È nato a Cagliari
Giorgio Metta, l’ideatore dell’umanoide iCub, un robot che impara dall’esperienza come farebbe un bambino di circa tre anni e mezzo. Esistono una trentina di esemplari in tutto il mondo di questo simpatico robot che può essere triste o felice e gattona e cammina come un bimbo.
Giorgio Metta Lui (43 anni, sposato con una italo spagnola, ha un figlio di otto anni) segue il progetto per l’
Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, dove gestisce un team di 50 esperti che curano il perfezionamento delle funzionalità del robot di metallo. Lo studio coinvolge 20 centri di ricerca, con qualche centinaio di addetti ed è un progetto
open source per facilitare lo scambio scientifico e favorire la ricerca impegnando intelligenze a confronto. L’idea è nata negli Stati Uniti come lo stesso Metta spiega: “Quando lavoravo a Boston nel campo della robotica umanoide avevo già in mente come costruire un robot pezzo per pezzo. Tornato in Italia, ho lavorato al progetto per un anno intero (insieme ad altri collaboratori, un italiano,
Giulio Sandini, e un irlandese,
David Vernon) e alla fine – nel settembre del 2004 – è giunto il finanziamento della comunità europea, gli 8,5 milioni di euro necessari per realizzarlo. La costruzione di iCub è durata 3 anni e mezzo ed è nato così il cucciolo di uomo. Il termine iCub è mutuato dal
Libro della Giungla, ma anche dai racconti di fantascienza di Asimov
I, Robot. Noi appassionati di robotica siamo passati tutti per i cartoni animati giapponesi sui robot giganti degli anni ’80 e per la Fantascienza”.
Quando l’era degli
Home Computer era appena iniziata i ragazzini potevano programmare a casa, era una passione che attivava la loro fantasia creativa da applicare al mondo delle macchine e Metta era uno di quei piccoli geni. Lui stesso ci spiega in cosa consiste la piattaforma iCub che ha creato: “Le tecnologie per la parte meccatronica del robot sono standard, si tratta di motori elettrici, microcontrollori, poi abbiamo creato i software per l’apprendimento automatico con le nostre soluzioni originali. Queste consentono ad iCub, attraverso dei sensori tattili sulla maggior parte del corpo, di telecamere agli occhi, di sensori uditivi e di 53 gradi di libertà, di muovere mani, testa e occhi riproducendo tutti i movimenti tipici umani e di elaborare le informazioni sugli oggetti e sull’ambiente esterno. La novità è che sperimentiamo una piattaforma completa e non un aspetto particolare. Utilizziamo leghe di alluminio, plastiche varie e materiali speciali. Perfezionamenti interessanti saranno possibili tra una quindicina d’anni quando le sperimentazioni sulla nano e micro tecnologia consentiranno attraverso gli
smart materials di rendere più flessibili parti del corpo come lo scheletro, i muscoli, le articolazioni, eccetera”.
L’obiettivo di questo progetto era la ricerca ma ora si pensa di rendere commercializzabile l’idea anche per usi domestici. Si è pensato a una serie di applicazioni come assistenza domestica (il
personal assistant), aiuto in fabbrica (il cosiddetto
co-worker) e infine l’intervento in caso di disastro (terremoto).
Giorgio Metta è spesso impegnato in viaggi e seminari dovunque, è stato pure ricevuto dal presidente della Repubblica in occasione della cerimonia dell’apertura dell’anno scolastico, ma ogni spostamento è costoso, si pensi che far viaggiare iCub con tutte le attrezzature necessarie costa 9000 euro a viaggio, senza contare i cinque esperti che lo devono accompagnare per prendersi cura di lui, mentre la costruzione di ogni esemplare costa oggi 250.000 euro.
Giorgio Metta ha lasciato la cattedra di ricercatore universitario e accettato un incarico a progetto da parte dell’Iit di Genova perché, come lui stesso afferma: “L’Iit offriva la possibilità di qualcosa di nuovo. Come in Europa e nel resto del mondo si tiene conto del merito piuttosto che dei diritti acquisiti e dell’anzianità e se i progetti non rendono o non raggiungono gli obiettivi - come avviene anche qui all’Iit - semplicemente chiudono”.
Naturalmente la speranza del nostro ingegnere è quella che il progetto continui all’infinito. Questo consentirà di esplorare le illimitate possibilità di sviluppo fisiche del robot e le inesplorate potenzialità dell’intelligenza artificiale che ancora viaggia in un campo misterioso e ignoto. La sfida non spaventa la mente aperta e curiosa dello studioso: “Io non temo di cambiare luogo di lavoro, argomento di studio, città o continente. Sono disponibile al viaggio di condivisione con gli esperti come al trasferimento in altre realtà lavorative purché rimanga viva la possibilità di far avanzare le nostre conoscenze in ogni campo alla nostra portata”.
Sarebbe stato bello se questo progetto fosse nato in Sardegna, sarebbe stata l’occasione per suscitare l’interesse dell’imprenditoria locale, determinarne la crescita e innestare importanti collaborazioni con le altre realtà oggi coinvolte in questa piacevole sfida. Tutto è possibile, del resto, il progetto è ancora aperto. .
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