Venerdì 13 settembre 2013, ore 20:19:46
S. Maurilio - Vergine
Sei in: Home page > Il Quartiere > News > Le altre news >Un ragazzo morto in carcere
News
13 settembre 2013
Domenica prossima 15 settembre alle ore 21.10, andrà in onda la seconda puntata della nuova serie "Un caso di coscienza 5" diretta da Luigi Perelli.In questo episodio, l'avvocato Rocco Tasca (Sebastiano Somma) dovrà affrontare un caso di violenza nelle carceri presumibilmente ispirato alla vicenda giudiziaria di Stefano Cucchi, il trentunenne geometra romano deceduto il 22 ottobre 2009 durante la custodia cautelare.
La vicenda, che scatenò l'interesse dell'opinione pubblica, si è conclusa il 5 giugno 2013 con la condanna in Primo grado di quattro medici e del primario dell'ospedale Sandro Pertini per omicidio colposo, un medico per falso ideologico e l'assoluzione di sei tra infermieri e guardie penitenziarie, per non aver contribuito alla morte di Cucchi.
Al di là di ogni polemica e di ogni difesa o accusa di parte, senza giudicare chi il processo ha assolto e condannato, è interessante rilevare che il caso Cucchi fece emergere altri 26 casi simili nello stesso anno (2009) di detenuti morti in carcere senza aver accertato la causa del decesso.
Supponendo che il sistema carcerario non sia attento ai detenuti, ma non è argomento di questa nostra riflessione esprimere un giudizio sul sistema carcerario, si potrebbe cercare di comprendere quanto accaduto ricordando l'opera di Michel Foucault, Sorvegliare e punire: la nascita della prigione, edita Einaudi.
Essa espone, infatti, il contrasto tra due forme di punizione: a) il supplizio pubblico; b) la pedante programmazione giornaliera prevista per gli internati in una prigione all'inizio dello scorso secolo.
Foucault mette in luce i cambiamenti avvenuti nei sistemi penali occidentali nell'ultimo secolo ed esamina la pubblica tortura in sé, una sorta di spettacolo di "piazza teatrale" con diverse funzioni ed effetti per la società.
Le funzioni perseguite erano: a) riflettere la violenza del delitto originario sul corpo del condannato; b) porre in atto la vendetta di chi è stato leso dal crimine sul corpo del colpevole.
Secondo Foucault "la legge era considerata un'estensione del corpo del sovrano, quindi era del tutto logico che la vendetta si incarnasse nella violazione dell'integrità fisica (corpo) del condannato".
Questa punizione aveva degli effetti collaterali indesiderati: a) forniva al corpo del condannato un palcoscenico su cui ricevere simpatia ed ammirazione; b) trasformava il corpo del condannato in un luogo del conflitto tra le masse ed il sovrano.
Spesso, infatti, le esecuzioni sfociavano in tumulti in appoggio del prigioniero.
Pertanto, la pubblica esecuzione si rivelava controproducente, addirittura l'antitesi degli interessi dello Stato.
Questo condusse gradualmente al passaggio dal sistema del supplizio pubblico a quello della punizione con la prigione.
Il passaggio al sistema carcerario attuale, a partire dalla riforma del sistema penale quasi contemporaneo alla Rivoluzione francese, sul piano socio-politico, secondo Foucault, sarebbe "funzionale agli interessi della classe borghese… Vi è un diverso modo di reprimere fermamente l'illegalismo dei beni (tipico della plebe, specie nei suoi strati marginali; furti, rapine, omicidi) rispetto ad una certa tolleranza verso l'illegalismo dei diritti (tipico dello scaltro borghese; truffe, corruzioni e simili)".
Insomma sembra che la tendenza a punire il corpo del condannato, retaggio del vecchio sistema penale legato alla punizione mediante Supplizio pubblico, produrrebbe un effetto di simpatia da parte del pubblico coinvolto e servirebbe solo a suscitare polemiche sulla legalità del comportamento di chi la mette in atto.
Tale è stato l'interesse suscitato dal caso Cucchi o casi analoghi - proprio per questa forma di simpatia che sempre si genera quando un corpo viene sottoposto a punizione, reale o presunta che sia -, che anche la Rai ha voluto dedicare a questo tipo di accaduto un episodio di fantasia dove, come precisa il protagonista Sebastiano Somma:"Non puntiamo mai l'indice contro le istituzioni, anche se trattiamo crimini che avvengono dentro le istituzioni. Cerchiamo di scavare nelle motivazioni che spingono un singolo a commettere un atto criminale".
Come suggerisce, infatti, Don Miguel Ruiz nel suo libro I quattro Accordi "Parlate con integrità. Dite solo quello che pensate. Non usate le parole contro di voi o per spettegolare sugli altri. Usate il potere della parola al servizio della verità e dell'amore" non dovrebbe essere nostro compito esprimere giudizi o critiche di sorta o provare a fare processi alle intenzioni, ma semplicemente provare ad ascoltare le ragioni di tutti.
Patrizia Boi
Vota la news