata forse batte addirittura sul filo di lana quello per la libertà, è per me è l'amore per la Natura. Natura fisica, reale, cioè camminare per boschi e vette: ho fatto la guida avventurosa per anni). E anche la filosofia di vita che a essa si rifà: il Naturismo. E pochi sanno che il Naturismo già nel primo Novecento predicava l'anti-consumismo e il risparmio dell’energia, anticipando gli attuali movimenti civici fondati sul “far da sé”. Perciò ho stilato un “Decalogo dell'anti-consumatore” come autodifesa contro la prepotenza dei produttori. Perché un mercato "libero", diceva Einaudi, è davvero libero quando venditori e acquirenti hanno gli stessi diritti, sanno sul bene venduto le stesse cose, sono insomma sullo stesso piano. Anche qui è un problema di libertà e giustizia.
Per maggiori informazioni: Nico Valerio, L'Alimentazione Naturale (edito negli Oscar Mondadori dal 1980 al 2001), Manuale di Terapie con gli Alimenti (1995), Il Piatto Verde (1986), La Tavola degli Antichi (1989).
www.nicovalerio.blogspot.it
www.alimentazione-naturale.blogspot.it
www.nicovalerio.blogspot.it
www.alimentazione-naturale.blogspot.it
Pubblicato: Sabato, 22 Giugno 2013
Autore: Patrizia Boi