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Scrittrice di romanzi, racconti, fiabe, favole e storie per l'infanzia. Autrice del romanzo "Donne allo specchio" Mef Firenze, della raccolta di Fiabe "Storie di Magia" Happy Art Edizioni Milano, del volume LegenΔe di Piante - Nostra Protezione ed equilibrio in terra (una raccolta di 12 leggende sulle piante ambientate nei dodici mesi dell’anno) pubblicato a puntate nel 2014 su Wall Street International Magazine.Nel giugno 2017 ha pubblicato per la Collana I Cortili della Casa Editrice dei Merangoli, il Saggio Ingegneria Elevato n - Ingegneria del Futuro o Futuro dell’Ingegneria?, scritto a quattro mani con suo fratello Maurizio Boi, con 150 Immagini Colore/BN del fotografo Sergio Pessolano.

martedì 6 giugno 2017

Trapani - La Processione dei Misteri. Il Rito interpretato da Maria Burgarella

La Processione dei Misteri a Trapani

Simboli e rito collettivo per esorcizzare le forze ingovernabili

La Processione dei Misteri dI Trapani
La Processione dei Misteri dI Trapani
5 GIU 2017 
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Fin dalla notte dei tempi, l'uomo ha creato simboli e riti collettivi per esorcizzare le forze ingovernabili della natura, la precarietà dell'esistenza, le sue paure e incertezze, il senso d'impotenza rispetto al tutto, il vuoto interiore e cosmico, il buio della notte e le ombre dell'inconscio. Il rito nasce dal bisogno di unire la collettività per rafforzarne il legame di solidarietà, collegando il presente con il passato, connettendo l'individuo e il suo ambito sociale. Modernità, globalizzazione e consumismo contemporaneo, hanno contribuito a distruggere ovunque nel mondo riti e simboli. Eppure l'Uomo ha ancora bisogno di essi per attraversare trasformazioni interiori, cambiamenti sociali, metamorfosi epocali che coinvolgono l'intero pianeta. Riti antichi sono spesso trasformati dalle religioni e inglobati secondo nuove regole, rispondendo alle necessità della popolazione, delle comunità religiose e dei gruppi sociali.
Abbiamo intervistato Maria Burgarella, psicologa, in merito a un interessante rituale che ancora si celebra in Sicilia, la Processione dei Misteri di Trapani. Si tratta di una rappresentazione della Passione di Cristo risalente a circa 400 anni fa, culminante nella rievocazione della sua Morte. Si svolge portando in processione per la città i “Misteri”, ossia venti raffigurazioni scultoree di queste scene, realizzate in tela, legno e colla, da Maestri trapanesi del XVII e XVIII secolo. Questi gruppi di statue, addobbati con ornamenti argentei e composizioni floreali, illuminati da enormi ceri, vengono portati a spalla dai ‘massari’, gruppi di uomini delle corporazioni di mestieri. La Processione si protrae per circa ventiquattro ore, i Portatori camminano con un movimento chiamato ‘l'Annacata’ che segue il ritmo dei brani suonati dalle Bande musicali associate a ogni gruppo.
Perché questa Processione prende il nome di "Misteri"?
Il termine Misteri ha due connotazioni, in Siciliano Mestiere si dice “Mistere” e poi il Mistero riferito a Cristo.
Che cosa esprime questo rito per i trapanesi?
Il rito deriva dal latino ritus, fluire, scorrere, muovere, è un insieme di atti e gesti che ha lo scopo di mettere l'uomo in rapporto con qualcosa che supera la sua individualità e che appartiene ad altri stati dell'essere. Nel rito egli entra in contatto col trascendente. Jung dice «tutto ciò che sta nell'inconscio vuole diventare evento e anche la personalità vuole svilupparsi dalle sue condizioni inconsce e viversi come interezza». Nel caso della Processione dei Misteri il rito assume un significato simbolico di espiazione e riparazione con motivazioni molteplici: dalla ricerca di coesione sociale, al coinvolgimento emotivo e catartico, alla purificazione al fine di una rinascita individuale e collettiva, fino alla propiziazione dell'abbondanza nei vari settori dell'economia locale. La dimensione collettiva della celebrazione contribuisce ad aumentare l'intensità emotiva del rito, l'individuo si sente parte di un sé collettivo: durante la Processione i presenti entrano in uno stato di abbandono generale nel quale si attua una sorta di deposizione delle armi: i conflitti si armonizzano perché tutti partecipano con lo stesso scopo, reificare il Cristo e unirsi nell'Amore. Il rito diventa simbolo agito.
Cosa simboleggia la caratteristica ‘Annacata’ dei portatori e dei membri della Banda musicale?
L’Annacata, questo ondeggiare del corpo sia di quelli che fanno parte della Banda sia dei Portatori è elemento cardine nei Misteri ed è rimasto immutato nel tempo. Possono cambiare fattori secondari, ma quelli fondamentali devono rimanere intatti per garantire che il rito sia completo e che assolva alla sua funzione simbolica. L'Annacata richiama il movimento della mamma che culla il bambino, ha funzione riparatoria, consolatoria, rigeneratrice. Evoca le onde del mare che va e viene, in un continuo fluttuare della barca che galleggia instabile. Richiama l'indecisione, l'essere di qua e l'essere di là, la paura della precarietà, il senso di colpa dell'uomo nei confronti di Gesù. Esprime una vibrazione che attua una trasformazione interiore. In termini psicoanalitici si potrebbe associare a un movimento ossessivo compulsivo tipico di malati psicotici e nevrotici. Il rituale serve a contenere le energie istintuali e affettive che turbano tutelando la stabilità psichica. Il ritmo continuo ha un effetto ipnotico sulla mente, trasmette il messaggio a livello subliminale direttamente nell'inconscio dove si attua l'esplosione dell'energia libidica, l’abbandono collettivo alle emozioni. Risponde al bisogno profondo di unione col divino, che emerge dai volti dei Portatori immedesimati in un dolore appartenente in realtà alla comunità. Portando il Mistero a braccio ogni trapanese conduce la sua croce, simulando il percorso di Cristo. Il ritmo e la ripetitività dell'Annacata richiamano inoltre l'atto sessuale, l'orgasmo, il contatto col trascendente: i volti e la danza dei Portatori e dei musicisti introducono l’uomo in un organismo collettivo che ondeggia all’unisono in una sorta di estasi comune.
Quale importanza attribuiscono i trapanesi alla Madonna?
La Madonna, con il suo dolore, il manto nero e il cuore immacolato e trafitto tra le mani, rappresenta la sofferenza di ogni madre: ha partorito il Figlio di Dio, portatore del messaggio di salvezza, immortalità, rinascita e Amore incondizionato. Ha subito la perdita del Figlio a causa della cecità degli uomini, pertanto soffre irrimediabilmente. Il rito assume una funzione riparatoria dalla disperazione della perdita, l'Annacata simboleggia la protezione del ventre materno, in quanto la Madonna protegge dalla paura di nascere ed entrare nel mondo. Il suo simulacro, infatti, è l’ultimo della Processione: quando deve tornare in chiesa entra ed esce, perché entrare significa uscire nel mondo e quindi dalla zona protetta dove non esiste paura.
La Processione è silenziosa di parole e ricca di gesti: che valore assume la musica delle Bande?
Le Bande musicali oggi sono elemento fondante, anticamente erano dei cantori ad accompagnare i gruppi. Successivamente, nell’‘800, alle voci si sostituirono le Bande e si diffuse “a musica ri misteri”, brani come Eterno pianto, Ore d'angoscia, Pace, Povero fiore, Jone. Il suono delle ciaccole, strumento composto da due pezzi di legno che sbattono su un terzo legno fisso, scandisce la musica regolando il procedere e il fermarsi dei gruppi in Processione. S’innalza un vero e proprio discorso in note, struggente, commovente che amplifica l'effetto catartico della Processione stessa, vibrando nei visi dei massari stanchi, piangenti, emozionati e coinvolgendo empaticamente tutti. Nel territorio trapanese c'è un’antica tradizione e produzione musicale: ogni anno nascono e crescono nuovi talenti.
Il rito è lungo e faticoso, perché?
La Processione inizia alle 14,00 del Venerdì Santo e termina alle 14,00 dell'indomani: la durata è importante nel rito affinché l'uomo possa entrare in contatto col numinoso. Il numinosum è energia dinamica, essenza, forza che travalica l'uomo, una potenza invisibile che attua una trasformazione profonda nella coscienza. La sofferenza prolungata emula quella di Gesù: stremarsi di fatica è un modo per essere vicini a Cristo, espiando la colpa collettiva per la sua crocifissione.
Cosa erano i ‘Mortori’?
In origine i cantori recitavano brani in modo ripetitivo e mono-tono: proprio come tono vocale, musicale, frequenza vibratoria in assenza di variazioni, tali canti si chiamavano “mortori”, nel linguaggio trapanese indicano situazioni noiose, monotone, prive di vitalità, di entusiasmo. Come i tamburi suonati ripetitivamente nei rituali sciamanici o i mantra o le preghiere dei rosari, questo ritmo ripetuto induce uno stato ipnotico, caratterizzato dalle onde theta, lo stato dell'immaginazione, del sogno, dell'apprendimento, della trasformazione, della guarigione.
Chi sono questi Portatori dai volti quasi ipnotizzati e con quale criterio vengono selezionati?
I Portatori sono davvero in uno stato ipnotico collettivo ed entrando in risonanza con gli altri potenziano la catarsi personale e collettiva di esperienze di cui liberarsi per purificarsi e rinnovarsi. I Massari hanno il compito di portare a spalla i Misteri, sono remunerati ma svolgono con passione e devozione tale lavoro, vivono e sentono il loro compito pesante e faticoso, alcuni si offrono spontaneamente per chiedere grazie o ringraziare per grazie ricevute, essi fanno parte delle maestranze o sono semplici cittadini devoti. Il lavoro inizia molto prima della Processione perché occorre organizzare la loro squadra per conferire uniformità al peso e al movimento raggiungendo un assetto complessivo volto all'equilibrio. Al rientro dei gruppi i loro occhi esprimono la fatica, l'amore e la passione per la Processione che termina con un abbraccio e un pianto liberatorio mentre le campane rimaste per tutto il tempo «mute e immobili» si sciolgono per proclamare il termine della «Tragedia corale».
Un documentario del 1954 per la regia di Ricci e Romano esordisce con questa frase: «Sull’estrema punta della Sicilia dove il Tirreno comincia a chiamarsi Mediterraneo sorge oggi Trapani… » che « … ha scelto per celebrare il dolore la via del silenzio e dell’immobilità», contrariamente a quanto potrebbe far immaginare la sua posizione protesa verso Tunisi, i mercati chiassosi e variopinti, i tramonti colorati sul mare, il vento caldo e sabbioso del continente africano. Eppure il corteo procede «muto lentissimo e ieratico, senza sussulti ne canti e ne grida… », in un silenzioso percorso interiore. Il trapanese è costretto a guardare oltre, ai violetti e porpora del tramonto, ai lumi delle lampare sul mare piatto, alla forza delle onde che lambiscono la Torre di Ligny, dove la stretta lingua di terra che si dipana « …tra le linee sobrie delle sue case», si assottiglia verso la punta estrema del suo limite. E tutta questa apertura e ricchezza, che fa di Trapani ‘Città del Sale e della Vela’, dei Mulini e delle pale esposte ai venti, infonde ai trapanesi forza e serenità, ma li espone anche a paure profonde che vengono domate dall’arpeggio dei corpi e dalla coesione del gruppo nel rituale. Il Mistero che a mio avviso si addice meglio al popolo trapanese è quello del Gruppo 2 che rappresenta La lavanda dei piedi ed è portato dal Ceto dei Pescatori. Esso simboleggia il primato dell’umiltà: «chi vorrà essere il più grande si faccia servo di tutti» ed è un antico gesto di ospitalità, caratteristica, questa, di Trapani che ci accoglie subito nel suo abbraccio spalancato…
Nel dettaglio:
Il Gruppo 1 rappresenta La separazione ed è portato dal Ceto degli Orefici.
Il Gruppo 2 rappresenta La lavanda dei piedi ed è portato dal Ceto dei Pescatori.
Il Gruppo 3 rappresenta Gesù nell'orto del Getsemani ed è portato dal Ceto dei Ortolani.
Il Gruppo 4 rappresenta L'arresto ed è portato dal Ceto dei Metallurgici.
Il Gruppo 5 rappresenta La caduta al Cedron ed è portato dal Ceto dei Naviganti.
Il Gruppo 6 rappresenta Gesù dinanzi ad Hanna ed è portato dal Ceto dei Fruttivendoli.
Il Gruppo 7 rappresenta La Negazione ed è portato dal Ceto dei Barbieri e Parrucchieri.
Il Gruppo 8 rappresenta Gesù dinanzi ad Erode ed è portato dal Ceto dei Pescivendoli.
Il Gruppo 9 rappresenta La flagellazione ed è portato dal Ceto dei Muratori e Scalpellini.
Il Gruppo 10 rappresenta La coronazione di spine ed è portato dal Ceto dei Fornai.
Il Gruppo 11 rappresenta Ecce Homo ed è portato dal Ceto dei Calzolai e Calzaturieri.
Il Gruppo 12 rappresenta La sentenza ed è portato dal Ceto dei Macellai.
Il Gruppo 13 rappresenta L'ascesa al Calvario a cura dall'intero Popolo.
Il Gruppo 14 rappresenta La spoliazione ed è portato dal Ceto dei Tessili e Abbigliamento.
Il Gruppo 15 rappresenta La sollevazione della croce ed è portato dal Ceto dei Falegnami, Carpentieri e Mobilieri.
Il Gruppo 16 rappresenta La ferita al costato ed è portato dal Ceto dei Pittori e Decoratori.
Il Gruppo 17 rappresenta La deposizione ed è portato dal Ceto dei Sarti e Tappezzieri.
Il Gruppo 18 rappresenta Il trasporto al sepolcro ed è portato dal Ceto dei Salinai.
Il Gruppo 19 rappresenta L'urna: Gesù nel sepolcro ed è portato dal Ceto dei Pastai.
Il Gruppo 20 rappresenta La Madonna Santissima Addolorata ed è portato dal Ceto dei Camerieri, Cuochi, Cocchieri, Autisti, Baristi, Pasticceri, Albergatori, Ristoratori e affini.

mercoledì 24 maggio 2017

Agostino De Romanis: l'Aritmosofia a cura di Roberto Luciani

L'aritmosofia di Agostino De Romanis

Un momento indefinibile e indefinito

Agostino De Romanis - Il gruppo dei trenta se ne va, 2010 olio su cartone – cm. 100 x 140
Agostino De Romanis - Il gruppo dei trenta se ne va, 2010 olio su cartone – cm. 100 x 140
13 MAG 2017 
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Agostino De Romanis è soprattutto conosciuto per le sue “opere indonesiane”, che ha esposto in oltre quaranta anni di attività in tutto il mondo e particolarmente in Indonesia, dove l’artista ha vissuto a lungo e lavorato. La sua ricerca tuttavia non si esaurisce con quella straordinaria stagione, ma nella produzione del 2008-2010 realizza opere raffiguranti o richiamanti simbolicamente Numeri, in un ciclo definito All’origine delle cose. Per il nostro artista infatti, se tutto è ordine sostenuto dai numeri, l’uomo può trovare le sue risposte, e anche conoscere i misteri più nascosti riguardanti lo stesso Dio, dall’aritmosofia. Keplero, in una lettera dell’aprile 1599, scriveva: “Come prove di Dio, vi sono nell’assieme del mondo fisico, leggi, numeri e rapporti, contrassegnati dalla perfezione… ” e più avanti aggiungeva: “Queste leggi sono comprensibili per la mente umana… Poiché che cosa vi è nella mente dell’uomo all’infuori dei numeri e delle quantità?”. L’abate Gioacchino da Fiore (ca 1130-1202), teologo e scrittore, faceva le sue profezie servendosi dei numeri.
Questa recente produzione presenta quindi una scelta di soggetti incentrata sulle figure dei Numeri e sulla figura del suo ideatore, Agostino De Romanis, che si è dedicato con modalità tecniche similari alla rappresentazione della “vita silente dei numeri”, per realizzarne una serie e identificare il linguaggio dei numeri inanimati capaci di suscitare riflessione, turbamento, gioia, malinconia e per architettare in pittura una nuova psicologia dei numeri. Non è quindi la semplice riproduzione del numero che lo interessa, ma quello che vi è dietro, quel mondo parallelo che le anime sensibili riescono a percepire dietro il visibile. I numeri sono, parafrasando Carlo Carrà, “dei minatori che portano alla luce il dolore e la gioia che è in fondo all’anima”.
Seguendo questa linea spirituale, emozionale, De Romanis realizza una serie di opere raffiguranti l’1, il 2, il 5, il 7, il 30, eccetera, numeri dipinti ad olio sulla carta o sul cartone, come trame trasparenti di una realtà parallela, si tratta in sintesi, per citare J. Lotman, di una “crittografia per iniziati espressa in una lingua convenzionale esoterica” (La natura morta in prospettiva semiotica, in “Strumenti critici”, 1996). Ecco quindi La chioma dell’albero veste l’uno; Attraverso i due; 7dueduesette; 5-5-5 e il bianco del fuoco; Volo sul ventitré, L’autunno del ’72, solo per citare alcune delle opere più emblematiche.
Per realizzare questa idea, questo percorso, l’artista ha studiato l’antico, tali rappresentazioni si ritrovano infatti già nell’antichità, non mancando esempi medievali, e altrettanto importanti sono i bordi decorati dai miniaturisti fiamminghi che offrono un panorama vasto di lettere e numeri a partire dalla seconda metà del XV secolo. Tuttavia ciò costituisce un’eccezione nel campo della storia dell’arte. Più tardi, durante il periodo barocco, la rappresentazione dei numeri si evolse verso intenzioni didattiche o considerate un memento mori con richiami alla moralità, alla cabala, all’esoterismo.

Significato esoterico dei numeri e loro simbologia

I numeri racchiudono il codice segreto per interpretare l’universo, la valenza simbolica dei numeri è data dal loro valore qualitativo e dalle interazioni con tutti gli altri elementi strutturanti l’universo. Tutte le componenti dell’universo sono caratterizzate da una sequenza numerica che stabilisce il rapporto con tutto ciò che la circonda, le interazioni composte dai numeri vanno al di là di un mero calcolo quantitativo. In tutte le tradizioni antiche i numeri sono sacri, proprio perché permettono di comprendere l’ordine delle cose e le leggi del cosmo.
Per Agostino De Romanis l’idea del numero si svolge secondo le leggi che regolano il cammino umano, rendendolo di volta in volta diverso, femmineo o maschile, evidente o impercettibile. Nel rincorrersi dei secoli e delle contingenze artistiche, si susseguono le diverse immagini che l’uomo si è costruito per rappresentare la sua idea di numero rispecchiandovi, inconsapevolmente, se stesso. Cambiano i mezzi di espressione ma non le idee. E queste idee collocano nel Maestro di Velletri la figura dei numeri a metà tra quello che è materiale e quello che non lo è, il confine che rende la materia metafora dello spirito, con la luce che diventa l’essenza dell’opera, in un insieme di aria e materia in cui si perde l’anima. Questa sua natura effimera lo pone come la forza in virtù della quale si muove il cosmo, nell’inscindibile unità del divino.
I numeri di De Romanis nascono dalle forme barocche e con queste hanno in comune la ricerca di un contatto vitale con il pubblico, ma dalla concezione barocca si allontanano quando superano la dimensione teatrale per affidare all’incontro con lo spettatore un messaggio diverso, assolutamente personale, in cui si rintraccia un solitario e sorprendente cammino introspettivo. I numeri diventano narrazione di un incontro, contatto fugace del piano visivo (e quasi materiale) e del piano spirituale. A volte, in queste opere, l’immagine del numero si scompone o dialoga con altre figure che si avvicinano o si allontanano, in un movimento silenzioso che lo rivitalizza staccandola quasi dalla carta e alleggerendola in un modo aereo. È il caso di Nascite sul fondo rosso, I frutti del cuore, Il cane bianco, La danza, I fiori della vita nel ramo rosso, Nuove nascite. Ogni opera assume un aspetto autonomo, ma nello stesso tempo riconquista il proprio senso nella sua unione con le altre. La natura delle figure si riafferma nella sua divisione, che la costruisce e disgrega allo stesso tempo. E sempre il tempo si fonde con la visione d’insieme che lo vuole Assoluto, riassunto in un attimo eterno.
Le opere esprimono quindi la ricerca di quello che c’è oltre ciò che si può toccare, aprendo una finestra al di là del tempo che passa, oltre le forme che possiamo prendere, oltre la carta che possiamo disegnare, collegando la caducità dell’uomo con l’incorruttibilità di Dio, in un movimento corale in cui l’immagine diventa domanda a cui solo lo sguardo dello spettatore può rispondere.

Numeri e fine del mondo

Vi fu pure chi si cimentò in calcoli complicatissimi per individuare la data della fine del mondo. Questi calcoli si basarono maggiormente sulla data di nascita di Gesù Cristo e dalla teoria che poiché Dio aveva impiegato sei giorni per creare il mondo, la durata dello stesso sarebbe di seimila anni dopo la creazione. Genebraro, ad esempio, calcolò che Cristo era nato nel 4090 dopo la creazione del mondo e perciò la fine sarebbe avvenuta nel 2052. L’umanista e filosofo Pico della Mirandola (1463-1494) calcolò come nascita del Nazareno il 3958 e la data della deflagrazione del mondo il 2042. Il teologo, scrittore, cardinale Roberto Bellarmino (1542-1621), e il conte Gaetano Bonorius (1861-1923) fissarono la data della fine del mondo al 2030. Infine, ma non ultimo, l’abate Maltre calcolò la fatidica data alla fine del XX secolo o al massimo nel corso del XXI. Inquietante la vicinanza di queste date tra loro. Quelli che viviamo sono anni bui e su questo concordano sia le profezie religiose che laiche.

Le “presenze” e la “quarta dimensione” di Agostino De Romanis

Nelle opere recenti di De Romanis oltre ai numeri troviamo anche figure eteree, “presenze” la cui tonalità è sempre aperta e indefinibile. A livello di speculazione estetica e formale l’artista sperimenta diverse licenze pittoriche, come la cancellazione parziale dei contorni, l’inclinazione dei piani, i cambi di prospettiva; concetti che, rivisti e rivisitati, si ritrovano nella genesi di alcune composizioni di Paul Cézanne (1839-1906) e di Giorgio Morandi (1890-1964). Si tratta di un trascendentalismo fisico, di una “quarta dimensione, la dimensione dell’infinito” come la definì Max Weber nel 1910 (The Fourth Dimension from a plastic point of View, New York), o come afferma Guillaume Apollinaire in una conferenza del 1911 “dal punto di vista plastico, come si offre allo Spirito, la quarta dimensione sarebbe generata dalle tre dimensioni conosciute: essa rappresenta l'immensità dello spazio. È lo spazio stesso, la dimensione dell’infinito e dà plasticità agli oggetti” (Meditazioni estetiche, ed. Milano 1948).
Certamente, dietro l’uso del termine “quarta dimensione” c’è l’influenza della teosofia e delle scienze occulte. Certamente il rapporto tra arte, teosofia, scienza, positivismo, è un fenomeno di vaste dimensioni che ha provocato un cambio di estetica e di nomenclatura artistica notevole e che De Romanis ha saputo cogliere e interpretare con la solita audacia, con quel suo fare carico di speranze, desideri e volontà personali, contemplando, indagando, ammirando il mondo per dominare l’arte. Il suo linguaggio va oltre la logica, perché mediato da forme i cui nessi sono inaccessibili al pensiero cosciente, intuitivamente riconoscibili come arte significativa.
Questo ci serve per comprendere più intimamente una delle figure più straordinarie nel panorama pittorico italiano contemporaneo. Per il nostro Artista Alle origini delle cose è una maniera di conoscersi, di essere, è il filtro attraverso il quale la realtà viene letta, sublimata, interpretata. In queste opere si trova concretizzata la riduzione dello spazio prospettico, la scomparsa delle ombre: è il tentativo di un equilibrio figurativo rivolto alla costruzione volumetrica e architettonica, teso a riassorbire nel colore e nella luce tutte le relazioni spaziali. Gli strumenti di cui dispone sono l’enigma, la spettralità, l’ironia, il sogno, l’angoscia, la magia, dove il numero o l’interpretazione del numero, è tanto autosufficiente da sottrarsi persino alla funzione simbolica.
Il risultato della sua “visione interiore” è tutta in queste opere dedicate ai Numeri, è in una varietà di forme che si omogeneizza in un unico amalgama affrancato dalla sua fisicità, cosicché l’immagine reale viene ricreata sul quadro con una serie di valori, rapporti ed armonie propri: piani resi talvolta con colori brillanti, talvolta smorti, talvolta freddi nell’ombra in cui la “rappresentazione” è decisamente “mimesi” ma, al tempo stesso, pura “espressione” di creatività pittorica di un momento indefinibile e indefinito.