Sergio Pessolano
Il dramma esistenziale del fotografo
La nostra società è bombardata da immagini, fotografie che giungono ad affollare la nostra Coscienza di necessità e bisogni. A volte sono messaggi subliminali che mirano a programmare le nostre menti e a mettere fuori uso i nostri cervelli ingombri. A volte sono immagini evasive che richiamano un altrove impossibile da raggiungere.
Le immagini corrono sui media, sui network inflazionati del web, rincorrono paradisi e ci proiettano negli spazi interstellari. Immagini sacre, immagini profane, mere costruzioni intellettuali del computer, volti, folle, mezzi di spostamento, oggetti, una moltitudine di informazioni che affollano la psiche. Noi tutti riceviamo l’informazione sotto forma di immagini, di simboli. E come facciamo a capire dove è la verità?
È molto importante capire quale sia l’informazione vera, perché la Coscienza collettiva può influenzarci in qualsiasi modo. Forse sul piano sottile quando ci viene incontro una Forma Pensiero dovremmo semplicemente dirle “IO SONO UOMO”. E poi chiederle: “E TU CHI SEI?”. In modo che se essa è una forma illusoria si dissolva da sola. Quale altro modo ci consente di discernere in questo inferno di sollecitazioni?
La società tecnocratica ci spinge all’utilizzo dell’Emisfero Sinistro del cervello, responsabile del Pensiero Logico. Nel contempo ci programma con le immagini che giungono direttamente all’Emisfero Destro non più allenato ad essere responsabile del Pensiero Laterale e Creativo. Si è perduta la capacità di modificare gli schemi logico-interpretativi della realtà e di discernere i messaggi creativi da quelli illusori. Tra realtà e illusione si producono infinite forme, forme geometriche, forme di pensiero, forme di sentimento che nuotano nella nostra Coscienza.
L’uomo moderno è totalmente spaesato da tutto questo, non è più in grado di gestirlo. Se non riesce a tollerare, con la sola consapevolezza, lo scopo di questa infinita corsa alle illusioni, può capitare che reagisca cercando di non guardare o addirittura di non vedere.
È il caso di Sergio Pessolano che ha cominciato a manifestare una grave malattia agli occhi: il glaucoma. Gli ha provocato lesioni irreversibili (ma non così gravi da impedirgli di condurre ancora una vita normale) che hanno danneggiato e reso inutilizzabili alcune zone paracentrali del campo visivo. Com’è creativa la malattia! Il problema è che Sergio non vuole avere una visione periferica, ma desidera guardare solo al nocciolo dell’esistenza, aspira a rimanere centrato nella sua interiorità e nella interiorità dell’Uomo in generale. Lui vuole essere cieco della distruzione dell’Uomo, della distorsione delle Coscienze che ha creato una insoddisfazione incolmabile nella Coscienza Collettiva dell’Umanità.
Ricordate che il poeta Omero era cieco? La cecità della vista attiva la visione interiore. Pessolano vuole guardare il Mondo con il Terzo Occhio, continuare a vedere dell’Uomo la sua parte Antica. I suoi volti, i suoi ritratti, i suoi uomini, le donne, i bambini, recuperano quell’Umanità Antica incentrata sull’Anima dell’Uomo e del Mondo stesso. Sergio non sopporta la corsa sfrenata al consumo, alle passerelle di bellezza, ai balletti dell’ego che hanno ucciso il tempo e riempito tutto lo spazio e riscopre l’innocenza delle Immagini Senza Tempo. Non è neppure soddisfatto di cogliere soltanto questo lato perduto, intende comprendere l’effetto della distorsione di cui è affetta l’Umanità. E cosa ha fatto quindi? Ha trasformato le sue immagini in quadri d’epoca, in dipinti dimenticati delle gallerie dell’esistenza e le ha ritoccate riproducendone l’effetto della distorsione. E la visione del mondo distorta presente nella Coscienza collettiva dell’Umanità, aleggia nei volti vivi di questi personaggi oltre il tempo, ormai nella Quarta dimensione.
Sentiamo dalla voce del fotografo cosa ribolle nella sua Anima tormentata: «Già in gioventù provavo uno strisciante senso di alienazione per quello che vedevo in giro. Ora però le contraddizioni della nostra società mi sono diventate davvero insopportabili. Ci dicono che dobbiamo fare la raccolta differenziata “per il futuro dei nostri figli”, mentre hanno già rovinato almeno due generazioni con una sorta di “dittatura tecnologica” che ha reso letteralmente schiavi ragazzini e adolescenti (e anche adulti) di un parallelepipedo di plastica, una sorta di totem da adorare che mi fa venire in mente il famoso parallelepipedo alieno circondato da scimpanzè di 2001 Odissea Nello Spazio. Tra poco per azionare lo sciacquone del water sarà necessaria una “app” dedicata e se qualcuno non si risveglia, corriamo il rischio di essere sostituiti da una società di zombie da manipolare, orientare e annullare... Queste convinzioni, insieme al problema visivo che scoraggia ulteriori viaggi, mi ha condotto a trasformare molti dei miei ritratti di viaggio in quadri, estraendo i soggetti dal contesto originale e proiettandoli in un’altra dimensione, ispirandomi a volte alle opere del Caravaggio. Talvolta uso dei programmi di “digital painting” per ottenere effetti di pittura a olio, acquerello, schizzo, ma anche più estremi, come il neon. Il risultato, soprattutto se confrontato con l’originale, spesso ha stupito anche me. I personaggi acquistano una enorme dignità, oppure sono alterati come immagino possa vederli alterati un osservatore troppo legato ai canoni del conformismo attuale».
Beh sì, sì beh, usiamo la tecnologia… ma trattiamola con cura… essa è assai fragile… Vogliamo forse superare la grandezza di Dio? Ecce Homo…
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