È un italiano nato a Cagliari nel 1970 lo scienziato che ha inventato R1 "your personal humanoid". Si chiama Giorgio Metta e ricopre la carica di Vicedirettore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia(Iit) e iCub Facility director.
La “iCub Facility” si occupa dell’integrazione della ricerca e delle tecnologie di IIT nel campo della robotica umanoide, in particolare, sulla piattaforma iCub. iCub è il cucciolo di Robot nato sempre dalla creatività di Giorgio Metta per sperimentare algoritmi sull'intelligenza artificiale. Si tratta, infatti, dell’umanoide più completo sulla faccia della Terra grazie alle sue mani di metallo, ai muscoli ad azionamento elettrico, alle due telecamere come occhi, ai due microfoni come orecchie, allo speaker al posto della bocca, alla pelle artificiale e alle sue possibilità di comunicare con le espressioni del volto.
È stato progettato per favorire e supportare la ricerca nell’apprendimento automatico, controllo, cognizione e interazione in modo da realizzare un robot con capacità simili a quelle umane.
Partendo dalla ricerca effettuata su iCub, oggi presente in tutto il mondo con 30 prototipi, R1 rappresenta invece il «tentativo di approcciare il mercato di massa in cui il prezzo diventa questione fondamentale». R1 è stato concepito, infatti, per essere un amico fidato, una sorta di maggiordomo per aiutarci nelle faccende domestiche o un segretario per il lavoro d’ufficio. Potrebbe essere utilizzato dietro il banco della reception di un hotel o in ospedale come aiuto agli infermieri e alla caposala nella gestione di cartelle e dati.
Insomma, si tratta di un progetto all’avanguardia, innovativo e futurista, un esempio di applicazione nel campo della robotica della visione allargata che dovrebbe avere un progettista del futuro.
Questa creatura, inoltre, è stata realizzata da una eccellente squadra di 22 giovani scienziati e tecnici italiani con la collaborazione di un gruppo di designer, esperti di intrattenimento e illustratori di Milano e Barcellona.
Significa che gli scienziati italiani sono al passo con i tempi o forse anche più avanti rispetto anche a Stati più potenti.
Nel libro “La singolarità è vicina” (2005), il futurologo di Google Ray Kurzweil (ideatore e creatore nel 2008 della Singularity University insieme a Salim Ismail e a Peter Diamandis) definisce la «Singolarità come un punto del futuro in cui gli avanzamenti tecnologici cominceranno ad avvenire con tale rapidità, che i normali esseri umani non riusciranno a tenerne il passo, e saranno "tagliati fuori dal ciclo"».
Questa “singolarità tecnologica” si verificherà nel corso della prima metà di questo secolo e avrà un impatto disarticolante sugli esseri umani e sulla loro quotidianità tanto che «segnerà la fine della storia umana così come la conosciamo. Al posto degli umani normali, Intelligenze Artificiali Forti e umani migliorati ciberneticamente diventeranno la forma dominante di vita senziente sulla Terra».
E questo fenomeno avverrà come effetto della combinazione di tre importanti tecnologie del Ventunesimo Secolo: la genetica, la nanotecnologia e la robotica (inclusa l'intelligenza artificiale).
E mentre la tecnologia sta producendo questo cambiamento epocale nella storia dell’evoluzione dell’Uomo, Giorgio Metta e la sua equipe di cervelli si sta attrezzando per far fronte a questa trasformazione.
I loro studi hanno condotto, infatti, ad R1, un “tuttofare con rotelle”, concepito con una caratteristica che lo differenzia da altri celebri robot come Pepper – intratenittore degli ospiti nelle navi da crociera: l’abilità nella presa. Nel realizzare R1 il gruppo di ricerca si è concentrato proprio sulla capacità di afferrare oggetti, aprire cassetti o porte, mentre le mani di Pepper possono solo indicare o fare dei gesti ma non compiere azioni.
Le mani di R1 sono state semplificate rispetto a quelle di iCub per consentire una maggiore robustezza e per abbassarne i costi. Sono costituite da due guanti a manopola che si innestano su un polso sferico: possono sollevare oggetti fino a 1,5 Kg e chiudere totalmente la presa attorno a quello che afferrano.
L’obiettivo è che possano afferrare oggetti cilindrici come bottiglie e bicchieri e consentire operazioni domestiche semplici. Sia le mani che gli avambracci sono rivestiti, infatti, di una pelle artificiale dotata di sensori che gli conferiscono il senso del tatto, permettendogli di "sentire" l'interazione con gli oggetti che maneggia. Le braccia, inoltre, si allungano di 13 cm per poter prendere oggetti caduti a terra o che si trovano lontani.
R1 pesa 50 Kg ed ha un’altezza che può variare da un metro e 25 cm fino a un metro e 45, grazie al suo busto estensibile e "snodabile", con il torso che si torce anche lateralmente.
Non ha gambe ma due grandi ruote che gli consentono di spostarsi in modo stabile raggiungendo una velocità massima di 2 Km/h.
Il suo corpo è costituito per il 50% da materiali plastici e per l’altro 50 da fibra di carbonio e metallo. Il design, studiato apposta da un’equipe di psicologi per essere ben accolto dagli umani, è bianco e slanciato ed è costituito da ventotto motori che gli consentono i vari movimenti. Tre computer sono situati nella ''pancia'', per governare le capacità del robot, dal calcolo al movimento della testa, sino al controllo di tutti i sensori.
Il suo volto (uno schermo LED a colori) è realizzato con un display scuro che può assumere espressioni stilizzate, come una smile, dando la sensazione, acuita dalla capacità di provare sensazioni tattili, di avere a che fare con una persona in carne ed ossa. All’interno di questo schermo due telecamere e uno scanner 3D, i sensori per la visione, sono responsabili dell’equilibrio e della generazione e percezione del suono.
Il suo volto (uno schermo LED a colori) è realizzato con un display scuro che può assumere espressioni stilizzate, come una smile, dando la sensazione, acuita dalla capacità di provare sensazioni tattili, di avere a che fare con una persona in carne ed ossa. All’interno di questo schermo due telecamere e uno scanner 3D, i sensori per la visione, sono responsabili dell’equilibrio e della generazione e percezione del suono.
R1 è corredato, inoltre, di una scheda wireless per consentire all’umanoide il collegamento alla rete internet e ottenere informazioni che facilitino il rapporto con le persone e gli aggiornamenti del software.
Questo robot all’inizio dovrà essere programmato inserendo i dati della planimetria del luogo, dell’ubicazione degli oggetti, ma pian piano R1 riuscirà a orientarsi autonomamente, riconoscendo ambienti, volti e voci e riuscendo a svolgere compiti come preparare una tazza di caffè o azionare un telecomando.
R1 "your personal humanoid" si abituerà a stare con noi registrando ogni evento. Diventerà la nostra agenda digitale e la nostra memoria storica. Diventerà anche il nostro data-base di foto e video che ci ricorderà al momento opportuno rendendolo disponibile per la visione o l’utilizzo. Si occuperà di sgravarci di quelle piccole operazioni quotidiane non troppo complesse che ci rubano solo tempo consentendoci di impegnarci nelle nostre occupazioni più interessanti e complesse: ci aiuterà in questo modo ad ottimizzare i tempi trasformando nel contempo il rapporto con la nostra abitazione e il nostro lavoro.
A questo punto manca solo la sua produzione in serie, che sarà possibile nel giro di 16-18 mesi. In realtà, Metta ha una serie di soggetti interessati e si sta occupando della scelta degli investitori.
Con i materiali utilizzati finora si potrebbero produrre un centinaio di prototipi di R1 al costo di un’automobile, cioè di circa 25 mila euro. Man mano che il prodotto diventerà di largo consumo il prezzo scenderà fino a raggiungere il costo di un moderno televisore al plasma che si aggira intorno alle 3 mila euro.
In realtà, le argomentazioni di Giorgio Metta, sono avvalorate dalle teorie di Kurzweil, alla base delle quali c'è, appunto, la legge dei ritorni acceleranti.
Tale Legge postula che il progresso tecnologico avvenga esponenzialmente invece che linearmente e ha come conseguenza che «tecnologie altamente avanzate arriveranno ben prima di quanto le persone che ragionano linearmente assumano».
E non appena un qualsivoglia settore, tecnologia, industria viene informatizzato e alimentato da flussi di informazione, il rapporto prestazione/prezzo comincia a raddoppiare con cadenza annua: quindi si polverizzano i tempi di crescita mediante le tecnologie, riducendo i costi in modo esponenziale.
La Singolarità avrà inizio, allora, quando verranno alla luce le Intelligenze Artificiali auto-miglioranti (programmi per computer senzienti, altamente intelligenti e capaci di ridisegnare rapidamente sé stessi e la propria progenie per migliorare le proprie prestazioni).
Nel suo Fantastic Voyage del 2005, scritto con Terry Grossman, Kurzweil si concentra, inoltre, sul tema dell’immortalità. Il sottotitolo ne è già indice: Live Long Enough to Live Forever (vivere abbastanza a lungo per vivere per sempre).
Insomma, secondo Kurzweil, dal 2020 in poi, si potranno curare tutte le malattie e quindi l’uomo sarà capace di vivere per sempre.
Sulla teoria di Kurzweil non mancano le critiche della comunità scientifica sul fatto se una macchina possa "pensare" e sul suo “totalitarismo cibernetico".
E ci sono altre teorie che puntano, invece, sulle infinite possibilità dell’uomo e sulle sue capacità di pilotare la realtà, come le tecnologie bioinformative dello scienziato e mistico russo Grigori Grabovoi, riconosciuto in molti ambiti scientifici sovietici e americani. Il suo lavoro è stato quello di codificare in una sequenza numerica l’informazione della salute perfetta dei diversi organi, tessuti e dei principali valori di laboratorio, come anche delle diverse attività psichiche dell’uomo, così che con una semplice concentrazione su tali frequenze numeriche sia possibile ad ognuno ricostituire la norma. Infatti nella visione di Grabovoi (ripresa da altri studiosi russi, come ad esempio Arkady Petrov) la norma è l’informazione di base, perfetta, divina ed ogni malattia o degenerazione è una deviazione da questo stato di armonia di base.
A prescindere da tutte queste interessanti riflessioni, gli studi di Metta, invece, si basano su necessità concrete e non totalizzanti, semmai adiuvanti per l’uomo: egli afferma che in un futuro non troppo lontano mancherà la forza lavoro per realizzare tutti gli oggetti e le attività di cui abbiamo bisogno nella quotidianità.
Questo accadrà a causa dell’invecchiamento della popolazione in Italia, Giappone, Stati Uniti, India, Cina, etc.: a breve, infatti, il 20% della popolazione avrà superato il sessantacinquesimo anno di età. Questo significa che bisognerà tener presente che nelle nostre società ci saranno 70 milioni di anziani e che questo numero è destinato a crescere ancor di più.
Una ipotetica forza lavoro di assistenti robotizzati, sarà, dunque, indispensabile.
L’industria del futuro prevede di certo la robotica per tutti, come emerge dal fatto che molte importanti aziende come Google, Toyota, Facebook, si stanno attrezzando.
Se pensate che l’automobile ci ha messo 90 anni ad arrivare sul mercato per tutti, mentre il cellulare ci ha messo solo 15 anni, vi renderete conto di come la legge di Kurzweil descriva perfettamente il percorso esponenziale della tecnologia.
Forse la robotica arriverà tra 25 anni: ecco perché non ci sembra folle l’idea sottesa dalla creazione di R1.Metta evidenzia, infatti, come abbia pensato a questa democratizzazione con una progettazione mirata «Il robot è munito di sensori e software per il riconoscimento vocale, dei volti e degli oggetti in generale. Questo vuole dire che potremo comunicare parlandogli o istruendolo con gesti. Allo stesso tempo lui potrà risponderci emettendo parole oppure inviando messaggi dallo schermo che gli compone il viso… E c’è di più. Il suo corpo sarà ricoperto di una pelle artificiale, quindi potremo comunicare anche attraverso il senso del tatto, toccandolo, sfiorandolo, picchiettando sulla sua spalla, proprio come si fa tra esseri umani. Inoltre delle semplici app sul cellulare ci permetteranno di chiedere a R1 di fare qualcosa per noi anche mentre non siamo in casa».
Quindi i tempi sembrano davvero maturi perché l’assistente robot arrivi in ogni abitazione.
Lo scienziato ne è convinto e ce ne convince: «Vedete, tutte le nuove tecnologie, dai computer ai telefoni cellulari, hanno avuto un primo periodo di ridotta diffusione, per poi diventare oggetti da cui è difficile separarci. Mi aspetto che per i robot si verifichi la stessa cosa. Basta pensare che R1 avrà le stesse capacità degli smartphone nel rispondere alle nostre esigenze di connessione con il resto del mondo. Solo che a queste aggiungerà la possibilità di agire direttamente, perché avrà corpo e mani per muoversi e manipolare».
Tutto questo, infatti, è perfettamente in linea con le teorie di Kurzweil, del resto Giorgio Metta è sempre stato umo dal pensiero esponenziale, aperto ed evoluto.
Lo conosco da quando è nato: era, infatti, uno di quei bambini considerati geniali che giocava sempre con i computer e i robot. E veramente è riuscito ad occuparsi con passione di queste creature tanto che mi sentirei di dire che non ha un solo figlio in carne ed ossa, Luca di undici anni, ma che iCub ed R1, sono presenti nella sua quotidianità proprio come figli. Mi ricordo anche che era così appassionato dei libri di Fantascienza di Asimov che deve averne assorbito la creatività, la genialità e il pensiero trasversale. Si è così ostinato nella ricerca – da buon isolano - fino a realizzare quello che a quei tempi era solo Fantascienza.
Con queste Leggi apprese da piccolo, Giorgio, non si preoccupa dello strapotere dell’uomo cibernetico, invece, è romanticamente più vicino al personaggio del robot positronico (modello NDR-114, da cui il nome "Andrew"), acquistato dalla famiglia Martin nell'aprile del 2005 come robot di servizio nel film L’uomo bicentenario di Chris Columbus, tratto dall’omonimo romanzo di Isaac Asimov.
Giorgio non ama limitarsi, si confronta continuamente con il resto del mondo ed è lui stesso un uomo dal pensiero esponenziale, ormai lontano dal parametro lineare che si è lasciato indietro già da giovane.
Del resto è anche consapevole del fatto che «In ogni secolo gli esseri umani hanno pensato di aver capito definitivamente l'Universo e, in ogni secolo, si è capito che avevano sbagliato. Da ciò segue che l'unica cosa certa che possiamo dire oggi sulle nostre attuali conoscenze è che sono sbagliate».
Sono molti infatti gli uomini anche di cultura e di scienza che si limitano a riferirsi ancora al campo della Fisica classica, mentre Giorgio ha fatto il suo salto quantico ormai da anni, all’incirca da quando se ne parla, per cui le sue riflessioni sono basate ormai sulla fisica delle infinite possibilità e sul fatto che anche il singolo osservatore possa influenzare i fenomeni.
Del resto è anche consapevole del fatto che «In ogni secolo gli esseri umani hanno pensato di aver capito definitivamente l'Universo e, in ogni secolo, si è capito che avevano sbagliato. Da ciò segue che l'unica cosa certa che possiamo dire oggi sulle nostre attuali conoscenze è che sono sbagliate».
Sono molti infatti gli uomini anche di cultura e di scienza che si limitano a riferirsi ancora al campo della Fisica classica, mentre Giorgio ha fatto il suo salto quantico ormai da anni, all’incirca da quando se ne parla, per cui le sue riflessioni sono basate ormai sulla fisica delle infinite possibilità e sul fatto che anche il singolo osservatore possa influenzare i fenomeni.
E infatti anche in questo senso il suo pensiero è in linea con questa massima di Asimov «Anche da giovane non riuscivo a condividere l'opinione che, se la conoscenza è pericolosa, la soluzione ideale risiede nell'ignoranza. Mi è sempre parso, invece, che la risposta autentica a questo problema stia nella saggezza».
In conclusione alla base di una mente così futurista c’è una vita di studio, di impegno, una visione cosmopolita del mondo, un collegamento continuo con le altre menti del pianeta, l’abitudine a collaborare con equipe di persone e a condividere le scoperte con gli altri scienziati che stanno studiando le stesse problematiche.
Da tutto questo è nato questo robot:
«Ciao, mi chiamo R1 e sono un robot di servizio a tua disposizione».
R1 Your Personal Humanoid sa prendere decisioni e risolvere problemi perché è intelligente. Viene, infatti, equipaggiato con un sistema di Intelligenza Artificiale e “cognitive computing” d’avanguardia: «A differenza della maggior parte dei team che conducono studi sull’Intelligenza Artificiale noi sviluppiamo le capacità del robot lavorando direttamente sul prototipo. È questa la cosiddetta “cognizione incorporata” (“embedded cognition”), cioè l’idea, supportata dalle evidenze neuroscientifiche, che la cognizione, anche la più astratta e simbolica, non sia indipendente dal corpo che la implementa».
In conclusione alla base di una mente così futurista c’è una vita di studio, di impegno, una visione cosmopolita del mondo, un collegamento continuo con le altre menti del pianeta, l’abitudine a collaborare con equipe di persone e a condividere le scoperte con gli altri scienziati che stanno studiando le stesse problematiche.
Da tutto questo è nato questo robot:
«Ciao, mi chiamo R1 e sono un robot di servizio a tua disposizione».
R1 Your Personal Humanoid sa prendere decisioni e risolvere problemi perché è intelligente. Viene, infatti, equipaggiato con un sistema di Intelligenza Artificiale e “cognitive computing” d’avanguardia: «A differenza della maggior parte dei team che conducono studi sull’Intelligenza Artificiale noi sviluppiamo le capacità del robot lavorando direttamente sul prototipo. È questa la cosiddetta “cognizione incorporata” (“embedded cognition”), cioè l’idea, supportata dalle evidenze neuroscientifiche, che la cognizione, anche la più astratta e simbolica, non sia indipendente dal corpo che la implementa».
Metta non ha trascurato nemmeno la necessità di una costante manutenzione meccanica, eseguita da «un concessionario del robot che faccia un servizio di post-vendita». Una delle principali sfide per gli scienziati è l’elaborazione di nuovi materiali: «R1 pesa 50 chili, è di plastica e di fibra di carbonio e metallo. Stiamo lavorando a materiali intelligenti, come quelli basati su grafene, polimeri biodegradabili, sensori sofisticati, batterie più efficienti».
Questo maggiordomo a rotelle dovrà lavorare 16 ore al giorno e, quindi, «bisogna puntare a un’affidabilità e a una robustezza paragonabili a quelle di un aeroplano. Tutto a prova di usura».
Ci auguriamo che questi coraggiosi italiani riescano veramente a produrre R1 su larga scala prima possibile per scongiurare che la concorrenza giapponese possa giungere in anticipo.
«Stiamo trattando con diversi investitori internazionali e qualche italiano, anche se le cifre sono tali che anche il più importante fondo di venture capital italiano non potrebbe supportarci da solo. L’ordine dell’investimento, nel medio periodo, è di almeno un centinaio di milioni».
Un’idea come questa potrebbe avvalersi anche del crowdfunding per coprire almeno in parte i costi di produzione.
Benvenuti quindi in questa nuova Era dove ogni sfida rende meraviglioso confrontarsi con le risorse intellettuali del pianeta, un’epoca esponenziale che per Peter H. Diamandis è la più straordinaria da vivere.
«Stiamo trattando con diversi investitori internazionali e qualche italiano, anche se le cifre sono tali che anche il più importante fondo di venture capital italiano non potrebbe supportarci da solo. L’ordine dell’investimento, nel medio periodo, è di almeno un centinaio di milioni».
Un’idea come questa potrebbe avvalersi anche del crowdfunding per coprire almeno in parte i costi di produzione.
Benvenuti quindi in questa nuova Era dove ogni sfida rende meraviglioso confrontarsi con le risorse intellettuali del pianeta, un’epoca esponenziale che per Peter H. Diamandis è la più straordinaria da vivere.
Comments
http://wsimag.com/it/scienza-e-tecnologia/4570-icub-un-bambino-sott...
Il 5 dicembre uscirà sempre su WSI un nuovo articolo sempre su R1