Quando ho letto il
libro “Il posto del cuore” di Francesca Meucci, ho pensato subito
alle mie vacanze in Sardegna quando ero piccola, a casa dei nonni materni.
Non tutti possiedono l’esperienza
della campagna e della vita contadina, di quella esistenza semplice e piena,
fatta del sorgere del sole e dei tramonti serali, del tempo scandito dal giorno
e dalla notte, dalla luce e dall’oscurità, un tempo immenso che si riempiva di
mille azioni ed emozioni, un tempo pulito fatto di vicende giornaliere legate
alle erbe e agli animali da cortile, alle scorribande in campagna e alle
galoppate a cavallo. E tutto questo poteva avvenire solo in un luogo, lontano
dal chiasso mondano, avvolto nei profumi della natura, dei fiori e dei frutti
della terra, dell’odore di pane caldo appena sfornato, di zuppe fumanti, del
sapore degli intingoli che solo i nostri sensi infantili sapevano percepire, dei
colori sfolgoranti degli orti, degli effluvi degli escrementi usati come
concimi.
Un posto del cuore per
l’appunto, situato nel nulla, lontano da villaggi e città, dove c’è una casa
enorme zeppa di cose interessanti, di bauli e di oggetti antichi, di curiosità
e di misteri, di vite trascorse nella semplicità e nella serenità, respirando l’aria
sottile, ripetendo gesti consueti, ascoltando il canto del gallo la mattina e
lo starnazzare delle oche, attraversando notti stellate e pervase dall’abbaiare
lontano e vicino dei cani e dei lupi, un mondo infinito da poter raccontare ai
propri figli o ai posteri.
Questo è il cosmo
descritto da Francesca Meucci nella sua opera, un universo di colori
variopinto di ricordi, insegnamento del Tempo Ritrovato di Proust,
un posto forse senza tempo che riempie uno spazio infinito nella memoria, che
giganteggia nelle nostre emozioni e rende minuscolo l’oggi fatto di corse inutili
per raggiungere obiettivi assurdi, di relazioni virtuali e fredde, di viaggi
nella fretta e nella dimenticanza.
E in questo posto del
cuore non si è perduto il valore dell’accoglienza così cara all’Autrice, di una
dimora aperta, fatta di pareti trasparenti, colma di amici e di ricordi, di
cibi condivisi, di pranzi cucinati insieme, della festa gioiosa con i propri
cari, del profumo della carne arrostita e dei sughi fragranti della nonna offerta a chiunque, dei
giochi con i cugini, delle lotte e dei litigi con i ragazzi del paese, della
campana del campanile che suona per richiamare i paesani alla funzione
religiosa, dove un prete a volte pazzo, a volte un po' spretato, oppure
originale riesce a far sorridere anche il cuore di una ragazzina assai poco
incline alla bigotteria delle chiese.
Per chi abita la
metropoli dove ognuno paga il prezzo che consuma, la solidarietà e la
condivisione rappresentano un altro modo di esistere, perchè anche il poco si
consuma insieme, ad ognuno una piccola parte che è abbastanza, senza arroganza,
senza prevaricazione, senza guerre impensabili per il controllo di terre,
paesi, città, stati, continenti, universi e denari che quando si passerà all’altra
dimensione potranno essere solo un peso che non riesce a farci sollevare dall’abisso
della nostra negligenza all’altezza dei cieli infiniti, dell’Empireo e dell’Iperuranio.
Patrizia Boi
https://www.amazon.it/mio-posto-del-cuore/dp/B0CVJ6MJ7F
Nessun commento:
Posta un commento