Gli Esseri del Regno di Fantasia non si arrendono mai, che siano umili fanciulle o giovani coraggiosi, splendide principesse o nobili principi, piumosi pulcini o soffici aquilotti… Fatine ed elfi, vecchine sapienti e bimbi giudiziosi, uccelli variopinti e farfalline leggiadre si aggirano nel Mondo di Fata Immaginazione, Tessitrice dei nostri Sogni…
Informazioni personali

- Patrizia Boi
- Roma, Roma, Italy
- Scrittrice di romanzi, racconti, fiabe, favole e storie per l'infanzia. Autrice del romanzo "Donne allo specchio" Mef Firenze, della raccolta di Fiabe "Storie di Magia" Happy Art Edizioni Milano, del volume LegenΔe di Piante - Nostra Protezione ed equilibrio in terra (una raccolta di 12 leggende sulle piante ambientate nei dodici mesi dell’anno) pubblicato a puntate nel 2014 su Wall Street International Magazine.Nel giugno 2017 ha pubblicato per la Collana I Cortili della Casa Editrice dei Merangoli, il Saggio Ingegneria Elevato n - Ingegneria del Futuro o Futuro dell’Ingegneria?, scritto a quattro mani con suo fratello Maurizio Boi, con 150 Immagini Colore/BN del fotografo Sergio Pessolano.
giovedì 3 ottobre 2019
martedì 13 agosto 2019
Roberto Luciani illustra i Beni Culturali e il Paesaggio nella Fiaba di Patrizia Boi
https://wsimag.com/it/cultura/56432-i-beni-culturali-nella-fiaba
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I Beni Culturali nella fiaba
Viaggiare attraverso Siti archeologici, Natura e Paesaggio
13 AGOSTO 2019,
L’allineamento dei Menhir dell’area archeologica di Pranu Muttedu, foto di Cristiano Cani, febbraio 2010
C’è un modo originale e costruttivo per far scoprire ad adulti e bambini l’importanza e la Bellezza del Patrimonio Culturale e Paesaggistico del nostro Paese, per educarli al Rispetto dell’opera della Natura e di quelle dell’uomo o semplicemente per far conoscere loro l’esistenza dei Beni Ambientali. Patrizia Boi, Ingegnere e Cantastorie, lo fa utilizzando tutte le sue conoscenze, quelle di Progettista e Direttore Lavori, ma soprattutto quelle di una narratrice che ha approfondito la morfologia della Fiaba, l’Antropologia dei Popoli, le Simbologie e gli Archetipi, il Mito e l’Epos, la magia delle Piante e il loro potere curativo. Al di là della struttura della trama narrativa che incuriosisce e tiene sempre desta l’attenzione del lettore, nel suo ultimo libro1 Patrizia fa emergere il suo cuore Ecologico, una caratteristica presente anche in precedenti opere come LegenΔe di Piante - Nostra Protezione ed equilibrio in terra, scritto in collaborazione con Lidia Costa e Lucia Berrettari, pubblicato a puntate nel 2014 proprio su WSI. Però, l’elemento nuovo e sicuramente per noi più accattivante di questa sua ultima pubblicazione è il riferimento ricorrente ai Beni Culturali e al Paesaggio della sua Terra, la Sardegna.
Un esempio è il Laboratorio Alchemico dove il dio-scienziato Lug costruisce il suo Robottino Catorchio, uno strano edificio alimentato da energie rinnovabili. “[…] Aveva i muri molto alti e il tetto a capanna. Le finestre erano circolari e si aprivano con meccanismi sofisticati. Sul tetto poi c’erano pannelli che riflettevano la luce e una grande ciminiera da cui fuoriusciva uno strano fumo bianco […]”.
Ma forse l’idea più interessante è che questo Laboratorio semi-moderno si trova in una radura nel Bosco posta vicino ad uno dei Siti Archeologici nuragici più suggestivi della Sardegna che andrebbe tutelato e valorizzato. È Pranu Muttedu che, come spiega la Jana Gina a Catorchio, è “molto importante per questi allineamenti di Menhir. Il paese vicino si chiama Goni e la gente viene anche da lontano per studiare queste pietre”.
Naturalmente la Jana illustra al Robottino che quei grandi sassi si chiamano “Menhir”, “[…] pietre verticali che simulano il potere maschile e rappresentano l'elemento di congiunzione tra la Terra e il Cielo. Qui ce ne sono diciotto, sono allineate da Est a Ovest, nella direzione della nascita e del tramonto del Sole”. Dunque, la Boi fornisce alcuni elementi che potrebbero incuriosire il lettore e indirizzarlo attraverso percorsi meno noti ai viaggiatori che si inoltrano nella misteriosa Terra di Sardegna.
La Fiaba dedicata all’Alloro e all’Architetto Mariane Maistu è impostata sull’importanza del Progetto, quel momento magico in cui l’idea artistica si fonde alle necessità funzionali affinché venga creata un’opera architettonica. Così una “ragnatela straordinaria intessuta con fili argentati e dorati, una specie di tappeto con mille ricami, che riportava un disegno minuzioso […]” diventa la base progettuale per la realizzazione della chiesetta romanica di San Pietro di Sorres in cui “la pietra bianca e nera che la costituiva era decorata con intagli, intarsi, cornici, archi, pilastri e colonnine. Nelle lunette sopra gli archi erano ricavati bassorilievi con cerchi, rombi e croci […]”.
Mariane in questo caso diventa un Architetto che interpreta un Disegno magico, fornitogli da una donna trasformata in Pianta di Alloro, che gli appare come una visione che si materializza. Ma, in fondo, cos’è un progetto architettonico se non un’idea che prende forma prima nella nostra mente, poi su carta e, infine, quando viene realizzato, nella realtà? La Fiaba si conclude con l’immagine del Nuraghe Santu Antine, la Reggia Nuragica di Torralba, uno dei Nuraghi più maestosi dell'intera Sardegna. È un’opera di Architettura megalitica straordinaria, un Nuraghe polilobato dove un corridoio circolare ricavato nello spessore del muro collega le stanze.
Di Nuraghi si parla anche nella Fiaba dei Tre Fratelli ambientata nel territorio di Serri. In questo caso i giovani si imbattono nel Santuario Nuragico Santa Vittoria di Serri, un complesso archeologico, posto a circa 670 metri s.l.m., che si estende sul versante meridionale dell'altopiano basaltico della Giara di Serri. Il Pozzo Sacro del Santuario diventa per Patrizia l’occasione per affrontare anche il tema del Rito delle Acque e dell’Ordalia. Infatti, secondo i Nuragici “’S’abba tenet memoria’, cioè l’acqua conserva la memoria […]. Chi diventava cieco quando gli veniva buttata l’acqua negli occhi era giudicato colpevole. Chi, invece, era innocente, acquisiva la capacità di vedere più chiaramente. L’Ordalia era come il Giudizio di Dio […]”.
Ma nelle Fiabe di Patrizia non ci sono solo opere architettoniche. In esse trova spazio anche l’arte della tessitura attraverso la quale le Donne raccontano, oggi come ieri, le storie per immagini, come nel Mito di Aracne che tessé la sua tela per raccontare gli amori degli dèi.
L’autrice invita, quindi, il viandante a fermarsi a Sant’Antioco per visitare il suggestivo Museo del Bisso di Chiara Vigo, l’ultimo Maestro del Bisso ancora in vita, per scoprire la sua Arte Antica di filatrice e tessitrice. Nella Fiaba, la nonna spiega a Geltrude che “Il filo ritorto del Bisso si ricava dal mollusco chiamato ‘Pinna Nobilis’. […] Io ti insegnerò il segreto della dissalatura, della cardatura e dello sbiondamento che ci consentirà di trasformare questo filo in seta d’oro. Poi lo fileremo e lo tesseremo rendendo magico ogni nostro ricamo. […] La tessitura del Bisso è un’arte sacra concessa solo a chi ne comprende il vero valore”.
Patrizia ha sempre avuto la curiosità di un esploratore che si stupisce anche quando scopre un piccolo mosaico, una chiesetta di campagna, un monastero isolato, un reperto che emerge da uno scavo. Eccola quindi che, a Luogosanto, si entusiasma insieme a Cletus di fronte “all’Eremo di San Trano, un edificio rupestre situato su un ampio altopiano granitico che si erge sopra il centro abitato, […] costituito da irregolari blocchi di granito” e circondato da rocce incantevoli che la Natura ha incastonato lì.
Insomma, sono tanti gli elementi che compaiono nelle varie Fiabe, un percorso disseminato di Bellezza, un vero cammino letterario e artistico che ci guida alla scoperta dei misteri della Sardegna.
Così nella Fiaba di Ziu Liberu Cerca Tesori non mancano le citazioni di Pietre Monumentali Naturali e di luoghi magici che la Boi ha visitato o che ha trovato nei libri della Deledda o di qualche altro ricercatore sardo. Ed è il protagonista che, nel suo girovagare, si imbatte nella spettacolare ‘Pedra Istampada’, “un monumento naturale costituito da una immensa pietra con un diametro di almeno quaranta metri e un enorme buco al centro”, e nella ‘Preda Ballarina’, “cioè una pietra capace di danzare e poi fermarsi […] costituita da un blocco di granito poggiato su un altro conficcato nel terreno». Oppure si avventura nel «territorio dall’aspetto lunare, costellato di rocce e pietre” di Aggius dove trova una grande lastra di granito chiamata ‘su Tamburu Mannu’, il Grande Tamburo, che se toccata sul bordo oscilla producendo un rullio cupo.
E non si dimentica nemmeno delle Miniere sarde nell’ultima Fiaba dedicata alla Profumiera Kalika che proviene dall’antica Atlantide grazie ad una macchina del tempo e che viene sbarcata proprio nella Miniera di Ingurtosu “uno degli insediamenti minerari più importanti del mondo antico, un filone lungo circa dodici chilometri da cui si estraevano argento, piombo e zinco. Si estendeva per tutta la vallata, da Montevecchio a Ingurtosu, ed era immerso in un’atmosfera che l’abbandono rendeva davvero suggestiva”. Sembra di vederla Kalika mentre attraversa questo luogo abbandonato facendosi guidare dall’olfatto che le consente di distinguere nitidamente “le esalazioni di muffa dei ruderi, quelle del metallo degli impianti, degli enormi cumuli di materiali di scarto e dei carrelli arrugginiti e il tanfo di terra proveniente dai pozzi profondi” del villaggio fantasma in cui tutti gli effluvi del passato sono cristallizzati nei muri e nei vagoni sospesi nella memoria del tempo.
Grazie all’abilità narrativa dell’autrice, si materializza davanti ai nostri occhi di lettore l’Antica Miniera ancora in movimento, con i carri carichi d’argento e i piccoli Minatori Sardi che entrano nelle fauci della Terra e non sanno se rivedranno la luce del sole. Difatti, lo scavo minerario è denominato ‘su Ingurtidroxiu’, cioè inghiottitoio, in riferimento alla “rete di cunicoli sotterranei che aveva inghiottito tante vite umane. Infatti, il posto era anche noto come ‘Valle de Is Animas’ in ricordo di quei poveri minatori che avevano trascorso l’esistenza sottoterra più morti che vivi […]”.
Patrizia non perde l’occasione di descrivere il Paesaggio come fa per le Dune di Piscinas “piccole montagne alte un centinaio di metri e fatte di sabbia dorata, un paio di chilometri di giganti d’oro che sembravano parzialmente conficcati nel deserto”. Ed è capace di immaginare e raccontare “quel vento fresco, a volte leggero, a volte sferzante, che aveva scolpito la loro forma con la sua prolungata e incessante azione”.
Possiamo citare ancora i paesaggi di Bosa, Rena Maiore e Ozieri, ‘de Su Meriagu’ e ‘Gulfu de li ranci’, dell’isola di Tavolara, di Galtellì, Loceri, Sennori e del Supramonte, di Siurgus Donigala, Carloforte, Costa Rei e Sant’Antioco, di Kalaris e S’Alighera, i principali luoghi della Fiaba che Niccolò Pizzorno ha ubicato su una fantasiosa mappa dell’Isola.
Naturalmente Patrizia, che ha un animo cosmopolita, ama pure le bellezze che non appartengono alla sua Sardegna, quindi approfitta dell’ombra del Mediterraneo per far viaggiare i suoi personaggi anche fuori dall’Isola: nell’Agro Pontino, nella suggestiva Matera, nel Golfo di Napoli, nella lontana Liguria, alle Isole Tremiti e al limite della Penisola, sulla Drepanon felicemente assisa tra i due Mari innamorati dell’Isola di Trinacria.
Ma questo è ancora un altro viaggio. Alla fine del suo romanzo-fiaba troveremo la parola INIZIO perché si tratta davvero solo del principio di un viaggio nella Bellezza, nella Natura e nel mondo incantato della Fantasia.
1 Mammoy, di Catorchio, Cletus e altre avventure, dei Merangoli 2019, illustrazioni Niccolò Pizzorno.
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Architetto, Archeologo, Critico d’Arte, Giornalista scientifico, specializzato in Restauro dei Monumenti e in Conservazione Architettonica. Direttore di collane editoriali e riviste, suoi articoli scientifici sono in cataloghi di mostre e riviste specialistiche, presentazioni e saggi introduttivi di libri, atti di convegni internazionali. Giornalista con all’attivo oltre cinquecento articoli di esclusivo interesse artistico pubblicati su quotidiani e periodici nazionali e esteri.
mercoledì 7 agosto 2019
iSole aMare: Emma Fenu intervista Patrizia Boi fra Janas, spiriti Elementali e ingegneria
http://oubliettemagazine.com/2019/08/07/isole-amare-emma-fenu-intervista-patrizia-boi-fra-janas-spiriti-elementali-e-ingegneria/?fbclid=IwAR1e79ff0p0WCM2mZOoNcIpdUML7TyEgnDr0m46PYII2cH-pDHME7AO6yP8
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iSole aMare: Emma Fenu intervista Patrizia Boi fra Janas, spiriti Elementali e ingegneria
Posted by Oubliette Magazine | 0 comments

Ago 7, 2019
La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi?
“Sono l’Isola. Ma sono magica e infinita: non mi puoi cingere tutta.
Non mi puoi spostare, non mi puoi unire alla terraferma, non puoi possedermi. Puoi solo essere accolto, sederti alla mensa del mio corpo di sabbia e granito, mangiare dalla mia bocca le bacche del piacere e della nostalgia, fino a inebriarti, fino ad essere anche tu me. Ed allora ti fermerai per sempre, mi guarderai nelle pupille di basalto immerse nel cielo degli occhi e diverrai pietra.
Sarò la tua Medusa, con filamenti trasparenti danzerò per te negli abissi, ti brucerò di passione e non sarai più libero, nemmeno quando te ne sarai andato lontano, remando fino allo sfinimento, e il mare fra noi sarà un siero diluito con sangue di memoria e con lacrime di speranza.
Tu mi hai toccato, ora ti tendo le mani io.
Tu mi hai baciato, ora cerco il tuo sapore su di me.
Tu mi hai guardato: ora scruto l’orizzonte come una Didone abbandonata.
Tu mi hai annusato: ora raccolgo dalle fauci del maestrale il tuo polline per i miei favi.
Tu mi hai seguito: ora calo un ponte levatoio solo per te.
Tu mi hai atteso, ora ti attendo io.” – Emma Fenu ‒ “L’isola della passione”
Isole Amare.
Terre Femmine dispensatrici di miele e fiele, con un cuore di granito e basalto e capelli bianchi di sabbia che si spandono nel mare come le serpi di Medusa che, secondo la leggenda, un tempo della Sardegna fu sovrana.
Isole da Amare.
Terre Madri e Spose che squarciano il cuore di nostalgia, tirando il ventre dei propri figli con un cordone ombelicale intrecciato di mito, memoria e identità.
iSole aMare.
Sole che scalda e dà vita oppure che brucia e secca, negando l’acqua.
Mare che culla e nutre oppure che disperde e inghiotte, imponendo l’acqua.
La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi? A questa domanda implicita i nostri ospiti, attraverso parole, note e colori, saranno invitati a rispondere.
La rubrica è stata inaugurata da Paolo Fresu, hanno seguito Claudia Zedda, le fondatrici di Libriamoci, Pier Bruno Cosso, Grazia Fresu, Cristina Caboni, Maria Antonietta Macciocu, le sorelle Francesca e Marcella Bongiorno, Franca Adelaide Amico, Anna Marceddu, Silvestra Sorbera, Nadia Imperio, Anna Santoro, Salvina Vilardi, Marina Litrico, Tatiana Pagano, Gavino Puggioni, Gabriella Raimondi, Giuseppina Torregrossa, Francesca Mereu, Francesca Guerrini, Claudia Musio, Paola Cassano, Giulia Baita, Olimpia Grussu, Cristina Muntoni, Valeria Pecora, Graziella Pinna Arconte, Carla Mura, Alessandra Derriu, Claudia Sarritzu, Gian Mario Virdis, Laura Congia, Paolo Montaldo, Giovanna Uccheddu, i fondatori di Sicci Creations (Andrea Mureddu ed Emanuela Carboni) ed Alessandro Cocco.
Oggi è il turno di Patrizia Boi, nata a Cagliari e residente a Roma dove lavora per una grande società di servizi come ingegnera civile. Scrive romanzi, racconti, fiabe, favole e storie per l’infanzia oltre che articoli, interviste e saggi.
Molte le sue collaborazioni nel corso di una vivace attività intellettuale. Collabora con Wall Street International Magazine; con Contemporary Literary Horizon, una rivista bilingue e multiculturale indipendente di cultura e spiritualità contemporanea; con il giornale Tottus in Pari, con il portale di cultura e informazione Controluce; con il periodico indipendente di cultura e informazione cinematografica I Diari di Cineclub; con la Community Internazionale The World of Collaborative Engineering – A creative Revolution. È inserita nel Direttivo del Gremio dei Sardi di Roma per il quale propone e organizza eventi coinvolgendo intellettuali e artisti dell’Isola. Dall’inizio del 2017 collabora con l’Organizzazione Psicoalchimia della Psicologa Maria Burgarella con la quale condivide articoli, interviste e seminari. Per la WebTV Radio Gassino Uno e per la rivista Tottus in pari cura la rubrica “Tra Fiaba e Leggenda”.
E.F.: Cosa è per te la sardità e l’isolitudine?
Patrizia Boi: L’isolitudine ha una forte valenza simbolica: mi lega alla magia degli archetipi e alla potenza della femminilità originaria. È uno spazio dell’immaginario confortato dal limite che consente un rifugio al naufragio della vita e della propria identificazione. I mostri che gravitano nell’inconscio possono emergere ed essere confinati in una dimensione gestibile, possiamo conoscerli, esplorarli e integrarli nell’inconscio, possiamo farci sommergere dalle maree. L’Isola, la Sardegna, per me è un centro geografico da cui partire per esplorare il resto del mondo, un omphalós ancorato alle radici, agli antenati, al mondo selvaggio primitivo e arcaico da cui è più agevole la contemplazione dell’infinito. Nel mio ultimo romanzo “Mammoy, di Catorchio, Cletus e altre avventure”, la sardità è anche l’occasione per creare un uomo nuovo che, nello spazio dell’isolitudine, possa accrescere la sua capacità di acuire i sensi e di integrare nella sua esistenza la conoscenza intuitiva, il mistero e la magia, un connubio di conoscenze che emergono dalle acque ribollenti dell’inconscio. L’Isola è il luogo adatto per intrecciare destini utilizzando quella capacità femminile che consente di tessere trame, annodare le reti da pesca e filare la seta che il mare ci dona. E la Sardegna è il posto magico dove si possono incontrare tanti personaggi fatati come le straordinarie Janas…
E.F.: Hai nominato le nostre Janas: esistono davvero? Chi sono?
Patrizia Boi: Io le ho incontrate spesso, a volte nelle Domus, ad altre volte nei Menhir, oppure all’interno di un Nuraghe o a protezione di un Pozzo Sacro. Di certo si nascondono dentro le Piante, sono gli Spiriti Elementali che proteggono le Signore Sughere, il Lentischio profumato o il Ginepro proteso al vento. Esse sono le Fate dell’Isola di Sardegna, amano il silenzio, l’armonia, la luce bianca e i colori dell’arcobaleno. Indossano abitini di raso e seta, di petali di fiore e di fili di luna e con le loro alucce trasparenti svolazzano attorno alla pianta protetta. Le Fatine delle Querce sono tutte brune, quelle delle Sughere hanno i capelli turchini e le vesti azzurrine di broccato, mentre le Fatine del Mirto sono minuscole e hanno i capelli rossi. Poi ci sono le Fatine del Cisto con le gonnelline di fili di sole e quelle dell’Ulivo con i capelli dorati. Le più deliziose sono le Fate del Ginepro, con i capelli argentati e le lunghe vestine verdine. Se non le avete mai viste chiudete gli occhi, fatevi investire dal soffio del vento e aguzzate la vostra fantasia. Sono certa che una moltitudine di Janasvi verrà a trovare.
E.F.: Cosa ci svelano Fiabe e Leggende sulla nostra natura umana e sulla nostra storia?
Patrizia Boi: Fiabe e Leggende narrano la storia del popolo, le vicende dei vinti e non quelle dei vincitori. Raccontano le verità che esulano dai libri di storia, quelle che sono state tramandate nei secoli e anche nei millenni dai cantastorie. Ci svelano i segreti della nostra natura profonda, i misteri celati nella psiche e la ricchezza delle nostre emozioni. Ci educano a far vivere ogni nostra parte mettendo in luce anche le ombre, quel lato oscuro necessario a far emergere dal profondo le paure rimosse. Rivelano il nostro legame con la Madre Terra, la Grande Dea che i domini patriarcali hanno sepolto sotto strati di storia. Ci congiungono col mondo sotterraneo degli Spiriti Elementali, con la magia dell’Acqua, dell’Aria, della Terra e del Fuoco. Ci mostrano un mondo ancorato alla Natura, dove anche le Piante, gli Animali e le Pietre parlano, potenziando così la nostra arcaica visione di una Ecologia Profonda.
E.F.: In che relazione poni tradizione e innovazione?
Patrizia Boi: Sono anni che lavoro sull’integrazione della mia parte Ingegnere, che studia l’Innovazione, con la mia parte Artistica, legata al mondo magico, poetico, primitivo e arcaico, quindi alle Radici, alla Terra selvaggia, alla Natura e alla Tradizione. Legare scienza e spiritualità, razionalità e intuito, storia e tradizione, il mondo dell’Intelligenza Artificiale con quello dei Miti e delle Leggende è un percorso abbozzato nel libro “Ingegneria Elevato N” e portato a compimento, almeno nell’immaginario, in “Mammoy”. Lug, il protagonista, è infatti un dio celtico capace di dominare tutte le arti e le tecniche. Decide di vestire i panni di uno Scienziato con il preciso scopo di creare un bambino, il Robottino Catorchio, che sappia utilizzare ogni tecnologia, ma che, con la sua infinita curiosità e purezza, sia attratto e aperto all’esplorazione della magia e del mistero. Lo aiutano Cletus, il ragazzo che ha sempre presente il valore del suo bambino interiore, Gianguido, il giovane “Mugugnoso” che, mostrando ombre e pericoli, funge da antagonista nella vicenda, e la splendida Kalika, una Principessa coraggiosa e curiosa, che incarna la potenza della Femminilità originaria, dotata di un intuito prodigioso e un olfatto straordinario capace di discernere e creare qualsiasi profumo. Il viaggio iniziatico, dunque, è lo strumento necessario per appropriarsi di quel che manca alla nostra società dell’Innovazione ed inglobare la Radice che cresce sotterranea nella Terra della Tradizione.
Written by Emma Fenu
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