Igino Creati era nato ad Arsita, un paesino ai piedi del Gran Sasso in Provincia di Teramo, ed ha vissuto a Pescara insegnando lettere classiche e collaborando come giornalista nelle televisioni private e con giornali e riviste acui ha fornito il suo contributo critico in campo letterario. La sua passione era l'organizzazione di manifestazioni culturali, infatti, oltre al Premio Penne, che ha anche esportato a Mosca nel 1995, ha ideato il Premio Arsita e ha fondato l'A.S.P.A. (Associazione dei Poeti Abruzzesi). Ha vinto vari premi di poesia e critica letteraria tra i quali il "Citta' di Pisa", il "Ceppo - Nuove Proposte", il "Chiaravalle" e il "Sant'Egidio".
Tra le sue opere ricordiamo: Gocce d'alba (1971), Dissidio (1973), La collina di luce (1975), L'onesta solitudine (1981), Via Donatello 23 (1986), Quarto piano (1995), Un tunnel lungo il cuore (2005), I cieli di San Pietroburgo - dal 1986 tutti editi con le Edizioni Tracce.
Tra le sue opere ricordiamo: Gocce d'alba (1971), Dissidio (1973), La collina di luce (1975), L'onesta solitudine (1981), Via Donatello 23 (1986), Quarto piano (1995), Un tunnel lungo il cuore (2005), I cieli di San Pietroburgo - dal 1986 tutti editi con le Edizioni Tracce.
Per me fondamentalmente Igino era un amico, mi ha fatto conoscere il mondo culturale russo dove aveva importanti contatti con il governo e con il suo Ministro della cultura e soprattutto sua moglie Tamara. Spesso lo andavo a trovare a Pescara, lui mi veniva a prendere e dopo mi accoglieva anche grazie all'ospitalità di sua moglie Tamara.
Preferisco ricordarlo con queste immagini legate alle sue passioni letterarie e soprattutto con alcune poesie dedicate a Tamara e alle sue due figlie, Ilaria e Natalia
Da “I cieli di San
Pietroburgo” di Igino Creati
Anche senza darti un bacio
Se oggi passasse al mio fianco
un po’ di questa tua dolcezza
sarei all’improvviso più vicino – o più a fondo –
nel sorriso della vita.
lo sa la mia età
che mentre muti
intanto ti conosco a poco a poco
anche senza darti un bacio.
Non mi resta, cara,
che amare l’attesa
che ci scalda
cercare – se esiste – un’entrata
-magari d’emergenza –
nel tuo cuore.
La tua grazia
Appena uscito dal tumulto delle strade
voglio offrire una rosa a tua figlia.
So che tu sarai sola anche stasera
e lei ti attende altrove
magari si chiede al mattino
dove e se finisce
il viaggio di sua madre
e resta un po’ inquieta o ferma
dentro l’innocenza.
Io aspetto che negli occhi
si compia e si riposi
ogni sentimento
che un gesto o una parola s’avvicini.
Non importa – sai – se a ottobre o a novembre
arriverà un tuffo al sangue
la dolce sorpresa dell’esistere
con un po’ di noi.
Davanti a una tazza di caffè
mi domando ora
se per caso tu riascolterai la mia voce
e se io ripeterò almeno una volta
il profilo del tuo viso
se crescerà in te l’abitudine al silenzio
o accanto a me
camminerà senza sosta
la tua grazia.
I cieli di San Pietroburgo
Tu dalla tua lontananza
io dalla mia
difendiamo ognuno la propria verità.
Quando un nuovo giorno
è appena cominciato
chiamo per ogni stanza il tuo nome
e accendo a sera tutte le luci
sperando di vederti.
Ricordo ora la tua mano al ritorno
la stessa dell’andata
con diversa velocità
d’amore o di stanchezza – mi chiedo? –
Attendo un nuovo cenno
il profumo di te
che sai di terre russe.
Sento acuto il dolore
e osservo di profilo
te che guardi lo smalto sulle unghie
o allo specchio
il labbro tingi di rossetto.
Intanto rigenero il futuro
e mi chiedo – ti chiedo –
se avrai presto un altro sorriso
o solo tristezze
magari un’ombra
un salto che ti avvicini.
Ricorda, Tamara,
viverti è il solo grande gioco che mi piace
e non voglio perderti.
Pensami ancora
sotto i cieli di San Pietroburgo
di noi due solo tu sei
un punto certo di memoria
tra le strade affollate di turisti
tra i baci e gli abbracci dei ragazzi
pure dentro improvvisi silenzi.
Anche questo accade a fine giugno
nel percorso di una lacrima
che riassume l’esistenza.
E tu hai la mano tesa verso un fiore.
Sei giunta da lontano
Sei giunta da lontano, Ilaria, A mia figlia Ilaria nel giorno del
suo battesimo
da un’isola di quiete
a noi da sempre sconosciuta.
Dacci a poco a poco
l’antico sorriso senza inganni
il brulichio del cuore
la via che ci manca.
Oltrepassato il flusso dei ricordi
dietro ai sogni
dentro ogni verità
spiri aria nuova
e luce a fare cielo.
E oggi che più largo abbraccio
e lungo
riscalda la tua fragilità
mentre accarezzi con la mano
l’ultima foglia
che si stacca da dicembre
insegnaci senza abbagli
in ogni approdo
e prima e dopo
il senso giusto delle cose
la loro serena lucentezza.
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