Informazioni personali

La mia foto
Roma, Roma, Italy
Scrittrice di romanzi, racconti, fiabe, favole e storie per l'infanzia. Autrice del romanzo "Donne allo specchio" Mef Firenze, della raccolta di Fiabe "Storie di Magia" Happy Art Edizioni Milano, del volume LegenΔe di Piante - Nostra Protezione ed equilibrio in terra (una raccolta di 12 leggende sulle piante ambientate nei dodici mesi dell’anno) pubblicato a puntate nel 2014 su Wall Street International Magazine.Nel giugno 2017 ha pubblicato per la Collana I Cortili della Casa Editrice dei Merangoli, il Saggio Ingegneria Elevato n - Ingegneria del Futuro o Futuro dell’Ingegneria?, scritto a quattro mani con suo fratello Maurizio Boi, con 150 Immagini Colore/BN del fotografo Sergio Pessolano.

martedì 29 agosto 2017

Intervista a Patrizia BOI su Wall Street International Magazine

Ingegneria Elevato ‘n’

Intervista a Patrizia Boi

13 AGOSTO 2017, 
Sergio Pessolano, Vista notturna di La Paz, Bolivia
Sergio Pessolano, Vista notturna di La Paz, Bolivia
Le nuove sfide lanciate dalle tecnologie innovative, dagli strumenti all’avanguardia, ma soprattutto dai nuovi modelli organizzativi che si stanno ancora sviluppando nel campo dell’Ingegneria, dell’Architettura e delle Costruzioni in genere – come la Wikinomics, il BIM, la Stampa 3D, la Tecnologia Blockchain, i bitcoin, gli Smart Contracts e le Organizzazioni Esponenziali, sono il tema di cui oggi parleremo con l’ingegnere Patrizia Boi.
Quando hai incominciato a occuparti di questa innovazione?
Non più di un anno fa, su proposta di mio fratello Maurizio. Era tempo che mi parlava dell’innovazione in campo ingegneristico, che leggeva molti libri sull’argomento, per lo più in inglese. Poi ha pensato che, unendo le forze, avremmo potuto mettere ordine su una serie di argomenti di cui lui aveva evidenziato le linee essenziali. In un primo momento ho dubitato che ce l’avrei fatta, io considero l’Ingegneria un lavoro che mi consente di vivere, la letteratura, invece, un modo per espandere la mia anima. A un tratto, però, mi sono resa conto che avevo l’opportunità di guardare anche all’Ingegneria con una prospettiva diversa e riflettere sull’innovazione, non solo da professionista, ma come chiunque voglia comprendere in modo semplice cosa sta accadendo alle nostre professioni nel mondo globale. Avevo appena finito di scrivere la fiaba olfattiva Kalika, la profumiera di Katai e intendevo trasformarla in un cartone animato da proporre alla Disney, invece, questa nuova ricerca, ha finito per assorbirmi totalmente.
Come nascono le tue riflessioni sulle prospettive future dell’Ingegneria?
Il punto di partenza è un tipo come Leonardo, aperto all’esplorazione dei campi più disparati del sapere, geniale e creativo, capace di guardare all’innovazione con occhi incantati. La cosa formidabile è che pure il punto di arrivo si concretizza in una specie di Leonardo, ma non in una persona sola, bensì in un organismo vivente generato dall’Intelligenza Collettiva diffusa nel pianeta. Non più un genio costretto in un mondo circoscritto, ma il genio elevato all’ennesima potenza della parte più creativa presente in una moltitudine di individui, un cervello globale che può facilmente e celermente costituirsi mediante la connessione resa possibile attraverso i Network. Con mio fratello Maurizio abbiamo pensato a come facilitare, utilizzando una serie di strumenti, la ‘collaborazione’ globale, in tutte le lingue, di tutte le possibili Intelligenze presenti nei Paesi più disparati del Globo per addivenire ad una capacità ‘amplificata’ dalla connessione e connettività e dar luogo ad una Intelligenza elevata all’ennesima potenza. A questo scopo Maurizio ha già creato, circa un anno fa, il Network Collaborativo CollEngWorld, ed è assolutamente determinato a mettere in atto questo progetto.
E questa, diciamo ‘missione’, ti trova d’accordo?
Se non mi avesse trovato d’accordo, non avrei nemmeno iniziato ad interessarmi alla ‘collaborazione’, non scrivo per denaro, per ambizione, per aumentare il mio potere, ma lo faccio per un’esigenza interiore di conoscere quel poco che si può conoscere, per chiarire ogni dubbio dentro di me, per esplorare quel mondo nascosto che emerge nel silenzio di noi stessi e per integrare parti in conflitto nella mia esistenza. Fin da piccola, indipendentemente dai miei studi di Ingegneria, sono sempre stata convinta che gli Esseri umani facessero parte di un Organismo vivente che respira grazie alla creatività diffusa nel pianeta, che gli individui fossero tutti connessi a livello sottile e che nessun incontro avvenisse in modo completamente casuale. Sono sempre stata attenta alla ‘sincronicità’ Junghiana e sono certa che ogni momento più difficile della vita sia sempre una grande opportunità per superare un conflitto, un momento di stasi, un dubbio, per rinascere dalle proprie ceneri come una fenice. Sono una ‘guerriera spirituale’ e non mi faccio condizionare facilmente, percorro le mie strade del cuore anche se non arrivo da nessuna parte, mi offrono però lo stimolo per riflettere sul senso dell’esistenza. Negli ultimi anni ho scoperto la ‘Equazione di Dirac’, la Fisica Quantistica, il libro di Fritjof Capra Il Tao della Fisica, i cammini spirituali dei Grandi Maestri, le teorie dei russi Grabovoj e Petrov e ho cercato di conciliare ogni visione e trovarne un senso comune. Questa ricerca effettuata si è condensata in un volume, scritto a quattro mani con mio fratello dandomi l’opportunità di integrare la visione tecnico - scientifica con la mia anima letteraria e con la tensione spirituale verso il superamento metafisico di ogni aspetto materiale volto all’espansione della coscienza collettiva dell’Umanità, aspetto, quest’ultimo che condivido sia con Maurizio che con Sergio Pessolano.
Con quali obiettivi avete coinvolto il fotografo come Sergio Pessolano?
Stavolta l’idea è stata mia, visto che Maurizio, vivendo a Cagliari, non conosceva Sergio. Maurizio mi aveva chiesto di cercare delle immagini per gli ultimi capitoli del libro e io gli ho proposto delle favolose immagini di capanne, abitazioni primitive, ambientazioni che Sergio aveva scattato nei suoi numerosi viaggi. Nonostante Maurizio ami molto i grafici e le illustrazioni ingegneristiche, è rimasto affascinato da quelle fotografie. È stato subito colpito anche dall’immagine di copertina, sempre di Sergio, per tutte le variopinte connessioni che rappresentava e per quelle parabole illuminate aperte verso il cielo. Ha intuito immediatamente il senso della connettività e dell’apertura verso il Tutto. Claudia Bisceglia, poi, la nostra editor, che ammirava molto le foto di Pessolano, mi ha chiesto di trovare una foto tag per ogni capitolo del libro che ne condensasse il messaggio in modo intuitivo, quindi, il gioco ci ha preso la mano e abbiamo eliminato la maggior parte dei grafici e, laddove era possibile, abbiamo utilizzato solo le foto di Sergio.
E Sergio Pessolano è stato contento di partecipare al progetto? Sergio è un medico, un appassionato di astrofisica e le fotografie sono la sua vita. Quando ha visto le sue immagini usate per rappresentare concetti di ingegneria innovativa, ne è stato semplicemente entusiasta. Riflettere sul nuovo significato dato alle sue foto gli ha fornito un grande stimolo, è stato un modo per guardarle da un’altra prospettiva. Analogamente, Maurizio, ha potuto vedere gli argomenti a lui cari espressi secondo un nuovo punto di vista, innovativo a suo modo. Del resto l’osservatore influenza il fenomeno, la scelta delle immagini effettuate da me e Claudia, dalla nostra percezione femminile, ha stupito Maurizio, ma ancor di più ha meravigliato Sergio stesso che ha dovuto imparare a guardare le sue stesse foto accogliendo un altro messaggio del loro originario dettato.
Prima hai parlato dell’Equazione di Dirac, che significato, a tuo avviso, racchiude?
Mi ha sempre attratto la sua forma elegante e armonica e (∂ + m) ψ = 0 e il suo enunciato: «Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma in qualche modo, diventano un unico sistema. In altri termini, quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce». Essa descrive il fenomeno quantistico dell’entanglement e conduce alla considerazione che se noi abbiamo fatto parte dell’Universo considerato come un enorme organismo vivente, ancora possiamo essere «soggetti ad una sorta di legame che ci rende partecipi di quell’inconscio collettivo che determina la nostra evoluzione o la nostra involuzione». E io ho sempre creduto che fosse così nella mia parte bambina, quella che mi fa scrivere fiabe, racconti e filastrocche, in quel nocciolo presente in tutti noi che Cristina Vignato definisce come l’Archivio Akashico «un illimitato “libro della vita”, una sorta di supercomputer dell’Universo, una memoria che contiene ogni azione, parola, sentimento, pensiero, nonché tutte le informazioni su ogni essere animato e inanimato che sia mai esistito nell’intero Universo e in qualsiasi momento dell’eternità». La ‘Collaborazione’ è insita nella mia natura e nella natura di tutti gli Esseri Viventi e questo ce lo insegnano le «organizzazioni animali, come possiamo osservare negli stormi di uccelli, nelle mandrie di mammiferi ungulati, nei banchi di pesci e di delfini, nelle colonie di termiti, formiche e api, nei gruppi di scimpanzé e di elefanti».
Proprio per questo motivo, quando Patrizia mi ha chiesto di scrivere un capitolo dedicato all’innovazione nel campo del Restauro, ho accettato con entusiasmo. E così sono entrato in contatto con Sergio, con Maurizio, con i collaboratori di Maurizio, in particolare con l’Arch. Giovanni Cappai che ha curato le immagini tecniche, con l’Ing. Moreno Cossu che si è occupato della Direzioni Lavori 4.0, con lo staff della casa editrice, soprattutto con l’Arch. Claudia Bisceglia che si è occupata dell’editing, con l’Arch. Williams Troiano che ha fornito un approfondimento sullo Scanner Laser e con tanti altri. Mi sono, quindi, chiesto: cos’altro è quest’opera se non l’occasione per fornire un esempio di ‘Collaborazione’?
Per maggiori informazioni:
Maurizio e Patrizia Boi, Ingegneria Elevatoᵑ- Ingegneria del Futuro o Futuro dell’Ingegneria?, dei Merangoli Editrice, Anno 2017 – 150 Immagini Colore/Bn di Sergio Pessolano

sabato 5 agosto 2017

Wall Street International: intervista alla dottoressa Maria Burgarella, Psicologa, su Frida Kahlo e il suo "Amoroso Abbraccio"

https://wsimag.com/it/arte/26960-frida-kahlo

Frida Kahlo

L'amoroso abbraccio dell'universo

5 AGOSTO 2017, 
Frida Kahlo, "Abbraccio amorevole dell’universo, la terra (il Messico), Diego, io e il signor Xolotl"
Frida Kahlo, "Abbraccio amorevole dell’universo, la terra (il Messico), Diego, io e il signor Xolotl"
Tra le rare anime libere che hanno attraversato l'esistenza terrena, colpisce l'originalità di un'artista che travalica i confini dello spazio e del tempo, superando i blocchi, gli ingabbiamenti, le programmazioni e le numerose credenze a cui di solito siamo soggetti. E lo ha fatto senza disconoscere la sua gente, anzi facendosi portavoce dell'anima rivoluzionaria messicana e della istanze primitive della cultura azteca e sublimandole nella sua personale arte di pittrice visionaria.
Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón, nata a Coyoacán (Città del Messico) nel 1907, sosteneva infatti: «La sola cosa che so è che dipingo perché ne ho bisogno e dipingo sempre quello che mi passa per la testa, senza altre considerazioni». Ed è straordinario che proprio lei abbia saputo rappresentare con apertura la sua realtà, sebbene fosse affetta da un limite fisico come la spina bifida, una grave malformazione congenita alla colonna vertebrale che determina rigidità motorie e funzionali. Questo fu possibile anche grazie a suo padre Guillermo, fotografo professionista, che esercitò su di lei una grande influenza insegnandole la tecnica dell'inquadratura fotografica e l'arte di ritoccare le foto col pennello, due abilità che Frida utilizzò nei suoi dipinti.
È davvero eccezionale, inoltre, che sia riuscita a coltivare i suoi talenti proprio nel momento più drammatico della sua esistenza, quando, a diciotto anni, fu vittima di un incidente mentre viaggiava su un autobus di legno. Le fratture riportate alla colonna vertebrale, al bacino e al piede destro, il tubo di metallo che le si conficcò nel ventre, la costrinsero a un lungo periodo di immobilità, bloccata per mesi nella sua stanza da letto. Proprio lì, iniziò a dipingere, aiutata da uno specchio appeso al soffitto. E lo specchio rifletteva sempre la sua realtà intima, le sue dicotomie, i suoi dolori, la sua geniale interpretazione della maternità, la sua immagine dai mille volti che compariva sempre come principale protagonista del suo obiettivo interiore.
Questo incidente, suo padre e l'incontro con il celebre maestro del muralismo messicano Diego Rivera, che sposò nel 1929, furono cruciali per lo sviluppo della sua pittura. Frida sosteneva, infatti: «Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego Rivera». La loro travagliata relazione, che durò ben venticinque anni, fu responsabile, infatti, di molte delle sue sofferenze, eppure la costrinse a prendere consapevolezza di tutti i suoi travagli facendole concepire numerose opere, tra le quali ci pare emblematica l’Abbraccio amorevole dell’universo, la terra (il Messico), Diego, io e il signor Xolotl, realizzata nel 1949, in età matura anche per la sua arte.
Abbiamo chiesto alla psicologa Maria Burgarella, anch'essa figlia del fotografo trapanese Giovanni, esperto conoscitore dello sviluppo, stampa e “ritocco” della fotografia in bianco e nero, un'interpretazione psicologica di questo quadro.
Che cosa intende rappresentare Frida in questo amoroso abbraccio?
L'artista rappresenta le dualità luce-ombra, sole-luna, giorno-notte, bene-male, le polarità maschile e femminile, yin e yang, ma anche l'archetipo della Grande Madre, al centro del quale pone se stessa con tutto il carico di sofferenza fisica, emotiva ed esistenziale sperimentata durante la vita.
Frida è madre e figlia, immersa in un universo che la abbraccia, quali bisogni esprime?
Ponendo se stessa nel grembo della Madre Terra, Frida manifesta la sua connessione e la consapevolezza del legame profondo, viscerale, animico con la madre che genera e nutre. L'archetipo della Grande Madre è primordiale e potente, è collegato alla Luna, al femminile come mediatore tra l'umano e il divino. Secondo Jung l'archetipo della Grande Madre è: «La magica autorità del femminile, la saggezza e l'elevatezza spirituale che trascende i limiti dell'intelletto; ciò che è benevolo, protettivo, tollerante; ciò che favorisce la crescita, la fecondità, la nutrizione; i luoghi della magica trasformazione, della rinascita; l'istinto o l'impulso soccorrevole; ciò che è segreto, occulto, tenebroso; l'abisso, il mondo dei morti; ciò che divora, seduce, intossica; ciò che genera angoscia, l'ineluttabile». È l'emanazione femminile, infatti, che ha il potere di curare e guarire ciò che all'uomo inteso come pensiero razionale sembra irrisolvibile, è il femminile che cura l'anima e le ferite grazie al buio, all'oscurità. La Madre Terra, rappresenta, inoltre, lo spirito creativo: in questo mondo, la materia e la terra sono l'espressione femminile del dio maschio.
Nel dipinto, sono raffigurati il giorno e la notte, la luna piena che illumina il buio, il sole splendente nella luce del giorno, cosa ci vuole raccontare l'artista?
La Luna nella parte oscura è piccola, suggerendo l'intimità, la profondità, la riflessione, il femminile, l'incubazione, la fase embrionale dell'idea che diventerà materia, nel caso dell'artista diverrà un'opera. Negli insegnamenti della Cabalà, la sfera spirituale della Luna, la Sephirot Yesod, esprime il fondamento, il subconscio, rappresenta il passato cristallizzato nella Coscienza degli uomini. L'inconscio collettivo contiene gli archetipi e i simboli che agiscono dal profondo dell'uomo guidando la sua energia, mentre le forme pensiero sono strutture energetiche che si accumulano nella Coscienza collettiva determinando la materializzazione delle idee. Si potrebbe utilizzare la metafora del parto come processo di materializzazione delle forme, quel parto che Frida ha sublimato nella sua arte, dando alla luce i suoi figli mancati come opere. Frida è donna che tramite l'arte diviene consapevole degli archetipi che agiscono dentro di lei, è in contatto col suo femminino, elabora e crea attraverso l'arte pittorica i suoi turbamenti, paure, deliri.
Essere madre non è, del resto, una questione puramente biologica, ma uno stato spirituale, è l'archetipo della Madre che agisce all'interno della donna consentendole di essere consapevole del proprio “femminino”. Nella parte bianca, luminosa, viene dipinto, invece, un sole grande, brillante, simbolo di amore incondizionato, elemento maschile che feconda, fuoco che arde, presente anche nelle mani del bambino. Questa dualità abbraccia e contiene la Terra, la Grande Madre raffigurata come una donna dalle sembianze messicane, che con un braccio sorregge dolcemente l'uomo mentre l'altro è rilassatamente appoggiato su Frida a simbolizzare che è la donna portatrice e custode della conoscenza, padrona dei ritmi e dei segreti della vita.
Il fuoco che arde è un tema ricorrente nella mitologia. Frida lo pone nelle mani del bimbo, perché?
Nella mitologia greca, Estia è la dea del focolare, vive nascosta, in casa, tiene il fuoco sempre acceso, è l'archetipo della concentrazione sul mondo interno. La donna è paziente nel mantenere il fuoco acceso che non si spegne mai anche sotto la cenere, rappresenta l'ardore, l'energia viva che attrae l'uomo. In realtà, però, il fuoco lo porta Ermes, dio maschio del mondo visibile e di quello invisibile, che può viaggiare tra il mondo dei vivi e dei morti, nel contempo vivo e morto, dio delle contraddizioni e mediatore degli opposti nella sua caratteristica rapidità e immediatezza. Del resto l'unione alchemica tra femminile e maschile permette al fuoco sacro di ardere e di sacralizzare il matrimonio alchemico nella coppia Frida-Diego, attuando l'integrazione degli opposti mediante il superamento delle proprie paure e disarmonie.
Cosa simboleggia il cane che dorme sul braccio oscuro della notte?
Il cane dormiente è il cane di Frida, Itzcuintli Señor Xolotl, che rappresenta Xolotl, il custode del mondo dei morti, simbolo di fedeltà, attaccamento, pura amicizia, vigilanza, protezione, lealtà. Osserva il mondo terrestre e trasporta i morti sul dorso nel mondo degli inferi, è una guida delle anime.
Il dipinto raffigura le ferite di Frida, le lacerazioni della donna, della madre...
Credo che la ferita più grande di Frida sia stata la sua mancata maternità rappresentata dall'abito rosso e dallo squarcio sul collo zampillante di sangue, a richiamare la frattura presente sulla Madre Terra. Il petto della Grande Madre, però, è terra sempre verde, lacerata ma viva, spaccata sul seno, ma dal suo capezzolo esce una goccia di latte. La Donna, infatti, ha la misteriosa capacità di trasformare il sangue in nutrimento. Il sangue contiene un simbolismo molto complesso legato al mestruo e al parto, alla nascita di un figlio negata all'artista, alla rinascita di se stessa attraverso l'arte. Nel corpo della dea nasce un albero, simbolo della conoscenza cosmica, connessione tra regno dei morti, mondo degli uomini e regno divino. La figura è contornata da piante, nel lato luminoso vi sono bulbi, fiori, frutti. Le braccia dell'universo hanno radici tenere, vive, delicate, da coltivare con cura e amore, così come la conoscenza del tutto. Frida ha voluto rappresentare la dea Madre della terra azteca, Cihuacoatl, dietro alla quale, la Madre Universale a sua volta abbraccia e contiene i due protagonisti, Frida e Diego.
Il bambino che Frida culla è anche un uomo, è piccolo e grande, cosa significa?
Frida sostiene dal collo Diego, l'amore della sua vita, l'uomo che tiene in mano il fuoco sacro, l'azione, lo spirito. Egli ha il terzo occhio spalancato, la ghiandola pineale, detta vista dell'anima ed è artista anche lui. Frida lo tiene come fosse un bambino a sottolineare anche la componente di amore materno che ha riversato su di lui. In realtà Diego, il bambino protetto dalle sue braccia, è anche il suo mecenate, il primo che crede in lei come artista. Non è fondamentale che poi la tradisca come donna, ingannandola, perché, in realtà, Diego, vivendo liberamente se stesso senza vincoli e pregiudizi, le fa da specchio. L'amore incondizionato nella coppia Frida- Diego affronta e supera le divergenze, i tradimenti, gli inganni, l'abbandono, sperimenta la separazione, il conflitto ma anche l'unione, l'armonia, la libertà d'essere uno nella dualità nell'accettazione dell'altro.
In conclusione, come possiamo sintetizzare il messaggio di questo dipinto?
Con uno stralcio tratto dall'Inno a Iside risalente al III-IV secolo a.C.:
«Io sono madre e figlia, Io sono le braccia di mia madre, Io sono sterile, eppure sono numerosi i miei figli, Io sono donna sposata e nubile, Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito».